Marianna Aprile, Oggi, n. 46, 24 novembre 2010, pag. 34, 24 novembre 2010
FELTRI: "L’ORDINE MI HA SOSPESO, MA IO NON MOLLO"
Tre pacchetti di sigarette in fila sulla sua scrivania, al terzo piano di via Negri, sede del Giornale, il giorno dopo la sospensione di tre mesi dall’Ordine dei giornalisti per il «caso Boffo». Quando arriviamo, Vittorio Feltri ha appena appreso che la sanzione non è esecutiva: il direttore editoriale del quotidiano diretto da Alessandro Sallusti potrà scrivere fino alla notifica da parte dell’ufficiale giudiziario, entro 30 giorni dalla condanna. Per ora, quindi, l’effetto bavaglio paventato dai sostenitori è scongiurato. Ma poiché alla vigilia della sentenza lui aveva dichiarato a Luca Telese del Fatto Quotidiano che, in caso di condanna, avrebbe potuto lasciare il Giornale, sono fiorite le ipotesi sul «dopo»: un nuovo quotidiano; un Fatto di destra con Giorgio Mule e Maurizio Belpietro; una nuova testata, Fuori dal coro, già registrata con Sallusti e Daniela Santanchè, ha scritto Il Foglio di Giuliano Ferrara. «Se non rettificano li querelo. Potevano telefonare prima di scrivere...».
Lei telefonò a Boffo?
«No. Si chiama chi si conosce, e io Boffo non lo conosco».
Va via dal Giornale?
«Credo di essere libero di decidere della mia vita in qualsiasi momento. Quando davvero non potrò più scrivere deciderò. Potrei andare in pensione, ritirarmi o dedicarmi ad altri progetti editoriali».
E’ vero che ha litigato con Alessandro Sallusti?
«Abbiamo un buonissimo rapporto dal 1990. Nessun litigio».
Però quando ripercorre i casi che le hanno attirato critiche è sempre a lui che attribuisce la responsabilità.
«Su Boffo avevo ordinato verifiche che non sono state accurate. È stato un problema di linea di controllo, non di Sallusti, che comunque era il direttore non un ospite».
Poi c’è stata la prima pagina su Veronica, velina ingrata, con la Lario a seno nudo.
«Quella foto la portò Sallusti, il che lo considero un suo merito, sia chiaro».
Da dove veniva lo scatto? Quel tipo di immagini non erano state tolte dalla circolazione?
«Fu segnalata a Sallusti su Internet».
E non le parve strano?
«La foto era lì, cosa le devo dire. E dovendo noi fare un servizio sulla lettera della Lario a Repubblica l’abbiamo pubblicata. Se la signora avesse tenuto i suoi problemi in famiglia non sarebbe successo. Se ci pensa, la devastazione politica del marito è nata da lì».
A tirar fuori il ciarpame nelle liste siete stati voi. Veronica vi è venuta dietro.
«Non mi piace che le candidature avvengano in base a valutazioni diverse dal merito».
E la storia della Lario fidanzata con la bodyguard?
«Sallusti fece un’intervista a Daniela Santanchè, ex parlamentare, che raccontava questo. E la Lario non ha querelato né in sede civile né penale».
Lei ha definito «confuso» il Cavaliere. Ci spiega?
«Sembra non avere né una strategia né una tattica. Segno di una confusione dovuta a mille problemi e a una certa mancanza di cautela: Ruby, la polemica sui gay, la lite con Fini e la nascita di Fli... Chiunque sarebbe confuso».
È al tramonto?
«Lo sento dire da 16 anni. Ma tanti parlamentari di prima nomina perderebbero il diritto alla pensione se il governo cadesse ora, chissà... Potrebbe riuscire a scongiurare il governo tecnico e andare a elezioni».
Ritiene probabile l’ipotesi di un salvacondotto giudiziario al premier in cambio di un’uscita di scena?
«Bisognerebbe scrivere una legge inattaccabile. E finora non mi sembra che ne siano state scritte di compatibili con la Costituzione. Sa qual è la mia idea?».
Dica.
«Già nel 2001 Berlusconi avrebbe dovuto ripristinare l’immunità parlamentare, prevista nella Costituzióne e abolita dopo Mani Pulite. L’immunità è compatibile con l’obbligatorietà dell’azione penale. In mancanza di quella, è giusto assoggettare i pm all’esecutivo».
Non è un corto circuito far fare una riforma della giustizia a un premier imputato e indagato?
«Il corto circuito c’è. Ma per uscirne bisognerebbe che la sinistra collaborasse a una riforma condivisa, e non ha interesse a farlo, perché perderebbe un’arma micidiale, quella giudiziaria».
Berlusconi non vuole la riforma elettorale. Teme di non
stravincere senza il premio di maggioranza del Porcellum?
«Ha vinto anche nel 2001 quando la legge era un’altra». Ma un ritorno alla preferenza popolare non farebbe bene al Pdl, in cui serpeggia il malcontento?
«Che una quota delle liste sia riservata al Cavaliere è un problema, certo. Ma le preferenze sarebbero un errore, sono una fonte di corruzione, si è visto con Tangentopoli». Si potrebbe dire lo stesso della designazione.
«Il sistema perfetto non esiste, i partiti non sono democratici. Bisognerebbe fare come in Inghilterra, con i collegi in cui due candidati si scontrano e il più votato va avanti. Ma questo presuppone congressi, criteri selettivi... A quel punto anche le nomine farebbero meno danni, perché una scrematura ci sarebbe già stata».
L’impressione è che ultimamente il Cavaliere sia stato quasi «commissariato».
«Talvolta da ragione ai falchi, talaltra alle colombe. Con chi va più d’accordo? Non si capisce, è confuso, appunto».
Si vota domani. Che cosa succede?
«Nulla di diverso dalle ultime elezioni. Fini può al più rastrellare simpatie a sinistra, in quanto antiberlusconiano. Qualcuno dell’Idv potrebbe sentirsi meglio rappresentato da lui che non da Tonino Di Pietro, che infatti è tesissimo».
Di Pietro ha detto: «Se si va alle elezioni tra due anni Berlusconi ci fa un mazzo tanto».
«Lo penso anche io. Sono spesso in sintonia con le analisi di Di Pietro, che considero un amico».
Torniamo al Giornale. Lei ha detto: «Appena arrivo, mi dicono: Bisogna difendere Berlusconi».
«Il Giornale è della famiglia Berlusconi, ed è una cosa che alla fine interiorizzi. E poi Bersani ci stava sulle palle, Rutelli non poteva certo essere il nostro faro... Silvio andava difeso per esclusione, ma non gli ho mai lesinato critiche. L’ultima, in un editoriale su Ruby».
Lui s’è arrabbiato?
«Non mi telefona per suggerire e neanche per criticare. L’unica arma che ha è licenziarmi».
Oggi, va ancora difeso?
«Non essendo cambiati i suoi avversari, direi di sì».
Un pidiellino anonimo ha detto: «I problemi del Cav sono iniziati quando ha sostituito Confalonieri con la Santanchè e Letta con Lele Mora».
È d’accordo?
«Non penso che la Santanchè sia davvero una consigliera così ascoltata. Su Lele Mora, mah... è esagerato. Il vero problema di Berlusconi è la magistratura, che negli ultimi 16 anni lo ha preso di mira».
Soltanto perché è sceso in campo?
«Non dico che sia un angelo, ma che è diventato un demonio quando ha battuto la sinistra di Achille Occhetto. Magari per meccanismi inconsci ne è nato un astio da parte della magistratura».
Non potrebbe esser dipeso dal fatto che, da premier, ha avuto più occasioni di infilarsi in situazioni equivoche? «Sicuramente. Io al suo posto per esempio mi sarei liberato delle aziende».
E quindi del famigerato conflitto di interessi.
«Negare che ci sia è da idioti».
Fa più danni al Berlusconi-politico o al Paese?
«Non lo so. Ma la sinistra, che governò dal 1996 al 2001, non lo toccò. Due le ipotesi: sono stupidi o hanno voluto mantenerlo per usarlo come arma».
Quale la più probabile?
«Tendo a non sopravvalutare il prossimo: non penso sia diabolico, piuttosto che sia stupido. Io stesso faccio errori non perché sono maligno ma perché colto dalla famosa "ora del cretino"».
Qual è stata l’«ora del cretino» del premier?
«Intrattenere rapporti con tutte quelle ragazze, esibirli, quindi esporsi a critiche. Insomma, non esercitare la prudenza. Lui dice di essere un uomo libero, ma gli elettori potrebbero non tollerare certi eccessi».
Meno ragazze, quindi...
«Si favoleggia anche sul numero di amplessi. Che tra l’altro non può esser sintomo di una malattia, come dice la moglie, piuttosto di una salute di ferro. Io ho sette anni meno di lui, ho ancora la mia prostata, eppure faccio fatica».
Berlusconi scatena complessi di inferiorità nei 60-70enni? «Se hai il mio temperamento te ne freghi».
Magari il governo non cade, ma il premier rischia di scadere per la sua visione della donna: grandi numeri, estetica catalogata...
«Sono tutte bòne. Ma io ho una visione diversa: faccio fatica con una, gratis, figuriamoci con cinque a pagamento, anche se lui dice che non le paga».
Lei è mai stato alle cene del premier?
«A quelle in cui sono stato io c’erano Confalonieri, Fede, Sallusti...».
Quindi non ha visto la discoteca sotterranea?
«No, ma la prima volta che andai lì nel 1993 mi mostrò il mausoleo funebre di Cascella. Sorrisi e ammetto che mi toccai per scaramanzia».
E’ bello, il mausoleo?
«Io sarei per una più discreta urna cineraria».
I problemi di Fini e di Berlusconi hanno in fondo a che fare sempre con le donne.
«Le donne incidono da sempre sugli eventi dai tempi di Omero. Cercano sempre di esercitare un’influenza. E comunque la Tulliani, per dire, sarebbe perfetta al ministero dell’Economia al posto di Tremonti, visto il miracolo che è riuscita a fare con i 500 milioni di lire che aveva vinto al Superenalotto. In linea di massima, ognuno ha le donne che si merita».
Ha superato qualche limite negli ultimi due anni?
«L’unica cosa che non avrei fatto è quella su Boffo, col senno di poi. Certo, potevo telefonare, aspettare un giorno... Ma non si può controllare tutto e, a posteriori, pensi sempre che avresti potuto fare meglio. La verità è che servirebbero due vite...».
Nella sua seconda vita c’è un Fatto Quotidiano di destra?
«La formula del Fatto - redazione snella, poche spese, notizie e opinioni forti - è vincente, un giornale boutique. Se dovessi fare un giornale lo prenderei a modello. Certo, con contenuti diversi... Ma mica ho detto che lo faccio».