GUIDO RUOTOLO, La Stampa 19/11/2010, pagina 11, 19 novembre 2010
Ma nel paese del padrino fanno il tifo per Gomorra - No, non c’è nessuna bandiera esposta. Né listata a lutto né per festeggiare
Ma nel paese del padrino fanno il tifo per Gomorra - No, non c’è nessuna bandiera esposta. Né listata a lutto né per festeggiare. Piove e Casal di Principe il giorno dopo è un paesone che sembra disorientato. Che bello, l’altra sera: una trentina di cittadini - c’era anche l’ex sindaco che i Casalesi volevano morto, Renato Natale - si sono dati appuntamento sotto la villa di Pasquale Apicella il Casalese. Una villa confiscata e trasformata in una sezione della squadra mobile di Caserta. Verrebbe da dire un «covo» di partigiani della legalità che combattono l’Antistato, ma in realtà non è neppure l’«avamposto» dello Stato. E’ una felice isola di investigatori, di segugi, di tecnici informatici e periti elettronici che si danno daffare per bonificare il territorio, catturare i latitanti, inchiodare i complici e smascherare la zona grigia. Anche acrobati se serve, che s’arrampicano su piloni dell’Enel per piazzare una telecamera o, attraverso porte o finestre, per entrare nelle case dei Casalesi. Di certo, dovrebbero passare visita cardiologica ogni mese, per dire quanto l’adrenalina e il batticuore potrebbero fare brutti scherzi. Che bello, l’altra sera. Hanno citofonato, i ragazzi di quella rete di associazioni per la legalità che trovano in Libera la sponda nazionale, e al piantone hanno espresso la loro felicità. Quello spumante l’hanno bevuto con i militari che fanno da guardiani alla struttura della polizia di Stato. Che bello. Un inizio, perché è dura davvero. Qui, prendere le distanze da Gomorra è un processo che ancora non è iniziato, per dirla con l’ex sindaco Natale, neppure «dal punto di vista culturale ed economico». I commenti della gente raccolti con la telecamera e i microfoni è peggio di una rilevazione auditel. Passi da quello che dice «a me non hanno fatto nulla», a silenzi eloquenti o ai vicini che dicono «brava gente». Qui, nella villa che sembra quella di Scarface, con l’immancabile vasca Jacuzzi, marmi neri e bianchi, dal giugno del 2008 ci sono i ragazzi della Mobile di Caserta che giorno e notte danno la caccia ai latitanti. Le pareti del corridoio sono tappezzate da foto, didascalie, numeri. Sono le «prede» finite in gabbia. Il nostro Cicerone è una mitraglia: conosce a memoria tutti gli arresti, nomi, date e luoghi. «Il 3 settembre fu il primo. Avevamo iniziato il 15 giugno il lavoro. Si chiamava Pacifico Dionigi. Poi, l’8 novembre, i due killer del gruppo Setola, Antonio Alluce e Davide Granato». Insomma, per farla breve, 15 arresti nel 2008, 50 nel 2009.I ragazzi pronunciano i nomi come se fossero tutti boss arcinoti all’opinione pubblica. Un giro per Casal di Principe. Anzi un tour mirato: le ville dove sono stati catturati i latitanti. Dice il poliziotto: «Spendono di più per le mura di cinta che per la stessa casa». I vicoli stretti, le strade polverose, non asfaltate, i rifiuti ai lati. Potrebbe essere uno di quei paesi del narcotraffico colombiano o messicano. Via Cavour. L’ultimo cancello di ferro è quello dove hanno catturato Antonio Iovine. Casa di Marco Borrata. Qui ci passava spesso. Le indiscrezioni dicono che ‘O Ninno fosse uno «sciupafemmene». Insomma a 46 anni, con tre figli e una dura latitanza alle spalle, avrebbe avuto un mucchio di relazioni con donne. Devota alla Madonna di Lourdes, la famiglia Iovine. Carmine jr si chiama Carmine Bernadette. E’ uno dei tre figli di Antonio il boss. Chissà adesso che succederà? E’ vero, quelle microspie piazzate nelle auto o nella cintura potrebbero inseguire il sospetto fino in capo al mondo, visto che il rilevatore gps è satellitare. Ma intanto, gli affari recenti di Antonio, portano al Veneto, alla Emilia Romagna, alla Toscana. Costruzioni, appalti pubblici e monnezza. Adesso che è stato neutralizzato, chi gestirà gli affari del boss? Quanti spazi vuoti si creeranno nei prossimi giorni? La sala ascolto, perché a Casal di Principe e nei territori di Gomorra i pedinamenti sono poco consigliati. Anzi, qui i pedinamenti sono «elettronici». In questo momento, una ventina di «target mobili», automobili, dove sono state montate le «purpette», che sarebbero le «cimici» insomma i microfoni e i rilevatori gps. Sul tavolo del laboratorio c’è una chicca: una cintura di cuoio con un piccolo marsupio, giusto lo spazio per il microfono e il rilevatore gps. Sta per andare in pensione la cintura. E’ servita, eccome. Il confidente, il collaboratore l’hanno indossata per far parlare l’obiettivo, per incastrarlo. Adesso a Casal di Principe è iniziato il conto alla rovescia: prima di Natale anche Mario Caterino e Michele Zagaria, gli ultimi due Casalesi latitanti, finiranno la loro carriera criminale.