PETRA CARSETTI, Libero 20/11/2010, 20 novembre 2010
ALLA RICERCA DEL VERO CAFFÈ
SEGUENDO L’ESPRESSO ITALIANO
Spendereste nove euro per una tazzina di caffè? Allora vi accontentate di qualcosa meno: diciamo 6 euro? Sembrano prezzi iperbolici, ma non sono lontanissimi dal vero. Ci sono caffè storici in Italia, piazzati magari nelle più belle piazze, dove il servizio al tavolo può costarvi tanto. Ma noi che siamo un popolo di caffettari non siamo altrettanto attenti alla qualità. Un po’ di numeri servono a spiegare. Nei circa 130mila esercizi pubblici Italiani ogni giorno si servono 70 milioni di tazzine di espresso e in totale noi italiani consumiamo quasi sei chili di caffè a testa. Ma non siamo i primi in Europa: ci sorpassano tutti quelli del Grande Nord gli svizzeri e i tedeschi che però bevono un caffè quasi all’americana. Ma a noi spetta il primato nelle macchine per farlo l’espresso e soprattutto ci spetta il primato di una bevanda internazionale: il cappuccino. Ebbene nonostante tutto questo siamo tra i meno attenti alla qualità delle miscele. Da noi va molto la Robusta (caffè amaro, tosto) anche se l’Arabica copre circa 3 quarti della produzione mondiale. E soprattutto stiamo cambiando le abitudini di consumo. Sempre meno tazzine al bar sempre più caffè in famiglia.
Gli italiani sono in testa nella classifica dei consumatori di capsule per le macchinette casalinghe, e pensare che siamo stati gli inventori della Moka e della Napoletana (mitica quella di Eduardo De Filippo) e soprattutto gli inventori della macchina da caffè espresso. Il nostro caffè e il nostro cappuccino sono imitatati nel mondo tant’è che il presidente dell’Inei, Gianuligi Sora è decisissimo a chiedere all’Europa il riconoscimento del marchio Igp tanto per l’espresso quanto per il cappuccino, che peraltro sono già certificati dal medesimo Inei (Istituto nazionale espresso italiano).
Per saperne un po’ di più sul caffè comunque c’è un’occasione d’oro. Sabato e soprattutto domenica prossimi (27 e 28 novembre) torna “Io bevo espresso italiano” ovvero torrefazioni aperte. Saranno 14 gli stabilimenti di tostatura del caffè che aprono le porte ai consumatori per spiegare come si fa un vero espresso italiano. Anche perché la crisi che sta attanagliando i bar sta mettendo in ginocchio l’intero comparto e ormai sono imminenti aumenti di prezzo della tazzina che vanno da un ottimistico più 10 centesimi ad un assai più probabile incremento di 20 centesimi. Colpa del rialzo dei prezzi all’origine dopo due anni di flessione, ma colpa anche degli aumentati costi di gestione dei bar e dei ristoranti.
Il mercato del caffè a livello mondiale è in questi mesi sottoposto ad una forte pressione speculativa che l’Ico (è una sorta di Opec tra i 19 paesi produttori di caffé) non è riuscito a frenare. Anche il massiccio incremento produttivo (si stima una produzione di 136 milioni di sacchi a fronte di un consumo di 129 milioni) che ha portato il Vietnam da piccolo a secondo produttore mondiale alle spalle del Brasile e sopravanzando la Colombia che aveva determinato nel biennio 2006-2008 un crollo dei prezzi all’origine ha esaurito la sua capacità di ammortizzatore. E come sempre accade al rialzo dei prezzi corrisponde un invasione del mercato di caffé di scarsissima qualità. Certo non si può pensare che tutti comprino il Kopi Luwak (è il caffè più caro al mondo 900 euro al chilo prodotto nell’Isola di Sumatra e che deve il suo specialissimo aroma per il fatto che un roditore “la civetta delle palme” mangia le bacche del caffè e poi espelle i chicchi predigeriti che vengono raccolti) anche perché se ne fanno appena due quintali e mezzo all’anno anche se ora si cerca di produrre con l’ausilio del latte lo stesso procedimento fisiologico che lo rende unico, non si può neppure pretendere che tutti bevano il Blue Montain giamaicano (circa 70 euro al chilo, in Italia con questa qualità la Vergnano ha conquistato il mercato Usa), ma più attenzione alle miscele è oggi necessaria per avere un giusto rapportoqualità prezzo.
Così accanto ai grandi torrefattori – Lavazza, Illy per citare i più noti -ora si affacciano di nuovo sul mercato piccole aziende di tostatura (si può fare anche a casa basta avere un buon caffè vergine, una padella di ferro e tanta pazienza) che hanno scelto la strada dei monovarietali (Puravidacafè, La compagnia del caffé, Nerocaffé) o del servizio del mercato di prossimità oltre ad una rinnovata rete di distribuzione del caffé equo e solidale. Per ridare agli italiani il piacere della “tazzulella”.