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 2010  novembre 22 Lunedì calendario

UN TERMINE DA VICOLO

«Vajassa »,il suono della parola è bello, è antico, diciamo che mi fa pensare a origini caucasiche, come «circassa» per esempio, o alle donne armate e guerriere d’un poema cavalleresco. Nel caso in questione «cavalleresco» non è la parola adatta, ma armate e guerriere sono certo le due contendenti, la Mussolini e la Carfagna. La parola mi interessa, anche perché mi ricorda un poemetto in versi di Giulio Cesare Cortese: La vajasseide. E già questo titolo suscita immediatamente l’idea del vicolo e dello scambio plateale di insulti da un basso («vascio») all’altro. «Vajassa» potrebbe dunque anche derivare da «vascio», donna di «vascio», «vasciaiola». Certo che è parola di vicolo e di gente che urla nel vicolo le sue invettive, più per il piacere di recitare la rissa che per quello di viverla davvero. Tutto è teatro a Napoli, città della vita come recita quotidiana, dove per dirla con Pessoa «si arriva a fingere che è dolore/il dolore che davvero si sente». Dunque speriamo che sia teatrale finzione anche lo scontro tra le nostre due animose onorevoli. «Vajassa» è parola che potrebbe trovarsi benissimo (ma devo verificarlo) nel Pentamerone, il Cunto de li Cunti, il capolavoro di Giambattista Basile, un libro dove re e regine si comportano come le «vajasse» e si affacciano in vestaglia e pantofole dal balcone per litigare con chi sta sotto nel «vascio». Comunque una parola che richiede tante spiegazioni ma che finora risultava ai più incomprensibile o ignota, è diventata un altro pretesto per rinfocolare l’assurdo discorso pubblico italiano cui tutti, costernati, siamo costretti a partecipare.
Raffaele La Capria