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 2010  novembre 18 Giovedì calendario

Il “modello Torino” per il futuro di Detroit - La parola chiave è densità. Si vive di densità, si muore di rarefazione

Il “modello Torino” per il futuro di Detroit - La parola chiave è densità. Si vive di densità, si muore di rarefazione. Chi abita in una città europea molto probabilmente non ci ha mai pensato, ma il sindaco Dave Bing ha questa idea in testa ogni giorno, da quando è diventato l’anno scorso il primo cittadino di Detroit. Ex campione di basket (per i Detroit Pistons) è stato sette volte nelle All Stars. Quando ha smesso, negli Anni Settanta, la squadra ha ritirato la sua maglia, che aveva il numero 21. Ha vinto tutto, ma adesso la partita che sta giocando è terribilmente difficile, perché quella che era la grande metropoli dell’auto si è avvitata in una crisi spaventosa. Bing è in questi giorni a Torino, con il suo staff, per studiarne la riconversione post-industriale, nel quadro del gemellaggio fra i due comuni e sotto l’egida della Fondazione San Paolo. Ieri si è incontrato con il sindaco Chiamparino al teatro Vittoria, per una sorta di bilancio in corso d’opera con il direttore della Stampa Mario Calabresi. Quello che più lo ha colpito non sono le realizzazioni olimpiche, la trasformazione urbana o i meccanismi di concertazione. È stata la gente, spiega: e il fatto che sia solidale, ma soprattutto tanta. «La nostra affronta situazioni tragiche, in molti casi senza speranza - dice -. La disoccupazione è al 30 per cento, c’è paura, rabbia, droga; due o tre generazioni non hanno ricevuto un’educazione adeguata, e sarebbe persino difficile proporre ad esse un lavoro, se pure fosse possibile, perché non sarebbero in grado di farlo». Tutto questo ha un nome: è il risultato di una crisi economica dovuta al crollo delle grandi fabbriche, ma si alimenta in proporzione geometrica con la rarefazione urbana. Su una superficie molto più vasta di quella di Torino vivono a Detroit 800 mila abitanti (nel 1950 erano più del doppio). La crisi dei mutui ha colpito duro e ora, fra case abbandonate da chi si è trasferito nei sobborghi o ha scelto un’altra città e case pignorate, si è giunti alla situazione piuttosto spaventosa che in certi quartieri vivono in tutto una o due famiglie. Intorno, un vuoto popolato di edifici chiusi o fatiscenti, nella città che era cresciuta con la classe media costruendo sterminate distese di villette. «Quando perdi mezza popolazione, il numero delle case abbandonate diventa smisurato». Per rinascere, spiega il sindaco-campione, la ricetta è una sola: abbattere per creare densità, ovvero «spostare le gente, il che non è facile; ma è l’unica soluzione». Dave Bing ha lanciato le ruspe. Nel suo programma c’è una serie impressionate di demolizioni, che inizierà, annuncia, in aprile con le prime tremila abitazioni considerate pericolose, date le precarie condizioni in cui versano. Non ci si fermerà lì. Detroit cerca di convincere i suoi abitanti a stringersi insieme per combattere la crisi, invogliare possibili nuovi residenti verso la Downtown, sul fiume. Ma non solo: quegli spazi, spiega il sindaco, non verranno riedificati. Porteranno semmai l’agricoltura in città. È questo un altro punto del suo piano d’azione, «certamente non decisivo in termini quantitativi», ammette, ma ancora una volta funzionale a quella ricerca della densità perduta. «Potremmo coltivare ortaggi, verdure, cibo immediatamente consumabile. Si è sempre detto che Detroit è un deserto da questo punto di vista». Attirare abitanti per non morire è una ricetta semplice sulla carta, piuttosto complicata da mettere in atto. Ma per lui il bicchiere è mezzo pieno. «Abbiamo il terreno meno caro di tutto il Midwest», spiega, e non sembra né ironico né sarcastico. «Stiamo cercando di rimettere tutto in gioco, attraverso incentivi ai residenti e anche alle aziende, per esempio quelle commerciali». Non è la sola sfida. Ci sono le generazioni forse perdute, da educare; ci sono i «lavoratori di domani». Ma intanto la città ha scoperto il cancro che la sta divorando, e ritiene di aver trovato il bisturi. E’ una situazione in fondo abbastanza atipica, ma nella sua spietata singolarità mette in primo piano uno schema poco usuale nella competizione fra grandi centri urbani. Troppa folla farà anche venir mal di testa, ma quando per le strade e nelle case non c’è nessuno, allora la situazione è davvero grave. «Fra un anno venite a vedere quel che abbiamo fatto; troverete una città in pieno cambiamento», è il saluto del sindaco Bing. E a Natale? Dalla platea, un docente della London School of Economics gli chiede: che cosa vorrebbe da Obama sotto l’albero? A parte il sospiro di sollievo di Chiamparino («Non mi ha fatto la stessa domanda su Berlusconi»), il sindaco di Detroit è diplomatico. Forse non trova la battuta, o forse trova proprio quella giusta: «Ci farebbe un enorme piacere se tornasse per una visita nella città che l’ha tanto sostenuto».