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 2010  novembre 22 Lunedì calendario

IL CONTRIBUENTE TRADITO


Il bilancio dei primi dieci anni dello Statuto dei diritti del contribuente è impietoso. La legge 212 del 2000 si è rivelata una vera e propria beffa del contribuente. Il legislatore infatti, dopo aver fatto il notevole sforzo di mettere nero su bianco i principi sacrosanti che dovrebbero disciplinare un corretto rapporto tra chi paga le tasse e chi le incassa, ha continuato a fare come se niente fosse. Lo dimostra il numero esagerato di violazioni alle regole dello Statuto: quattrocento sfregi alle regole di correttezza tributaria; più di un tradimento a settimana delle legittime aspettative dei contribuenti. Se fosse un matrimonio non rimarrebbe altro che chiedere la separazione per assoluta incapacità di una parte di mantenere fede ai propri impegni. È evidente che si è trattato di un bluff di fine legislatura. Le violazioni sistematiche segnalano infatti che la causa non è l’emergenza, ma un vizio strutturale. Se il legislatore avesse voluto fare sul serio avrebbe dovuto approvare una legge costituzionale. Una legge ordinaria, invece, per quanto rafforzata da velleitari autoinquadramenti tra i principi fondamentali dell’ordinamento, nulla può fare di fronte a una disposizione successiva di pari rango che, in modo esplicito o anche implicito, detti una disposizione in contrasto con le proprie: lex posterior derogat priori. La legge successiva deroga quella precedente. Nel campo del diritto positivo non può essere che così. Si potrebbe obiettare che i responsabili della politica tributaria stanno combattendo una guerra senza esclusione di colpi contro un nemico, l’evasione fiscale, in grado di erodere dall’interno le stesse basi della convivenza civile. In guerra non si può andare troppo per il sottile, specie quando si porta sulle spalle il peso di un debito da 1.800 miliardi di euro. Vero. Ma allora perché far finta che la guerra non esista, mostrando il volto conciliante di un legislatore che si impegna a riconoscere le ragioni del contribuente al di sopra di ogni contingenza? Forse lo Statuto del contribuente può essere letto come la spia del disagio di una classe politica che si rende conto, da una parte, dello sforzo richiesto ai suoi cittadini per mantenere i conti in equilibrio, e dall’altra del proprio deficit di autorevolezza. È un tentativo per recuperare un’immagine positiva, utile anche per migliorare il tasso di adempimento spontaneo, che col tempo si è però infranto sulle continue, reiterate violazioni degli stessi principi che si volevano affermare. Col risultato di screditare ancor di più l’immagine del fisco e aumentare la frustrazione dei contribuenti.