ELENA LISA, La Stampa 18/11/2010, pagina 88, 18 novembre 2010
Domande e risposte: Come funzionano i permessi premio? - Luigi Chiatti, il mostro di Foligno, ha ottenuto il primo permesso premio dopo 17 anni di carcere
Domande e risposte: Come funzionano i permessi premio? - Luigi Chiatti, il mostro di Foligno, ha ottenuto il primo permesso premio dopo 17 anni di carcere. Perché gli è stato concesso? Perché ne aveva i requisiti. Il permesso premio è dato ai condannati che durante la pena hanno tenuto una condotta regolare e che non sono ritenuti socialmente pericolosi. A concederlo è il magistrato di sorveglianza dopo aver sentito il direttore dell’istituto penitenziario, e non può superare i 15 giorni. La durata massima raggiunge i 45 complessivi in un anno di espiazione. Quali reati includono la possibilità di richiedere permessi premio? Praticamente tutti. Compresi i più gravi come l’omicidio. Sono consentiti per condanne fino a 3 anni di carcere. Per reati che ne prevedono fino a 10 occorre aver espiato almeno un quarto della pena. Per quelli che li superano bisogna averle espiato la metà. Chi sconta l’ergastolo deve averne passati in carcere almeno 10. Esistono limiti alla concessione dei permessi? I detenuti e gli internati per reati associativi possono godere di permessi premio solo se scelgono di collaborare con la giustizia o vorrebbero farlo ma ci sono ostacoli che lo impediscono. Chi ha commesso un reato grave come l’omicidio, la rapina aggravata, l’estorsione o reati di terrorismo, può ottenerne uno solo se non sussistono prove di un collegamento con la criminalità organizzata o eversiva. Cosa prevede la legge per chi è evaso o a commesso un delitto durante un permesso ? «Gli evasi non possono ottenere permessi premio per 3 anni. Il divieto raggiunge i 5 nel caso in cui siano stati commessi reati che prevedono una condanna fino a 3 anni». Ma per reati gravi, come l’omicidio, la pedofilia, lo stupro come si può concepire un premio? Qual è il valore? Il permesso premio ha una radice «umanitaria». Rappresenta lo strumento con cui si può consentire a chi è stabilmente privato della libertà di trascorrere un breve periodo nell’ambiente libero con l’obbligo del rientro spontaneo nell’istituto penitenziario. È un premio finalizzato alla «coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro» e può essere concesso come parte integrante del programma di trattamento e di reinserimento sociale. Al riguardo va detto che la dottrina giuridica ha molto discusso: c’è chi critica la dimensione «premialistica» dell’ordinamento e chi, invece, ne sottolinea il carattere sociale e rieducativo. Cosa distingue un permesso premio da uno ordinario? I permessi premio, regolati dall’articolo 30, sono stati introdotti dopo quelli ordinari. Esattamente con la mini-riforma penitenziaria dell’ordinamento penitenziario realizzata con la promulgazione della legge numero 663 del 1986, la «legge Gozzini». Se i più recenti rispondono a una funzione di umanizzazione della pena, i permessi premio di tipo ordinario, invece, sono stabiliti per far fronte a circostanze gravi ed eccezionali (comelutti, malattie) che si sono verificate all’esterno della vita carceraria. Le motivazioni per ottenerlo devono essere «affettive», «culturali» e di «lavoro». Che significa concretamente? Gli interessi affettivi sono legati alla sessualità dei detenuti, in particolare di quelli condannati all’ergastolo. Gli interessi culturali, invece, riguardano il «diritto all’istruzione» e si riferiscono al completamento o all’ampliamento della formazione scolastica e culturale del detenuto. Spesso, i permessi premio, vengono concessi per sostenere gli esami universitari. L’interesse di lavoro coinvolge le attività che possono essere svolte solamente con la saltuaria e temporanea uscita dal carcere: per esempio, in previsione del regime di semilibertà, fare colloqui con datori di lavoro e prendere contatti. Chi deve verificare che tali motivazioni esistano e non siano pretesti? Il magistrato di sorveglianza deve valutare l’effettiva sussistenza di tutti e tre i requisiti. Ma il parere dell’istituto penitenziario è fondamentale per la valutazione della «regolare condotta» carceraria del detenuto, elemento indispensabile per richiedere il permesso. Chi, tra i colpevoli dei fatti di cronaca più noti, ha usufruito del permesso premio? L’ex poliziotto Marino Occhipinti, uno dei killer della banda della Uno Bianca, condannato all’ergastolo. Renato Vallanzasca: 260 anni per sequestro e omicidio. Giusva Fioravanti capo del gruppo terroristico di estrema destra Nuclei Armati Rivoluzionari. E Angelo Izzo, uno degli assassini del Circeo. Durante un permesso premio tentò di evadere. Grazie a un secondo commise, in concorso, un duplice omicidio.