Giovanni Sartori, Corriere della Sera 18/11/2010, 18 novembre 2010
UNA REPUBBLICA ASSAI CONFUSA
La nostra Seconda Repubblica lascia poche tracce di opere compiute, di riforme ben fatte e di problemi risolti. In compenso ha profondamente inquinato il vocabolario costituzionale e perciò stesso la nostra Costituzione e la politica che ne discende.
Comincio da «ribaltone». È una parola che non è accolta in nessun testo di nessun’altra democrazia parlamentare, visto che cambiare governo e cambiare maggioranza (o anche cambiare partito) costituisce parte integrante del loro modus operandi, del loro funzionamento. I sistemi parlamentari sono per eccellenza sistemi flessibili che nel corso del loro cammino possono benissimo cambiare personale e politiche.
Secondo: «Porcellum». È così che viene chiamata, con ragione, la nostra vigente legge elettorale. Ma perché è una porcheria, una porcata? Secondo Fini è perché non consente all’elettore la scelta del proprio rappresentante. Ma questa è una tesi puramente demagogica. Ricordo che noi abbiamo avuto un sistema proporzionale che consentiva all’elettore quattro-tre preferenze, poi ridotte ad una, e che queste preferenze sono state cancellate nel 1991-1993 da due travolgenti referendum di Pannella e Mariotto Segni. Io allora non mi scaldai molto perché ritenevo e continuo a ritenere che il potere di scelta del singolo elettore in collegi elettorali nei quali un seggio richiede circa 60 mila voti è un potere di scelta infinitesimale. C’è chi sostiene che nel collegio uninominale questo potere di scelta è maggiore. Ma dipende da chi ha i soldi: se il candidato (come quasi sempre negli Stati Uniti) oppure il partito. Se li ha il partito, anche nei sistemi uninominali le scelte dei candidati vengono dall’alto.
Comunque sia, il punto non è che il Porcellum sia tale (una porcata) perché non consente al votante di scegliere l’eletto, ma perché elargisce un premio di maggioranza spropositato che falsa completamente il risultato di una elezione. Peggio di così, in materia, si può soltanto ricordare la legge Acerbo del 1923, che installò Mussolini al potere attribuendo i 2/3 dei seggi, in Parlamento, a chi raggiungeva il 25 per cento dei voti. Sia chiaro: un premio di maggioranza è accettabile se rinforza chi ha già vinto il 50.01 per cento dei suffragi; ma non se trasforma una minoranza in una maggioranza come fa il Porcellum attribuendo il 55 per cento dei seggi alla maggiore minoranza.
Un’ultima sciocchezza, o comunque deviazione dalle costituzioni dei sistemi parlamentari, è che l’elettorato deve sapere, sin dall’inizio della legislatura, chi sarà il capo del governo e che il suo governo non potrà essere cambiato. Altrimenti — orrore orrore — incorriamo nel crimine di «ribaltonismo».
C’è poi il grido di dolore di chi si preoccupa di «salvare il bipolarismo». Ma chi ne fa un porro unum esagera; in realtà teme che si affermi, tra destra e sinistra, un partito di centro che lo danneggi. E così propone un sistema elettorale che penalizzi il centro, come l’uninominale inglese (e che erroneamente invoca, per questo, un ritorno a quel Mattarellum che ci ha rovinati). Invece il bipolarismo tedesco ha sempre funzionato bene con un terzo partito minore al centro. Al momento, allora, non c’è nulla da salvare. Ci sarà tutto da rifare utilizzando (a mio parere) o il sistema elettorale francese o quello tedesco.
Giovanni Sartori