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 2010  novembre 18 Giovedì calendario

L’ANTIFACEBOOK SARÀ DI TUTTI

Diaspora sta per arrivare. Il 25 novembre? «Stiamo scrivendo software a più non posso. E pensiamo di farcela, in versione alfa. Ma c’è una sottile possibilità che ci sia un ritardo di una settimana». Ma che cos’è Diaspora? E che cosa hanno in mente i ragazzi che la stanno preparando? Le prime risposte sono arrivate da uno di quei ragazzi, Daniel Grippi, nel corso della sesta Venice Session, il seminario organizzato da Nòva e Telecom Italia al Future Center di Venezia.

Ed eccolo, dunque, Daniel Grippi. «Nel 2002 ho fatto un blog. E ho scoperto che non era un modo per tenere un giornale online. Era un modo per conversare». Poiché Grippi ha 21 anni, significa che il suo blog lo ha aperto quando aveva 13 anni. Era già un esperto, quindi quando ha giudicato insoddisfacente MySpace. Ed era un veterano quando ha chiuso il suo profilo su Facebook perché non accettava la politica del più grande social network del mondo sulla privacy e la proprietà dei contenuti.

«Diaspora è un social network che garantisce agli utenti il massimo controllo su quello che pubblicano. Sanno a chi lo mostrano, ne mantengono la piena proprietà, non sono controllati e i loro dati non sono sfruttati per nessun motivo da terzi senza il loro pieno consenso». Diaspora è scritto da Grippi e dai suoi amici in software open source. La piattaforma può migliorare grazie al contributo della rete. Purché chi modifica il software pubblichi quello che fa e non si appropri di nessuna parte del programma.

Non c’è dubbio che questo significa rispondere alla maggior parte dei problemi impliciti nella piattaforma di Facebook. E cambiare il rapporto tra utenti e social network: sono gli utenti a decidere, non l’azienda che offre il servizio. Ma sarà sufficiente a generare una diaspora di abbonati dal grande "faccialibro"? Non ci vuole anche qualcosa di più sul piano della qualità del servizio?

«Il problema più grande di chi usa Facebook è l’idea che tutti siano amici. Anche io quando usavo Facebook facevo una certa confusione. Avevo cominciato comunicando con i miei veri amici, ma dopo un po’ ricevevo richieste di amicizia da parte di perfetti sconosciuti. E mi pareva maleducato rifiutare. Quindi accettavo. Ne è venuto fuori un ambiente nel quale non capivo con chi stavo parlando: sembravano amici ma non sapevo chi fossero».

E quindi? «Diaspora consente a chiunque di classificare le relazioni che coltiva online organizzandole in base agli ambiti della sua vita: per esempio, il lavoro, la famiglia, gli amici, il vicinato, e così via. Questo non implica nulla sulle relazioni perché quella classificazione è fatta unilateralmente e mantenuta visibile solo a chi la opera, in modo che non ci sia nessuno che si offende».

In sostanza, Diaspora offrirà un servizio di comunicazione completo come quello di Facebook ma senza le ambiguità emotive del l’uso generico del concetto di amicizia. E senza consentire alla piattaforma di prendere il controllo dei dati degli utenti.

Già. Bello. Vedremo se funziona. «Tecnicamente? Funzionerà». Si ma funzionerà anche nel senso che sarà adottato? La risposta dipende dal criterio di giudizio. Che non è un criterio economico.

«Non abbiamo pensato di mettere pubblicità su Diaspora» dice Grippi. E ovviamente non sarà un servizio a pagamento. «Offriremo il nostro software a chi lo vuole usare. Tutto qui».

Daniel Grippi ha 21 anni. Non pensa che Diaspora lo renderà un nababbo come Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook. Non lo pensa perché non ci pensa. Lui vuole fare un servizio di comunicazione che gli piaccia usare.

Per sé e tutti quelli che hanno la sua sensibilità per questo genere di cose. Lo fa open source. E lo fa senza modello di business. Se avrà successo sarà in base al valore d’uso, non al valore monetario. E questo ha molto a che fare con i social network: chi coltiva una relazione dona una parte di se stesso agli altri per essere riconosciuto, per dire qualcosa, per ascoltare qualcosa, per conversare, per scambiare informazioni. Può anche essere uno scambio, un dono che prevede un dono in risposta, ma non ha molto a che fare con il denaro. Il senso è chiaro. Ora vedremo la realizzazione.