Mario Pappagallo, Corriere della Sera 22/11/2010, 22 novembre 2010
I DUE MILIONI DI ITALIANI CHE «SENTONO LE VOCI»
«Io penso che si tratti di allucinazioni acustiche, io le ho avute un paio di volte dopo essermi svegliata improvvisamente per via di incubi e aver poi richiuso gli occhi per cercare di addormentarmi. Nel mio caso il cervello non era del tutto sveglio, per cui io sebbene in uno stato mentale di veglia, sentivo questi rumori ad occhi chiusi e mi spaventavo moltissimo, sapendo di essere sola. Questi rumori sparivano subito se riaprivo gli occhi, ma riapparivano immediatamente al richiuderli. Uno stato di dormi-veglia dunque. Penso che se succeda ogni tanto sia una cosa normale, se invece succede ogni giorno potrebbe esserci una disfunzione organica...». La testimonianza di una giovane donna, Giovanna, 35 anni, su un blog. Ne parla in Rete alla ricerca di altri che «sentono le voci». Per non sentirsi sola. Per non pensare di essere matta. E sola non è. Di allucinazioni uditive soffrono oltre due milioni di italiani. Voci o rumori che non provengono dall’esterno e non ne parla per non passare per pazzo. Come è sempre accaduto dalla notte dei tempi, se non si veniva considerati Cassandre o soggetti paranormali in linea diretta con le divinità. Ma artisti del calibro di Vincent Van Gogh o Ligabue tra i disturbati di mente sono finiti. «In Lombardia si stima siano circa 270 mila coloro che soffrono di allucinazioni uditive, sonore», dice Giuseppe Tissi, responsabile del Centro psico-sociale dell’ospedale Sacco. Che si appella a tutti coloro che temono di essere considerati «matti», a uscire allo scoperto: «Gli studi di Marius Romme, università di Maastricht, su 15 mila persone — spiega Tissi — hanno evidenziato che una percentuale compresa tra il 2 e il 4 per cento della popolazione è coinvolta. E in due terzi di questi non esiste alcuna patologia psichiatrica». Chi ha provato l’esperienza dell’allucinazione uditiva a volte dunque lo nasconde anche alle persone più vicine. «Ma è sbagliato — mette in guardia Tissi —. In questi casi, la paura di trasformare il proprio status in "paziente" può condurre a una vita interiormente isolata. L’obiettivo è anche far cadere un tabù: si possono "sentire le voci" e avere una vita del tutto soddisfacente. In alcuni casi cercare di eliminare le allucinazioni può addirittura risultare dannoso». Le allucinazioni infatti non sono sempre negative e tantomeno spaventose: spesso si tratta di invasioni gradevoli con cui è possibile stabilire una sorta di relazione che produce effetti positivi: «Alcune persone vivono le voci come una compagnia e si sentono sole se le perdono. È decisivo non sentirsi sovrastati dalle proprie allucinazioni. Quando si riesce a non avvertirle più come un problema si smette di venirne condizionati». Spesso — nel 70% dei casi — la causa è di origine traumatica, un evento particolarmente stressante a livello emotivo: una violenza sessuale, un’aggressione, una catastrofe naturale, un lutto. «È molto importante, e quasi mai semplice, individuare questo trauma. Rimane sepolto nella memoria della persona ed è apparentemente inaccessibile: di fronte a domande superficiali non emerge, lasciando all’esaminatore l’impressione errata che le voci non abbiano relazione con gli eventi di vita. L’impatto delle nostre esperienze sulla psiche è assolutamente soggettivo». Quando le voci sono sgradevoli, perché minacciose, o svalutanti, o danno ordini, diventano un problema. In questi casi è importante un lavoro di ricerca del trauma che le ha originate, lavoro che spesso si fa più volentieri in un gruppo di auto e mutuo aiuto, insieme allo specialista e a persone con lo stesso problema.
Mario Pappagallo