Sergio Bocconi, Corriere della Sera 19/11/2010, 19 novembre 2010
SOCCORSI ALLE BANCHE, DA EUROPA E USA FINORA 4.000 MILIARDI —
Hanno superato quota 4 mila miliardi di euro gli aiuti pubblici alle banche in Europa e Stati Uniti per superare la crisi. La cifra si ridimensiona, ma nemmeno troppo, se si guarda al «netto» di rimborsi o rinunce: i governi internazionali hanno riservato al sostegno di circa 1.400 banche 2.840 miliardi di euro. I dati si ricavano dall’aggiornamento sui piani di salvataggio agli istituti di credito realizzato da R&S-Mediobanca in occasione dell’ultimo rapporto su «Le maggiori banche europee». Dal quale, tra le altre cose, si ricavano alcuni «segnali» importanti: le big del continente hanno ricominciato a fare utili, ma registrano un nuovo boom di derivati. Crescono poi i crediti dubbi, e in particolare in Italia.
R&S-Mediobanca ha monitorato l’andamento dei piani di salvataggio fin da quando sono iniziati per far fronte alla crisi esplosa con i mutui subprime, cioè tra fine 2007 e l’inizio del 2008. La progressione è stata impressionante: la prima fotografia del dicembre 2008 mostra come gli Stati Uniti sono «partiti» subito con aiuti, fra interventi di capitale e garanzia, per 1.956 miliardi di dollari a 243 istituti, mentre in Europa si era a quota 402 miliardi per 45 banche. Oggi negli Usa siamo a 2.791 miliardi di dollari distribuiti su 1.257 banche fra grandi e piccole. Sono stati anche restituiti 740 miliardi di dollari, perciò al netto gli interventi ammontano a 2.051 miliardi di dollari. In Europa i sostegni sono più concentrati, hanno infatti coinvolto «solo» 155 istituti ai quali sono stati assicurati, fra capitale e garanzie, 1.931 miliardi di euro. Al netto di rimborsi e rinunce il totale è invece pari a 1.310 miliardi di euro, con un aumento netto di 300 miliardi da maggio a novembre. Giusto per fare un paragone comprensibile, i piani di salvataggio europei equivalgono a una via di mezzo fra i pil di Spagna e Italia. La distribuzione geografica degli aiuti non è comunque omogenea: in Italia sono stati assegnati (su richiesta degli istituti) Tremonti bond per 4,1 miliardi a quattro istituti. In Gran Bretagna e Germania invece le cifre sono ben diverse: Londra ha realizzato piani per 901 miliardi, 554 netti, su 18 banche con due istituti nazionalizzati e uno in amministrazione controllata; Berlino è intervenuta con 417 miliardi, 282 netti, su 13 banche. Ma anche Irlanda, Belgio e Olanda hanno impiegato ingenti risorse pubbliche: circa 100 miliardi a testa netti.
Dal rapporto di R&S-Mediobanca si ricava comunque che i 18 big europei del credito (per l’Italia il campione comprende Intesa Sanpaolo e Unicredit) hanno ricominciato a fare profitti. Nei primi sei mesi del 2010 l’utile netto aggregato è cresciuto del 42,5% rispetto allo stesso periodo nel 2009 a 40,5 miliardi, e il margine lordo è salito al 9,1% dal 5,5% del 2009. I ricavi sono aumentati del 10,8% a 247,8 miliardi, ma è diminuito dal 55,3 al 52,8% il contributo del margine di interesse, cioè della fonte principale di chi fa attività bancaria classica, retail, mentre sono tornati a crescere le altre componenti di ricavo. È tornata la finanza e in particolare i derivati vivono un nuovo boom: hanno raggiunto quota 4 mila miliardi di euro, in crescita del 25% rispetto ai 3.200 miliardi di fine dicembre 2009. Il loro peso complessivo sui bilanci è salito dal 18 al 21% e per alcuni istituti, come Deutsche bank, Ubs e Barclays è anche pari o superiore al 30%. I nostri big si pongono invece nella «fascia bassa»: in Unicredit sono al 12% del bilancio, Intesa Sanpaolo si attesta all’8%.
Sergio Bocconi