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 2010  novembre 22 Lunedì calendario

JAY-Z SI RACCONTA "LA MIA RIVOLUZIONE SONO I MILIONI" - «Vidi il cerchio di gente prima ancora di intravedere il ragazzo nel mezzo

JAY-Z SI RACCONTA "LA MIA RIVOLUZIONE SONO I MILIONI" - «Vidi il cerchio di gente prima ancora di intravedere il ragazzo nel mezzo. Avevo nove anni, era l´estate del 1978, e Marcy era tutto il mio mondo. Le passatoie in penombra che collegavano i palazzoni di 27 piani di Marcy Houses erano come tunnel per noi bambini che ci infilavamo. I corridoi dei palazzoni popolari possono sembrare labirinti ai forestieri: così complicati e minacciosi come quelli di un bazaar del Marocco....». Wow... E chi sarebbe mai questo scrittore che riecheggia J.D. Salinger e Paul Bowles, New York e il Tè nel Deserto? Ecco a voi l´ultima trasformazione di Jay-Z: sì, proprio lui, il rapper più famoso del mondo, il marito della bella Beyoncé, l´uomo che più di tante primarie ha contribuito alla scalata di Barack Obama, il produttore da 450 milioni di dollari che Forbes incorona tra i Bill Gates e i Warren Buffet. Ma come: il rap non era un gioco per ragazzi, presumibilmente neri, presumibilimente sporchi? Beh, ne ha fatta di strada il piccolo Jaz-Z da quando si chiamava semplicemente Shawn Carter e scoprì per la prima volta il rap: ascoltando quel ragazzino sotto i palazzoni. «Il suo nome era Slate e l´avevo già visto in zona. Ma lì, in quel cerchio, sembrava trasformato. Quella stessa notte cominciai a scrivere rime sul mio quadernetto a spirale». Da allora Shawn/Jay-Z ha vissuto tutto il cursus honorum di ogni rapper che si rispetti: comprese, ovviamente, le disavventure di spacciatore di droga. Che naturalmente conosce prima da consumatore. «Nessuno mandava in giro gli aeroplanini a scrivere in cielo che il crack era arrivato. Ma quando la roba atterrava nel quartiere era una resa totale, immediata e completa. E normale, per noi: come perdere il tuo compagno per una sparatoria. O tuo padre che se ne va di casa per sempre». Colpisce, eh? Non è un caso che questo Decoded, l´autobiografia in cui Jay-Z si racconta "decodificando" venti suoi successi, sia già un fenomeno. Per carità: è un rapper che parla. Con tutta la sua naivetè. Quando lo criticano perché porta la maglietta di Che Guevara, senza rinunciare a tutti quegli ori tipici dei rapper, Jay si difende: «Mi considero un rivoluzionario perché sono un miliardario che si è fatto da sé in una società razzista». Ecco, il razzismo. Gli chiedono se crede ancora che l´America di Obama sia razzista e Jay racconta a Rolling Stone la storiella del comico nero Chris Rock che abitava nella sua stessa zona. «Nel mio quartiere ci sono quattro neri. Centinaia di case, solo quattro neri. E chi sono? Beh, siamo io, Mary J. Blige, Jay-Z e Eddie Murphy... Capito? Mary J. Blige, una delle più grandi cantanti ad aver mai calcato la terra. Jay-Z, uno dei più grandi rapper viventi. Eddie Murphy, uno degli attori più divertenti di sempre. E sapete che cosa fa il signore bianco che vive accanto a me? È un fottuto dentista!». Dice il rapper: «A un nero per riuscire sono richieste cose straordinarie». E il cambiamento promesso da Obama? «È stato sommerso da critiche anche legittime. Ma io sento che ci stiamo muovendo nella direzione giusta». Jay, per la verità, pensava che Barack non ce l´avrebbe mai fatta. «Lo trovai a casa del produttore L. A. Reid. Mi tirò per la giacca: "Hey man, ho bisogno ancora del tuo aiuto". Feci un mucchio di concerti gratis per spedire i giovani a votare». Mica è così generoso con tutti. Anzi. Fa ancora discutere quella canzone in cui paragonò Ronald Reagan a Bin Laden. Possibile? «Reagan inondò di coca tutta Manhattan per finanziare l´affare Iran-Contra. E nei peggiori anni dell´epidemia di crack ci furono letteralmente migliaia di omicidi a New York. Insomma il paragone non mi sembra poi così pazzesco...». Oddio. Eppure il "vecchio" Jay - 40 anni non sono pochi nell´ambiente - dimostra di avere più testa di tanti colleghi. Il libro difende il rap e invita a non fermarsi al significato delle parole. «L´arte del rap confonde. Sembra così vero e personale che la gente lo legge letteralmente: come se quello che racconta fosse storia vera». Però la colpa è anche di quell´ambiente che troppo spesso confonde tragicamente finzione e realtà. Gli assassini di Notorius Big e Tupac Shakur alzano il velo sulle violenze che quel mondo nasconde. E fanno parte della sua storia. Un episodio che gli apre gli occhi è l´incontro con Eminem. «Era il 2003 e lui era al top - 20 milioni di dischi, il film 8 Mile al numero uno. In quel momento era la star più grande del mondo. Ci incontrammo in studio di registrazione e quando lo presi per un braccio sentii che portava il giubbotto antiproiettile. Era Eminem, ed era costretto a indossare il giubbotto antiproiettile! Ma uno come lui avrebbe dovuto trovarsi su una barca a godersela, invece di starsene lì con la paura di essere ammazzato sul suo posto di lavoro». A godersela, come l´ex ragazzino di Marcy Houses che tante cose ha saputo lasciarsele dietro.