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 2010  novembre 18 Giovedì calendario

L´IPAD COME CIUCCIO ECCO I BIMBI HI-TECH

Toccano, sfiorano, cliccano, provano: fanno touch e il mondo cambia. Più piccoli tra i piccoli, a tre anni si destreggiano nella tecnologia al pari dei loro fratelli maggiori, disegnano, fotografano, ascoltano musica, dopo aver spinto qua e là a casaccio trovano il punto giusto, c´è da giurarci, il congegno si accende, e da quel momento è loro, che sia un iPad o un iPhone, provate a riprendervelo e sentirete gli urli... Biberon e pc, ecco la "touch generation", definizione rubata al mondo dei videogiochi, ultimi arrivati nel mondo delle tribù digitali: per loro anche il mouse è roba vecchia, a 5 anni nel 29% dei casi sanno utilizzare da soli un computer e il 9% sa come navigare in Internet, secondo i dati dell´indagine Doxa 2010 sui bambini e adolescenti.
Ma chi sono questi ragazzini che sembrano arrivare da un ultramondo e invece abitano le nostre case? Impareranno a leggere, a scrivere, a fare i calcoli, ad allenare la memoria, senza, appunto, un touch su un computer? Al mistero dei "nativi digitali", dai "bimbi-touch" ai "millennials", è dedicato un convegno dell´università Bicocca di Milano che si apre oggi, e dal titolo "Digital Learning. Scuola, apprendimento e tecnologie didattiche". Perché in pochi anni è cambiato tutto, quel mondo si è frazionato in più generazioni, e alle porte della scuola, anzi già dentro le aule, è arrivato un esercito di bambini ultra-sapienti in nuove tecnologie, ma ultra-inesperti forse nel ragionamento, nella riflessione, nella capacità d´ascolto. Dicono i dati della capillare indagine Doxa, che saranno presentati oggi a Milano, che tra gli 8 e i 9 anni il 18% di questi baby pre-adolescenti possiede un telefonino, e tra gli 8 e i 13 anni il 54% utilizza il pc per andare su Facebook. Un "megaminimondo" dotato di autostrade tecnologiche di incredibile potenza ma a misura di bambino. Spiega Paolo Ferri, docente di Teoria e tecniche dei nuovi media alla Bicocca: «A lungo si è parlato soltanto di nativi digitali, ma noi sappiamo che anche uno scarto di pochi anni crea differenze enormi. Da 0 a 12 anni noi abbiamo i "touch" e poi i nativi digitali "puri" che si differenziano dai più grandi perché sono venuti al mondo già in ambienti tecnologici, creati dagli adulti o dai fratelli maggiori, i "millennials", che hanno tra i 14 e i 18 anni. Diverso è poi il caso dei "migranti digitali", gli universitari, che provengono dal mondo analogico e via via hanno imparato un nuovo linguaggio». La grande differenza è sui metodi di apprendimento. «I bambini della generazione "touch", cresciuta con la Playstation e SuperMario, sono abituati fin da piccolissimi a risolvere i problemi che i videogame gli pongono. Sono abituati a fare, ad essere attivi. Poi arrivano a scuola e vengono catapultati in una dimensione molto più lenta, spesso ferma. E qui cominciano i problemi».
I bimbi-touch usufruiscono a casa di un parco tecnologico che poi non ritrovano altrove. «In realtà - dice Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta - sono gli adulti ad essere i più spaventati dalla velocità con cui i figli si impadroniscono di strumenti verso i quali loro sono ancora inesperti. Ma è impossibile fermare questo sviluppo. Nessuno di noi può dire dove questi bimbi-touch arriveranno. Ma gli adolescenti ad esempio sanno benissimo che ci sono più vite e più realtà. Provate ad organizzare una caccia al tesoro: credo che i bambini-touch non ci penserebbero due volte a mollare i loro videogame».
Conclude Susanna Mantovani, ordinario di Pedagogia all´università Bicocca, autrice di diverse ricerche sui "digital kids": «Io stessa sono una tecnofoba pentita. Ero un´acerrima nemica dei computer nella vita dei bambini, poi ho cominciato a capire le infinite potenzialità di questo mondo, di cui i più piccoli sono diventati i protagonisti. Gli universi possono convivere, la scuola si deve aprire ma anche conservare le proprie caratteristiche educative. E saranno i bambini a fare la sintesi, abilissimi come sono a imparare mille cose insieme».