Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 19/11/2010, 19 novembre 2010
I SIMBOLI DI DUE IMPERI
Lo stendardo lungo due metri e mezzo, che in un crescendo di lacche, sete, giade, ori e bronzi chiude la sezione cinese della mostra dedicata ai due antichi imperi di Roma e Cina, esce per la prima volta dal museo dello Hunan. Si potrà ammirare fino al 6 febbraio a Palazzo Venezia dove la mostra è stata inaugurata ieri, dopo la fortunata edizione milanese realizzata nella stagione scorsa. Ed è un’occasione veramente unica. Perfino nell’anteprima dell’esposizione, avvenuta a Pechino, si preferì sostituire l’originale con una copia, per paura di rovinarlo. Manufatto delicatissimo, scoperto nel 1972 nella tomba della necropoli di Mawangdui, è tessuto con un filo di seta talmente sottile da sembrare evanescente e dipinto con inchiostro e pigmenti su tutta la superficie. Posto sul sarcofago del marchese di Dai (all’epoca della dinastia Han, che va dal 206 a.C. al 220 d.C.), il drappo racconta il viaggio dell’anima del defunto verso il Cielo. Viaggio costellato di pericolosi ostacoli: l’anima deve affrontare un gigante seminudo sorretto da grandi pesci intrecciati, quattro draghi dalle fauci spalancate, tartarughe, uccelli dalla coda di pavone e altri dalle ali spiegate, rettili mitologici, esseri ibridi che montano cavalli bianchi con testa di drago. Al culmine, il Sole e la Luna, simboleggiati dal corvo e dalla lepre, accolgono l’anima eterea. L’altra, legata al corpo, continua in qualche modo a vivere nella sua dimora terrena. Per questo imperatori e nobili si facevano seppellire con tutti gli oggetti che avevano posseduto in vita, riprodotti in terracotta, a parte l’intero corredo delle vesti, che venivano piegate accuratamente nei sarcofagi come in un moderno guardaroba. Nelle fosse adiacenti venivano calate le statuette degli animali da cortile e i modellini dei palazzi posseduti, il vasellame ad uso domestico e i gioielli, gli attrezzi agricoli in ferro e le mattonelle raffiguranti spettacoli circensi. È da alcune di quelle tombe che arrivano gli oltre duecento oggetti esposti. Che si aggiungono ai duecentocinquanta reperti dell’antica Roma.
È la prima volta che vengono messe a confronto due culture mai entrate in contatto tra di loro, risalenti al periodo compreso tra il II secolo a.C. e il IV secolo d.C. E attraverso i reperti archeologici si ricostruiscono le tappe dei due imperi, romano e cinese, dalla nascita al declino. Nei primi due saloni di Palazzo Venezia, la sezione romana, curata da Stefano De Caro, offre il fulgore della Venere Pudica proveniente dall’Archeologico di Napoli e degli affreschi ritrovati a Pompei e a Boscoreale. Oltre alle monete con le immagini degli imperatori e alle iscrizioni che furono un potente veicolo per trasmettere ideologia e politica, e una religione dai forti tratti conservatori e al tempo stesso aperta ad apporti esterni. Nella sezione cinese, curata dal sinologo Maurizio Scarpari, si susseguono sculture e preziosi dipinti su seta. Tra i pezzi più pregiati, l’imponente sarcofago di legno, lacca e giada, appartenuto a un sovrano dell’antico regno di Chu e la veste funeraria del re Jian di Zhongshan (I secolo d.C.), costituita da migliaia di piastre in pietra di varie dimensioni cucite insieme con fili d’oro. Nell’allestimento romano, dopo aver constatato a Milano lo spaesamento dei visitatori davanti alle didascalie che riportavano solo i riferimenti alla dinastia, è stata aggiunta l’indicazione del secolo. Solo per oggi, prima giornata di apertura al pubblico della mostra, l’ingresso sarà gratuito. Intanto prosegue alla Curia Iulia, sede dell’antico senato nel Foro romano, la sezione della mostra inaugurata l’8 ottobre, che illustra la grandezza politica dei due imperi. Dieci statue dell’esercito di terracotta del Primo Imperatore, rinvenuto alla fine degli anni Settanta del secolo scorso a Xìan (Shaanxi), e due imponenti animali fantastici di pietra che, posti all’entrata della tomba preservavano i defunti dall’influsso degli spiriti maligni.
Lauretta Colonnelli