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 2010  novembre 18 Giovedì calendario

WI-FI LIBERO, NON TROPPO

Il conflitto di interessi riguarda oggi la libertà di accedere alla rete e muoversi online e l’esigenza di mantenere una situazione di diritto anche nel difficile mondo di internet. La questione del wi-fi è la linea di demarcazione di due schieramenti contrapposti.

Da una parte quelli che ritengono la possibilità di connettersi un bene fondamentale della democrazia digitale, qualcosa di cui non si può né si deve fare a meno. L’informazione deve essere accessibile e chi ne fruisce non deve lasciare traccia che possa favorire la schedatura di opinioni, orientamenti, preferenze e gusti. Sull’altro fronte chi sottolinea la pericolosa deriva cui la società va incontro quando si azzera ogni possibilità di abbinare le azioni negli spazi virtuali ai soggetti che le hanno generate. L’anonimato assoluto, infatti, non garantisce solo l’innocente turismo telematico a chi non vuol far conoscere tappe e destinazioni del proprio girovagare sul web, ma agevola il compimento di reati e la realizzazione di condotte criminali che non avranno mai una paternità e che – pertanto – non potranno mai essere perseguite.

Il buon senso e lo spirito civico non sono riusciti a prevalere sulla ribalta normativa. Un provvedimento "vecchio" di cinque anni, come il decreto Pisanu, è stato rapidamente polverizzato senza alcuna – almeno apparente – valutazione dell’impatto che l’iniziativa avrebbe avuto. Con il pacchetto sicurezza approvato pochi giorni fa a Palazzo Chigi, è passato anche un disegno di legge che punta di fatto a liberalizzare il wi-fi (crisi di governo permettendo). L’opinione pubblica ha infatti esultato all’abbattimento delle restrizioni del decreto Pisanu.

A poco è servito nei giorni scorsi il grido d’allarme del procuratore nazionale antimafia e dei pochi altri che hanno confidato in un differente epilogo.

Si è confuso internet gratuito con quello libero da vincoli di sorta. Si è erroneamente immaginata l’identificazione dell’utente come la schedatura del peggior regime. Per porre rimedio a una procedura medievale – fatta di registri e comunicazioni burocratiche – si è optato per una sbrigativa abrogazione invece di studiare e progettare una soluzione proporzionalmente moderna al contesto cui doveva essere applicata.

Molto più facile tirare una riga sopra un articolo di un decreto, piuttosto che sforzarsi di trovare un sistema in grado di garantire l’impermeabilità dell’utente da impropri utilizzi della sua "cronologia" in rete, di assicurare un istantaneo riconoscimento e accreditamento dell’utente anche se registrato in altro network pubblico o privato, di consentire l’individuazione e il rintraccio del responsabile di comportamenti illegali.

Lo si poteva fare senza giungere alle esagerazioni che in Olanda stanno portando a equiparare gli alberghi dotati di "hot spot" a veri e propri provider.

Senza dubbio la disposizione del decreto Pisanu prevedeva formalità cartacee di ridotta utilità, ma prima di sancire l’abrogazione del tanto vituperato articolo 7 era giusto, indispensabile e prioritario capire perché non funzionava. Il gestore di un posto pubblico di connettività a internet doveva registrare generalità e numero del documento dei suoi clienti. Lo stesso, però, non era tenuto ad avere né a conservare per un ragionevole intervallo di tempo un log che memorizzasse quel che ciascun utente combinava approfittando di quella connessione.

Se un’eventuale operazione di interesse investigativo ai fini antiterroristici (e solo quello era l’obiettivo) veniva "etichettata" con il numero Ip di un determinato cybercafè, si poteva risalire alle persone che quel giorno avevano sfruttato quella connessione pubblica ma non a quella effettivamente responsabile (con il rischio di allargare le indagini su soggetti totalmente estranei e con l’elevata probabilità di perdere tempo prezioso).

Era logico, quindi, non limitarsi ad annullare un meccanismo zoppo ma impegnarsi per semplificare le modalità di identificazione e definirne un modello funzionale ed efficace.

Il Viminale non sembra però voler rinunciare del tutto a una serie di standard di sicurezza, che dovrebbero essere definiti nei prossimi mesi. Si parla, tra l’altro, di una «identificazione indiretta» che consentirebbe di rintracciare i soggetti da ricercare online.

Ciò nonostante, al pari di chi danzava a bordo del Titanic mentre lo scafo stava per schiantarsi contro il fatale iceberg, per ora tutti brindano al risultato di "liberalizzazione" appena conseguito. A godersi la scena dell’inabissamento della civiltà una disomogenea torma in cui si distinguono tipi caratteristici della collettività criminale in rete: truffatori incalliti, stalker e persecutori dalla tastiera facile, appassionati di pornografia infantile e commercianti di minori per abusi sessuali, xenofobi irriducibili e istigatori di ogni sorta di malefatta, olimpionici del vilipendio e della calunnia.