Tonia Mastrobuoni, Il Riformista 19/11/2010, 19 novembre 2010
Se anche “la mummia”, l’uomo che non è mai stato visto scambiare una parola con un cronista, il leghista Giorgetti, si è lasciata andare a un commosso «da oggi mi sento un po’ orfano», si comprende che cos’è stato Giuseppe Vegas per la vita parlamentare degli ultimi quindici anni
Se anche “la mummia”, l’uomo che non è mai stato visto scambiare una parola con un cronista, il leghista Giorgetti, si è lasciata andare a un commosso «da oggi mi sento un po’ orfano», si comprende che cos’è stato Giuseppe Vegas per la vita parlamentare degli ultimi quindici anni. Nello stesso commiato semiserio del viceministro all’Economia proiettato ieri alla presidenza della Consob, c’è tutto il personaggio. «Partire è un po’ morire», ha farfugliato, abbandonando l’Aula di Montecitorio visibilmente commosso. E parlando all’assemblea si è scusato «perché è in qualche occasione capitato che non abbia dato qualche parere entusiasticamente favorevole». Mentre la nomina alla guida dell’autorità di controllo della Borsa l’aveva già liquidata in mattinata con una frase veltronian-demenziale: «Sono felice ma anche un minimo triste». Puro Flaiano. Ex liberale, tra i forzisti della prima ora e già sottosegretario del primo, breve governo Berlusconi, Vegas è sommo sacerdote delle finanziarie tremontiane da nove anni a questa parte. Tra i rari esseri viventi in grado di rimanere sempre a fianco a un personaggio non facilissimo come il ministro dell’Economia, Vegas non è solo uno delle massime autorità in materia di procedure parlamentari e di finanza pubblica. Nonostante le numerose pubblicazioni dai titoli eccitanti quanto una craniata su uno spigolo (per citarne solo due: “Spesa pubblica e confessioni religiose”, “Cittadino, Economia, Stato”) e l’aria ostentatamente triste, questo Buster Keaton condannato al cavillo è anche un noto battutista. Su un sito “quellidellafinanziaria”, che sin dal 2003 racconta la via crucis quotidiana di chi segue la legge di bilancio - sin da quando era ancora un disegno di legge con doppio passaggio in Parlamento e non un decreto - non si contano gli aneddoti su di lui. Di recente pare abbia raccontato una barzelletta sui tassi e le tasse dai risvolti un po’ osè (il senso è che le tasse la danno gratis ai tassi, ma tant’è). Chi lo conosce da anni ne apprezza piuttosto l’ironia paradossale alla Ennio Flaiano. Di recente, distratto dai commi causa bufera politica, pare si sia lasciato a un «i dietrologi sono quelli che ragionano con il c...». Insomma, mai chiedergli retroscena politici. Nato a Milano 59 anni fa, parlamentare da cinque legislature, è stato adottato politicamente dal Piemonte, ha una figlia ed è da poco nonno di due gemelle, Cristina e Sofia. Ama Le memorie di Adriano della Yourcenar e ascolta Vivaldi ed è, come dice di lui uno che ha frequentato molto il Tesoro, «tra i pochissimi di cui Tremonti si fida ciecamente. Perché sa che quando parla Vegas, è come se parlasse la Cassazione. Non lo cogli mai in castagna». Per i cronisti cavillosi, un mito, per quelli in cerca di notizie, una iattura. Telefonargli vuol dire sempre un tuffo al cuore, con lo scatto alla risposta e il suo «agli ordini!». Ma dopo dieci secondi il risultato è sempre lo stesso: anticipazioni o notizie, zero. Approfondimenti, quanti ne vuoi. Di scuola decisamente non tremontiana nel rapporto con i giornalisti, mentre il ministro si divertiva nei primi anni del Duemila ad allontanare i microfoni con frasi standard tipo «tendo ad escludere la mia presenza qui» o «sono un ectoplasma», Vegas li ha sempre aiutati a superare indenni le defatiganti nottate nelle commissioni Bilancio. Capace, con la testa lievemente piegata da un lato, a soffermarsi per ore sul comma di un subemendamento per il rilancio della zootecnia biodinamica. E di riservare un po’ di ironia anche alle trovate del suo stesso ministero. Quando si parlava tanto del taglio del due per cento all’aumento della spesa pubblica il Governo pensò bene di battezzare l’operazione “metodo Gordon Brown”. Lui, nell’intimo dei corridoi di Palazzo Madama, aggiungeva “all’amatriciana”. E la Corte dei Conti gli diede poi ragione: quei tagli, ciechi e orizzontali, erano fasulli. “Las Vegas” come lo chiamano in ambienti parlamentari (con modesta fantasia, per la verità) è anche uomo dalle scarse, ma ossessive fissazioni. Una è quella per gli sprechi degli enti locali. Una delle rare volte che è stato visto alterato, anzi, con la vena del collo letteralmente di fuori, è durante un intervento nell’Aula di Palazzo Madama in cui se la prendeva con un “Ufficio per i rapporti Roma-Israele” istituito presso il Comune, sotto l’allora sindaco Veltroni. «Rendiamoci conto», tuonò. In effetti. Chi lo conosce giura che Vegas è un uomo dal ferreo senso delle istituzioni. Certo, qualcuno dell’opposizione ha fatto notare ieri il poco elegante passaggio da un incarico governativo alla Consob. Non a torto, in linea di principio. Ma andrebbe ricordato che uno dei migliori ex presidenti fu il democristiano Enzo Berlanda, chiamato all’autorità quando era presidente di commissione al Senato. In ogni caso, quando nel 2004 lo scontro con Fini costrinse Tremonti alle dimissioni e Berlusconi assunse l’interim, al Tesoro la gente usciva, entrava e si intratteneva tranquillamente nella stanza del ministro. Dopo un po’ Vegas la chiuse a chiave.