Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 20/11/2010, 20 novembre 2010
LA BELLA MINISTRA TRA SOSPETTI E VELENI. DALLE IRONIE AGLI APPLAUSI IN AULA
Se la più celebre delle guerre scoppiò a causa della dea Eris, che non invitata alla festa nuziale di Peleo e Teti lanciò la fatale mela con la scritta «alla più bella», la donna fatale del berlusconismo è all’ evidenza Mara Carfagna. A causa sua il presidente del Consiglio ruppe con la moglie e, secondariamente, con Paolo Guzzanti e con Italo Bocchino. Nelle apoteosi del Cavaliere, come nei suoi momenti più bui, ci sono sempre gli occhi sgranati della Carfagna. «Se non fossi già sposato, ti sposerei»: fu un complimento, neppure dei più audaci, rivolto in pubblico nella notte dei Telegatti, a scatenare l’ ira di Veronica e ad avviare la macchina del divorzio, che tante preoccupazioni politiche ed economiche ha dato al premier. «La Carfagna è ministro perché a Berlusconi ha...» urlò senza grande solidarietà femminile Sabina Guzzanti dal palco di piazza Navona, davanti agli ultimi girotondini e alle avanguardie del popolo viola. In risposta, lei ricordò che Sabina era pur sempre figlia di un parlamentare pdl, Paolo Guzzanti; il quale, tra Berlusconi e la figlia, scelse la seconda, passò all’ opposizione e scrisse un libro dal gentile titolo Mignottocrazia. La sera andavamo a ministre. Era l’ estate 2008, ancora non si era spenta l’ eco del trionfo elettorale di Berlusconi, e già cominciava il tormentone della legislatura: le serate e le telefonate del premier. Si dava la caccia in particolare al nastro di un’ intercettazione tra ministre, che a un certo punto fu segnalato in Argentina, ma non venne mai alla luce e forse non è mai esistito. Tutti ci ripensarono, quando dalle carte sull’ affare Ruby e sulle notti di Arcore spuntarono altre due ministre, presumibilmente le stesse dell’ altra volta, di cui si persero di nuovo le tracce. Nel frattempo, la Carfagna faceva il ministro sul serio. E neanche troppo male, a detta ad esempio delle associazioni degli omosessuali, che si sono sentite tutelate dal dicastero delle Pari opportunità mentre il premier irrideva i gay, e pure del fronte femminista, che ha salutato con favore la prima legge contro gli stalker. Erano i giorni in cui Gianni Letta la elogiava per aver retto a insulti e pressioni, chiedendo per lei l’ applauso dell’ intero Consiglio dei ministri. Ma sulla povera Mara incombeva una nuova tempesta. Per via dell’ antica amicizia con Italo Bocchino, corregionale e compagno di partito; almeno fin quando il Pdl si è scisso. La Carfagna non è andata e molto probabilmente non andrà con i finiani. Ha avuto il solo torto di non rinnegare l’ amicizia. E gli ultrà di Berlusconi, magari solo per compiacere il capo, gliel’ hanno giurata. Lui stesso è parso ingelosito («sono rimasto deluso quando ho visto che Bocchino era il nome di un nostro deputato; pensavo fosse un punto del nostro programma»). Fatto sta che Italo, il più promettente dei giovani di An, si è schierato anima e corpo con Fini. E Mara si è ritrovata prigioniera di una vicenda più grande di lei. Nella sua Campania ha preso le distanze dal coordinatore Cosentino, infilandosi in spinose questioni locali. Adesso, se solo si ferma a parlare con Bocchino, la fotografano in Parlamento. E la apostrofano con battute da far rimpiangere quelle dei Guzzanti, padre e figlia. Da qui l’ idea delle dimissioni. Che vanno lette in realtà come una richiesta d’ aiuto al suo demiurgo. Anche tra la Carfagna e Berlusconi, assicurano le persone davvero vicine al Cavaliere, il rapporto è ormai filiale. Sono in freddo; ma lei sa di dovere molto a lui, e lui non è tipo da abbandonare i ministri in difficoltà. Respinse le dimissioni di Fitto dopo la sconfitta in Puglia. Per due volte tentò di difendere sino all’ estremo l’ indifendibile Scajola. La Carfagna è forse sopravvalutata, ma i fatti dimostrano che è certo un personaggio cruciale del berlusconismo. Potrebbe essere trascinata nella caduta. O potrebbe sopravvivere ben oltre il 14 dicembre; magari riconciliata con il capo.
Aldo Cazzullo