ROSALBA CASTELLETTI, la Repubblica 22/11/2010, 22 novembre 2010
IL PROFILATTICO E I PRETI OBIETTORI SE LA SALUTE VINCE SULLA DOTTRINA
Una donna sposata in Sudafrica ha più probabilità di una nubile di contrarre l´Hiv. Essere fedele - come la Chiesa cattolica raccomanda - non la salverà. È suo marito molto probabilmente a non essere monogamo, e ad avere già contratto il virus. Per questo molti pensano che condannare l´uso del preservativo voglia dire condannare milioni di donne africane al contagio e milioni di bambini a diventare orfani. Lo pensano anche molti missionari, che ogni giorno si trovano a dover conciliare i precetti del Vaticano con la realtà di un continente che conta 25 milioni di sieropositivi e oltre 6mila nuovi infezioni al giorno. La vita umana, sostengono, costituisce un bene superiore. Ed è per questo che spesso anche loro distribuiscono profilattici. Scelgono il "male minore".
Pochi lo fanno apertamente. Come suor Maria Martinelli, missionaria comboniana, ammise due anni fa durante un incontro sull´impegno degli istituti religiosi contro l´Hiv-Aids, «ci si rende conto che il preservativo serve. Certo, non andiamo in giro col megafono a dire di utilizzarlo». I più lo fanno in silenzio e di nascosto, ma negli ultimi anni non pochi hanno preso posizioni spesso antitetiche al Vaticano. A partire da padre Bernard Joinet, missionario dei Padri bianchi in Tanzania e docente di Psicologia presso l´Università di Dar-es-Salaam: alla fine degli Anni ´80, ispirandosi alla storia biblica dell´Arca di Noé, rappresentò la minaccia dell´Aids come un diluvio da cui l´unica salvezza è la Flotta della speranza costituita dalle barche "Astinenza", "Fedeltà" e da un gommone di salvataggio, il "Profilattico". Astinenza per i giovani e fedeltà nella coppia sono le prime misure a cui far ricorso contro il rischio di contagio ma, quando non sono praticate, è meglio ricorrere al preservativo.
Questa strategia riassunta nella formula "Abc" (Abstinence, Be faithful, Condom) si è rivelata negli anni vincente anche in altri Paesi come Burkina Faso, Ghana, Zimbabwe, Nigeria, Kenya o l´Uganda, dove in dieci anni - dal 1991 al 2001 - il tasso di contagi è diminuito del 10%. Ed è stata abbracciata da altri missionari come fratel Daniele Giovanni Giusti, comboniano, medico da oltre trent´anni in Uganda, dalla rete contro l´Aids dei gesuiti in Africa (African Jesuit aids network) e da intere conferenze episcopali, come quella dei vescovi del Camerun.
Ed è proprio dai vescovi che negli ultimi anni si sono levate alcune delle voci più critiche contro Roma. Come quella di monsignore Kevin Dowling, vescovo della diocesi di Rustenburg in un Paese come il Sudafrica che conta il più alto tasso di contagi al mondo. «Qui l´astinenza prima del matrimonio e la fedeltà durante il matrimonio sono oltre il regno delle possibilità. Il problema è difendere la vita», ha ribadito più volte anche a costo di venire richiamato ufficialmente dalla Santa Sede. E il cardinale Peter Turkson, arcivescovo di Cape Coast, in Ghana, ha spesso caldeggiato un dibattito sull´utilizzo del profilattico.
Come lui, in tanti aspettano da anni il più volte annunciato documento del Vaticano sull´uso del profilattico per i malati di Aids, che tuttavia pare sia stato accantonato. Perciò in molti ieri si sono rallegrati nell´apprendere la timida apertura contenuta nell´ultimo libro di Papa Benedetto XVI, benché il suo portavoce, padre Federico Lombardi, si sia affrettato a precisare che «non riforma né cambia l´insegnamento della Chiesa». Nell´attesa di un´apertura più netta, molti prelati e missionari continuano a richiamare la posizione espressa anche da vari autorevoli teologi, da Georges Cottier, teologo emerito di Papa Wojtyla, a Paul Cordes e al cardinale Carlo Maria Martini: qualora in una coppia un partner sia sieropositivo e rischi di contagiare la moglie e di trasmettere il virus ai figli, l´uso del preservativo è il "male minore".