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 2010  novembre 20 Sabato calendario

IL MICROCREDITO È UNA FAVOLA


Storie di poveracci traditi dal microcredito. Inseguiti da strozzini che chiedono loro interessi usurari. E che rischiano di finire sul lastrico, trascinando nella rovina intere famiglie. È quello che sta avvenendo in India, dove è andato in frantumi il sogno del premio Nobel bengalese, Muhammad Yunus, di dare una mano agli imprenditori che non riescono a ottenere credito dalle banche tradizionali perché non sono in grado di offrire adeguate garanzie.
Durgamma Dappu voleva costruirsi una casa. Ma, vedova e abitante in un povero villaggio nel Sud del paese, non aveva mai avuto un conto bancario né disponeva di un reddito regolare. Così, quando il rappresentante di una società privata di credito arrivò a casa sua, colse al volo l’occasione e sottoscrisse un contratto per un finanziamento pari a 9 mila rupie, l’equivalente di 145 euro. Di lì a poco, tuttavia, cominciarono i problemi: faticava a rimborsare le rate e si rivolse a un’altra società per avere altri soldi, poi a un’altra ancora. Una catena che, alla fine, la portò a indebitarsi per oltre 80 mila rupie, quasi 1.300 euro. A settembre fuggì dal suo villaggio, lasciando alla sua famiglia un’unica possibilità: dare in pegno il fazzoletto di terra che possedeva.
Stessa sorte è toccata a K. Shivamma, contadina, che chiese un prestito per rifarsi di anni di colture distrutte dalla siccità.
Dalle 18 mila rupie iniziali fino a 90 mila, sempre seguendo una catena infernale. E, dall’altra parte, continue rassicurazioni sulle sue capacità di rimborso e nessuna verifica sulle sue effettive entrate. Il televisore, il telefonino e due bufali che possedeva sono già stati venduti.
È la dimostrazione di quanto sta accadendo nel paese asiatico, in particolare nello stato dell’Andhra Pradesh, dove il microcredito si è sviluppato a tal punto che qualcuno comincia a paragonarlo, fatte le dovute distinzioni, al fenomeno dei mutui subprime americani. Negli Usa l’idea nobile che tutti potessero permettersi di comprare casa, anche facendo montagne di debiti non garantiti; in India l’altrettanto nobile fine di offrire a tutti l’opportunità di riscattarsi dalla propria condizione sociale, sostenendo progetti lavorativi o di crescita familiare.
A un certo punto il meccanismo s’è inceppato. Lo stato del Pradesh conta più di un terzo di tutti i micro prestiti dell’India e il debito totale ammonta a circa 90 miliardi di rupie (1,45 mld euro). Così il governo ha deciso di congelare i rimborsi dopo che una cinquantina di agricoltori si è suicidata. Non solo: chi continuerà a tartassare la povera gente finirà in galera. I politici locali ritengono che molte società, di fatto, abbiano agito come finanziarie vere e proprie, con l’unico obiettivo di realizzare elevati profitti.
D’altro canto, avverte Vikram Akula, presidente di Sks microfinance, la più grande realtà del settore nel paese asiatico, il piccolo credito ha dato un enorme contributo alla crescita interna: distruggerlo significherebbe avallare una politica di apartheid finanziario. Ma, forse, il microcredito ha già fatto intorno a sé terra bruciata.