VITTORIO EMANUELE PARSI, La Stampa 18/11/2010, pagina 19, 18 novembre 2010
Balcani irrequieti l’Ue non seduce più - L’ Unione Europea continua a perdere complessivamente smalto agli occhi delle opinioni pubbliche dei Balcani Occidentali, e però la prospettiva di membership risulta essere ancora seducente per la gran maggioranza dei cittadini degli Stati sorti dalle ceneri della ex Iugoslavia (63% in Serbia) e in Albania (93%)
Balcani irrequieti l’Ue non seduce più - L’ Unione Europea continua a perdere complessivamente smalto agli occhi delle opinioni pubbliche dei Balcani Occidentali, e però la prospettiva di membership risulta essere ancora seducente per la gran maggioranza dei cittadini degli Stati sorti dalle ceneri della ex Iugoslavia (63% in Serbia) e in Albania (93%). Paradossalmente, solo in Croazia, il Paese più prossimo a raggiungere l’Unione, cresce la disaffezione e la diffidenza verso Bruxelles, al punto che, se oggi si dovesse tenere un referendum sull’adesione, il «partito» pro-Europa uscirebbe sconfitto (38%). I maligni potrebbero commentare che, a vederla da vicino, mentre si sostengono i costi necessari per l’adesione, l’idea di Europa perde molto del suo fascino romantico, e svanisce quell’aura da «re taumaturgo» che sembrava possedere quando la si poteva solo sognare o scorgere in lontananza. Alternativamente, si può ben dire che proprio la freddezza verso l’adesione attesta quanto sia serio il processo e quali radicali trasformazioni imponga ai Paesi candidati affinché possa andare a buon fine: ragione per cui proprio la sensazione di disincanto verso l’Unione (sperimentata in tutti i Paesi candidati a mano a mano che l’adesione si approssimava) dovrebbero rassicurare tutti noi circa il fatto che gli ulteriori allargamenti non conosceranno scorciatoie o «magheggi». È un quadro coerente eppure variegato quello che emerge dal Gallup Balkan Monitor 2010 realizzato dalla divisione europea dell’istituto di ricerca americano per conto dello European Fund for the Balkans, iniziativa che vede unite in uno sforzo pluriennale diverse prestigiose fondazioni europee, tra cui la torinese Compagnia di San Paolo. La crisi economica fa sentire i suoi morsi un po’ in tutta la regione con il 52% dei Croati e il 78% dei Serbi che faticano a far quadrare il bilancio domestico, dove chi è senza lavoro non ritiene che nel corso del prossimo anno la sua situazione muterà (impressionante il dato bosniaco, dove questo sentimento è condiviso dal 74% dei disoccupati). Non deve stupire che in tutti i Balcani Occidentali una parte cospicua della popolazione ritenga di avere maggiori opportunità all’estero, con un trend che rispetto all’anno passato è in ascesa in Croazia (+17%) e Montenegro (+14%), mentre è in calo in Kosovo (-25%) e in Albania (-12%), pur restando attestato su valori complessivamente alti (intorno al 50% in tutti e quattro i Paesi menzionati). Complessivamente si può dire che sia finita l’euforia per una ripresa economica postbellica le cui aspettative sono state largamente disattese, mentre restano elevati i livelli percepiti di corruzione (91% dei Kosovari ritiene altamente corrotte le istituzioni nazionali). Sul fronte delle buone notizie, si diffonde sempre di più l’idea che un nuovo conflitto regionale sia decisamente improbabile: è l’opinione del 62% dei Serbi e dell’88% dei Croati intervistati. Ma ancora una volta sono i dati bosniaci a essere i più impressionanti: con un incremento rispetto all’ anno passato del 22%, un bosniaco condivide questa opinione, nonostante la divisione del Paese in due unità di fatto distinte lungo linee etnico-religiose (Federazione Croato-Bosniaca e Repubblica Serpska). Passando rapidamente ai dati più significativi Paese per Paese, è possibile osservare come in Albania il sostegno alla Ue resti molto alto (81%), così come l’approvazione per l’operato dei propri leader (48%) e il sentimento di essere ben rappresentati nel sistema politico (60%). I Bosniaci ritengono che la data della loro possibile adesione all’Unione sia oggi più vicina di 4 anni (2018) di quanto pensassero l’anno scorso. Per un Paese duramente lacerato da un conflitto etnico-religioso, è significativo notare come i Croato-cattolici e i Serbo-ortodossi ritengano che la religione giochi oggi un ruolo maggiore nella propria vita rispetto agli anni passati: sentimento non condiviso dai Bosniaco-musulmani, con buona pace di chi teme che la Bosnia possa un giorno rappresentare una sorta di cavallo di Troia per la diffusione del radicalismo islamista nell’Unione Europea. Peculiare della Croazia è l’aumento di fiducia nei confronti della magistratura (+25%) associato al 70% di sfiducia verso la propria leadership nazionale. Se qualcosa poi unisce i Serbi e gli Albanesi del Kosovo, questo è il rifiuto per soluzioni di compromesso del conflitto con la Serbia (oltre il 90% per le due etnie). L’abolizione dell’obbligo di visto per i l’ingresso in Europa non sembra aver prodotto effetti significativi sulla percezione dell’Unione in Macedonia, mentre ne ha rafforzato il giudizio positivo in Montenegro (73% di approvazione per la Ue), la cui opinione pubblica mostra anche ottimismo rispetto alla riduzione dell’influenza del crimine organizzato e alle prospettive di ripresa economica. I Serbi, infine, si dimostrano tenaci come li dipinge la tradizione: benché la crisi non li risparmi e le prospettive di aderire alla Ue appaiano meno immediate, la percentuale di coloro che vorrebbero emigrare è tra le più basse dei Balcani e in 4 anni è passata dal 25% al 19% mentre i disoccupati serbi appaiono essere i meno pessimisti della regione.