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 2010  novembre 20 Sabato calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 22 NOVEMBRE 2010

Gli ispettori della Commissione europea in arrivo oggi a Napoli troveranno una città invasa dai rifiuti. Fulvio Bufi: «Potranno inserire nel loro itinerario anche un giro nel quartiere Pianura, dove secondo la perizia dell’ingegnere Armando Noviello, ricercatore del Cnr e consulente del Tribunale, l’aria è letteralmente irrespirabile, al punto che scrive Noviello, “la qualità dell’ossigeno e/o degli idrocarburi è risultata non compatibile con la vita umana. Tutti i valori riscontrati sono tossici nel breve, medio o lungo termine”». [1]

Ogni anno il mondo produce fra 3,5 e 4 miliardi di tonnellate di rifiuti (100 milioni al giorno). Antonio Cianciullo (citando la ricerca di Philippe Chalmin per uno studio promosso da Veolia e realizzato dalla Bocconi): «Per gli urbani parliamo di 1,7 miliardi di tonnellate di cui 1,24 miliardi effettivamente raccolti. Il calcolo è approssimativo perché molti dati, da quelli forniti da alcuni paesi in via di sviluppo a certi comparti industriali, sono incerti». Gli Stati Uniti producono oltre 200 milioni di tonnellate di rifiuti urbani l’anno: più della metà finisce in discarica, ma c’è una progressiva e drastica riduzione dei siti (dai 6.300 degli anni Novanta ai 1.754 del 2006). La capacità di stoccaggio residua è sotto i vent’anni. [2]

L’Europa produce ogni anno 250 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e circa 300 milioni di tonnellate di rifiuti industriali. Cianciullo: «Il vecchio continente è quello dove si sono fatti i maggiori sforzi per una soluzione al problema in termini ambientali, sociali e di sicurezza. Il caso europeo conferma l’equazione “più reddito più rifiuti”: i 15 paesi che storicamente fanno parte dell’Unione sono responsabili da soli di 225 dei 251 milioni di tonnellate totali, con un contributo di appena 26 milioni di tonnellate dei paesi dell’ex blocco sovietico entrati recentemente nell’Unione». [2]

L’Italia sta nel gruppo dei paesi che mandano in discarica tra il 20 e il 65% dei rifiuti (assieme a Francia, Norvegia, Regno Unito, Spagna). Cianciullo: «Ci sono poi quelli che mandano in discarica più del 65% (Turchia, Polonia, Grecia, Ungheria, Repubblica Ceca, Irlanda o Slovacchia) e quelli che mandano in discarica meno del 20% (Olanda, Svezia, Danimarca, Belgio, Germania)». [2] Le discariche non possono smaltire da sole i 550 kg di rifiuti solidi urbani prodotti in un anno da ogni italiano. E comunque sono fonte di altri problemi. Mario Tozzi: «Non sono mai perfettamente stagne e, prima o poi, lasciano percolare i loro liquidi nel sottosuolo inquinando le falde acquifere». [3]

I vecchi inceneritori bruciavano e basta, i nuovi (chiamati erroneamente termovalorizzatori, una dizione che non esiste in nessun paese d’Europa) recuperano energia e calore. Tozzi: «Ma sono impianti industriali, e come tali producono inquinamento, pur se nei limiti di legge? Delle polveri ultrasottili nessuno sa, perché si tratta di elementi troppo piccoli per essere filtrati e difficili da misurare, ma un inceneritore ne produce senz’altro. Per le diossine non è tanto importante quella misurata al camino (che si disperde nell’aria), di fatto sopportabile dai viventi, quanto quella che si accumula nel suolo e nelle acque giorno dopo giorno». [3]

Fino a qualche anno fa nessuna amministrazione comunale del mondo avrebbe parlato di rifuti-zero come opzione possibile. Tozzi: «Ora metropoli come San Francisco indicano questa strada percorribile in 10-20 anni, mentre centri più piccoli, anche in Italia, già si avvicinano a percentuali di recupero superiori al 90%. Che cosa succede invece a Napoli e a Palermo? Il problema era stato affrontato solo per eliminare l’emergenza, non per essere risolto. A parte le infiltrazioni malavitose o le strumentalizzazioni politiche, resta il fatto che oltre la metà dei comuni campani non si è dotato di un piano di raccolta differenziata e quelli che lo hanno fatto non rispettano tempi e modi. Se non c’è raccolta differenziata il problema dei rifiuti si sposta nel tempo e nello spazio, non si risolve». [3]

Per capire come si è arrivati a questo punto bisogna fare un passo indietro. Sergio Rizzo: «E tornare esattamente a quel 26 novembre del 1995 quando anche Milano si svegliò sommersa dalla monnezza. Cominciava così il dispaccio dell’Ansa: “Duemila tonnellate di sacchi neri al giorno lasciati per le strade, altre ventimila ammassate sulle piattaforme di via Olgettina, la sede dell’Amsa vicinissima all’ospedale San Raffaele”. Una situazione peggiore di quella che in quegli stessi giorni si viveva a Napoli, commissariata da due anni, dove in realtà l’emergenza rifiuti era cominciata nel lontanissimo 1973, al tempo del colera». [4]

Se lo choc fu violento, la reazione di Milano fu altrettanto decisa. Rizzo: «In pochi mesi la raccolta differenziata decollò fino a superare il 30% e il problema rientrò. Non che adesso i milanesi possano scialare: il capoluogo lombardo è al cinquantesimo posto su 103, con il 35,6%. Ma c’è da dire che Napoli è all’ottantesimo, con appena il 18,6%, dopo sedici anni di commissariamento e almeno un paio di miliardi buttati dalla finestra. Milano e Napoli sono due facce della stessa medaglia. Spiegano gli esperti che la differenza sta tutta nell’approccio del problema: se al Nord il ciclo dei rifiuti è stato affrontato generalmente, tranne casi sporadici, come un ciclo industriale vero e proprio, al Sud questo è avvenuto raramente». [4]

C’è chi sostiene che a Palermo l’emergenza rifiuti di quest’estata sia stata creata ad hoc per riproporre il piano dei quattro termovalorizzatori monstre da 6 miliardi pensato dall’ex governatore Cuffaro. L’espresso: «Per Lombardo, quei termovalorizzatori puzzavano di interessi illeciti e di mafia. Le inchieste sembrano dargli ragione: basta ascoltare le intercettazioni del boss Francesco Bonura che parla con gli imprenditori del succulento appalto per l’impianto da costruire a Palermo». [5] Ogni mese dalla periferia partenopea spariscono circa 300 cassonetti. Claudio Pappaianni: «Senza bidoni, l’immondizia si accumula sull’asfalto e per portarla via servono elevatori e miniruspe bobcat. Manco a dirlo, materiale a disposizione delle ditte legate ai clan che ottengono così lucrosi appalti senza gara. L’emergenza, se non c’è, basta saperla creare». [6]

Pur di abbattere i costi i comuni campani, sempre più sull’orlo di una crisi finanziaria, preferiscono mandare rifiuti indifferenziati in discarica. In pochi mesi la raccolta differenziata è passata nella regione dal 23 al 18 per cento. [6] Stefano Caldoro, presidente della Regione Campania: «Se saremo bravi, in trentasei mesi ne saremo fuori. È il tempo minimo necessario per realizzare due termovalorizzatori e gli altri impianti di cui c’è bisogno». [7] Caldoro è stato eletto col supporto della coppia Italo Bocchino (allora ancora nel Pdl)-Mara Carfagna contro l’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino e i suoi fedelissimi, il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, e quello della Provincia di Salerno, Edmondo Cirielli. [8]

Tra i due fronti si è aperto uno scontro per il potere decisionale sugli inceneritori: inizialmente destinato a Regione e comuni (come chiesto da Caldoro-Bocchino-Carfagna), adesso il Consiglio dei ministri l’ha data vinta alle province (Cosentino-Cesaro-Cirielli). [8] Giovedì il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha compiuto un’irrituale visita a Palazzo Chigi durante il Consiglio dei ministri: «Ho chiesto ad un usciere se mi faceva parlare con qualcuno. È uscito Maroni dalla sala del Consiglio, e gli ho detto: fate attenzione, perché dare la gestione alle province è pericoloso. C’è il sindaco di Salerno che ha già tutto pronto e non è il caso di affidare questa roba ai presidenti delle province che sono pure deputati del Pdl. Lui mi ha risposto: ne stanno parlando ora, entra a vedere». [9]

In ballo c’è un affare da oltre 150 milioni di euro. [10] Dopo l’intervento di Bersani, Berlusconi pareva essersi convinto a dare i poteri a Caldoro. Guido Ruotolo: «Ma il coordinatore in odore di rapporti con i Casalesi, Nicola Cosentino (contro di lui c’è un mandato di cattura per camorra, non eseguito perché parlamentare), ha appoggiato la linea di premiare i presidenti delle province. E il ministro Mara Carfagna, che aveva proposto Caldoro, ha provato a spiegare in tutti i modi che si rischiava di fare un favore alla criminalità organizzata. Nulla da fare. Ha vinto Cosentino». [11] Carmelo Lopapa: «È a quel punto, solo allora, che il ministro Mara Carfagna decide di gettare la spugna». [10]

In attesa degli inceneritori, nessuna regione vuole la spazzatura campana. Caldoro: «E sbagliano. Il Codice per l’ambiente, che in materia di rifiuti è unanimemente considerato una specie di Vangelo, prevede chiaramente che la spazzatura possa essere trasferita da una Regione a un’altra purché, è scritto, ce ne sia “l’opportunità tecnico-economica”. Insomma, se è per fare business sì e in una situazione come questa no? Che facciamo, applichiamo il federalismo al business e non all’istituzionale? Mi sembra un modo ben strano di concepire il federalismo”». [7]

Il ministro per i Rapporti tra le Regioni Raffaele Fitto ha convocato per dopodomani una riunione, sottolineando che «per risolvere l’emergenza rifiuti in Campania serve la collaborazione di tutti, e solidarietà tra le Regioni». Bufi: «Ma i segnali che arrivano vanno in senso contrario.
Il vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia, Filippo Penati, è categorico: “Non un chilo dei rifiuti di Napoli deve arrivare nella nostra Regione. È inaccettabile l’imposizione di un governo che si ricorda di noi solo quando c’è da succhiare risorse o scaricare rifiuti”». [1] Enrico Rossi, presidente della Toscana: «Siamo pronti ad accogliere i rifiuti della Campania: noi, come ha scritto Dante, non facciamo per viltà il gran rifiuto, la monnezza di Napoli è un problema nazionale». [12]

In attesa della solidarietà delle altre regioni, potrebbe saltare anche il piano che prevede la spedizione dei rifiuti campani in Andalusia. Elisabetta Rosaspina: «La prospettiva di un migliaio di tonnellate di spazzatura napoletana quotidianamente esportate nella terra del sole ha inorridito molti abitanti: “Non possono nemmeno raccogliere l’immondizia che generano — si scandalizza un lettore del Mundo —. Siamo senza protezione di fronte a tanta mafia politica”. Il libro di Roberto Saviano, tradotto in spagnolo, è noto: “C’è un capitolo dedicato al commercio della spazzatura a Napoli, in cui si indica chiaramente il pericolo rappresentato da queste discariche, dove finisce di tutto con il rischio di contaminazione delle falde acquifere” qualcuno ricorda di aver letto in “Gomorra”». [13]

Note: [1] F. B., Corriere della Sera 20/11; [2] Antonio Cianciullo, la Repubblica-Affari&Finanza 2/11/2009; [3] Mario Tozzi, La Stampa 27/9; [4] Sergio Rizzo, Corriere della Sera 20/11; [5] M. G., L’espresso 8/7; [6] Claudio Pappaianni, L’espresso 8/7; [7] Fulvio Bufi, Corriere della Sera 20/11; [8] Conchita Sannino, la Repubblica 20/11; [9] La Stampa 19/11; [10] Carmelo Lopapa, la Repubblica 20/11; [11] Guido Ruotolo, La Stampa 20/11; [12] Francesco Alberti, Corriere della Sera 20/11; [13] Elisabetta Rosaspina, Corriere della Sera 20/11.