Micaela Cappellini, Il Sole 24 Ore 22/11/201, 22 novembre 2010
NUOVA ENERGIA DALL’ASIA ALL’AFRICA - C’è
la Turchia, dove sono state appena assegnate le licenze a 16 progetti per lo sfruttamento dell’energia eolica: un totale di mille Megawatt di potenza installata e di circa 2,5 miliardi di lire turche di investimento. Soltanto sul fronte del vento, altri 20mila Megawatt verranno assegnati nel 2011.
C’è l’India, dove il governo dovrebbe mettere a disposizione circa 227 milioni di dollari di risorse per lo sviluppo del fotovoltaico. E dove, entro il 2012, New Delhi rilascerà licenze per campi fotovoltaici per un totale di 1 Gigawatt di potenza installata: a grandi linee, un affare che si aggira intorno al miliardo di euro.
Ci sono gli Emirati arabi uniti, che dopo la leadership petrolifera si vogliono candidare a vetrina del mondo delle rinnovabili ed entro il 2020-2025 realizzeranno la prima città interamente fondata sulle energie alternative alle porte di Abu Dhabi. Alle spalle della maxi-operazione c’è Masdar, la "future energy company" creata dal governo emiratino, che in dote le ha consegnato uno stanziamento iniziale di 15 miliardi di dollari.
C’è il Brasile, patria del bioetanolo: ha appena chiuso un’asta da 5,5 miliardi di dollari per contratti multipli nel settore delle biomasse, dell’eolico e dell’idroelettrico, ma una nuova gara è in arrivo per il mese di dicembre. Naturalmente c’è Desertec, il maxiprogetto per creare centrali a energia pulita nell’Africa settentrionale. E poi c’è la solita Pechino dei record: 5mila miliardi di yuan - 753 miliardi di dollari - di sostegno alle fonti alternative di energia per i prossimi dieci.
Con il teleobiettivo puntato sul vertice internazionale di Cancun del 29 novembre, dove si discuterà di riduzione delle emissioni inquinanti, benvenuti al luna park delle rinnovabili nei paesi emergenti. Dove il business si fa miliardario e dove le tecnologie made in Italy possono giocare la parte del leone: secondo Siemens, sono le quarte migliori al mondo dietro a Usa, Giappone e il competitor di sempre, la Germania, quello dietro casa. Non a caso, la scorsa settimana il Ceo di Masdar - nonché inviato speciale per l’energia e il cambiamento climatico degli Emirati – il sultano Ahmed Al Jaber, era a Roma per stringere «primi contatti» con le realtà più all’avanguardia.
Prendiamo la Turchia: «Tra tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, è decisamente la più promettente – sostiene Tiziano Furlan, vicepresidente di Mda Consulting – basti pensare che, tre anni fa, la somma delle domande presentate per le licenze eoliche appena assegnate superarono di gran lunga il potenziale offerto. Per l’esattezza, 98mila Megawatt: il doppio dell’attuale capacità elettrica installata nel paese, e non solo per l’eolico». Anche attraverso Mda Consulting, alcune società italiane si sono già fatte avanti per investire nell’eolico turco: «Ora che le licenze sono assegnate, i progetti diventano immediatamente operativi – aggiunge Furlan – tanto più che la legislazione di Ankara è ormai di stampo europeo. Ma le opportunità ci sono anche per chi vuole semplicemente esportare prodotti e tecnologie».
Le altre licenze in questi giorni sul piatto sono quelle indiane, per un totale di 1 Gigawatt di campi fotovoltaici. Ma per accedere alla torta, è necessaria la formula della joint venture, spiega Filippo Bratta di Scouting, advisor finanziario partecipato dal credito cooperativo che, insieme al partner indiano Octagona, ha costituito Scouting India e accompagna le società italiane. «Gli indiani hanno bisogno di tecnologia, perché i loro prodotti hanno bassa efficienza energetica e scarsa durata nel tempo. Per questo guardano agli europei».
Il problema, semmai, è che il governo di New Delhi, per incentivare l’industria locale, concederà le licenze solo a chi utilizzerà moduli made in India e, in una seconda fase, anche inverter prodotti in casa. «Ecco perché la partnership è imprescindibile: occorre andare a produrre là – ammette Bratta – e bisogna fare in fretta: i tedeschi stanno già arrivando, e per la stipula di una joint venture si deve mettere in conto un anno. Noi, ad esempio, cerchiamo di abbreviare i tempi dei nostri clienti grazie all’intesa con Yes Bank, la terza banca privata indiana, che facilita la ricerca del partner locale e il supporto finanziario all’operazione».