Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 20 Sabato calendario

E la guerra “igienica” fu l’opera d’arte dei futuristi - Avevano una greve coperta arrotolata intorno al collo, il lungo fucile 91, scarponi chiodati e naturalmente una robusta e pesante bicicletta

E la guerra “igienica” fu l’opera d’arte dei futuristi - Avevano una greve coperta arrotolata intorno al collo, il lungo fucile 91, scarponi chiodati e naturalmente una robusta e pesante bicicletta. Vista oggi non sembra proprio una attrezzatura futurista, non evoca il culto della velocità o della macchina, ma è così che Balla, Boccioni, Marinetti e insomma quasi tutti i futuristi andarono alla guerra, dopo averla propugnata come «sola igiene del mondo», desiderata e infine ottenuta. Erano inquadrati in un corpo paramilitare, il Battaglione lombardo volontari ciclisti automobilisti. Di auto nemmeno l’ombra. Le bici se le comprarono (Marinetti, per esempio, aveva una Bianchi). Speravano di arrivare a Trieste pedalando alacremente, si ritrovarono nelle trincee del Primo conflitto mondiale. Il plotone degli artisti combatté sostanzialmente una sola battaglia, quella per la presa di Dosso Cassina nei pressi del monte Altissimo, sulla sponda orientale del lago di Garda, perché il corpo venne sciolto nel giro di un anno (insieme a tutte le altre formazioni di volontari) e i più si arruolarono direttamente nell’Esercito. Ma i volontari ciclisti, oltre che combattere (e litigare: Carrà per esempio riteneva che il battaglione non servisse a nulla), scrissero una quantità di pagine vibranti, produssero arte e letteratura con la piega ideologica e avanguardistica loro propria. È una pagina poco nota della nostra storia, che una mostra di Biffi Arte a Piacenza ha riscoperto anche grazie all’acquisizione dell’archivio raccolto dal musicista Ugo Piatti, inventore con Luigi Russolo degli strumenti d’elezione per la musica futurista, gli «intonarumori». L’archivio è stato donato dalla Biffi al nuovo Museo del Novecento che verrà inaugurato a Milano, nell’Arengario di piazza Duomo, il 5 dicembre. E, come sottolinea il curatore Luigi Sansone, è una raccolta di assoluta importanza: soprattutto per le fotografie in gran parte inedite, che riaprono il sipario di una breve, intensa stagione dimenticata. Su tutte, lo sguardo intenso, forse malinconico, di Umberto Boccioni appoggiato alla sua Sintesi del dinamismo umano e gravato dalla pesante divisa militare, forse da un presagio. Come se l’artista diventasse parte e ombra dell’opera stessa.