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 2010  novembre 18 Giovedì calendario

QUELL’EURO DEBOLE CHE ALLA GERMANIA NON DISPIACE

Potremmo vederla come la nuova arma nella guerra delle valute. O forse, più semplicemente, come una nuova strategia per conquistare consensi in patria. Sta di fatto che sui mercati finanziari alcuni osservatori ne sono convinti: la bufera sui debiti di Irlanda, Portogallo e di tutti i paesi del ClubMed europeo potrebbe essere stata volutamente fomentata dalla Germania per raggiungere due obiettivi. Uno: indebolire l’euro e rispondere alla svalutazione del dollaro causata dalla Federal Reserve Usa. Due: permettere al cancelliere Angela Merkel di riconquistare la presidenza del suo partito (la Cdu) e consensi in patria. Saranno malelingue, dietrologie, congetture. Forse non c’è dolo. Forse è solo casualità. O, come sostiene chi mal sopporta le dietrologie, la Germania ha solo sfruttato a suo vantaggio una crisi ormai conclamata in Irlanda. Sta di fatto che entrambi gli obiettivi sono stati raggiunti: l’euro è calato del 6% dai massimi toccati a inizio novembre, la Merkel ha riconquistato la presidenza della Cdu.

La dietrologia nasce dal fatto che la bufera sui debiti sovrani si è acuita l’8 novembre scorso, quando il ministro delle Finanze tedesco Schäuble in un’intervista ha ribadito l’ipotesi di ristrutturare (parola gentile per dire default) i debiti degli stati in crisi. Ipotesi che già circolava da qualche giorno. Questo ha aumentato la speculazione e ha fatto salire i rendimenti dei titoli di stato dell’Irlanda, poi del Portogallo e di tanti altri paesi. Italia inclusa. Sebbene quello che dice Schäuble possa essere condivisibile, a colpire i dietrologi è il tempismo. Queste dichiarazioni sono infatti arrivate pochi giorni dopo l’avvio del cosiddetto quantitative easing della Federal Reserve (in sostanza il meccanismo con cui la Banca centrale Usa stampa moneta e svaluta il dollaro) e pochi giorni prima del congresso della Cdu.

È noto a tutti che la Germania sia il secondo paese esportatore al mondo dopo la Cina: la rivalutazione dell’euro, causata dalla politica monetaria iper-aggressiva della Fed, danneggia quindi in parte le imprese tedesche. E già questo potrebbe essere un buon motivo per reagire: cioè per gettare una "bomba" (e la crisi degli stati europei è perfetta) per deprezzare l’euro. Cosa poteva fare la Germania – si chiedono i dietrologi – per frenare la corsa dell’euro? Nulla, se non rinvigorire quei timori sugli stati più deboli che già la primavera scorsa avevano fatto sprofondare l’euro. Chi invece mal sopporta la dietrologia fa notare che le esportazioni tedesche sono al 40% verso l’area euro e all’80% comunque addebitate in euro. L’andamento della moneta unica – sostiene questo partito – non influenza più di tanto l’export tedesco. Dunque, secondo i non-dietrologi, nessun complotto.

Ma c’è il tema della politica interna, che secondo molti osservatori – più o meno dietrologi – conta molto di più. Angela Merkel da tempo ha bisogno di aumentare i consensi, e questa esigenza era ancor più pressante in vista del congresso del suo partito. Sul mercato più di un osservatore nota che anche in primavera, quando sulla graticola ci finì la Grecia, la Germania aveva un altro appuntamento interno: le elezioni nel Land del Nord-Reno Vestfalia. E anche allora, come oggi, la crisi greca ebbe come acceleratore proprio la riluttanza tedesca a un salvataggio. Tra l’altro in questi giorni anche l’Austria, alle prese con l’approvazione della finanziaria, si è comportata più o meno nello stesso modo. C’è poi, in Germania, un terzo motivo, tecnico. «La Corte costituzionale tedesca potrebbe bocciare eventuali salvataggi sistematici di paesi europei, perché contrari alla Costituzione – osserva Marco Annunziata, capo economista di UniCredit –. Per i tedeschi questo è un tema importante». Insomma: tutto questo potrebbe aver spinto la Germania a mettere il coltello nella piaga della crisi irlandese, per recuperare consensi e per sedare la Corte costituzionale.

Ma ogni medaglia ha due facce. E infatti se si vanno a cercare gli sconfitti di questa grande speculazione, si scopre che la Germania non ha tanto da tirare la corda. A soffrire sono infatti le banche tedesche: secondo i dati della Bri, aggiornati a giugno, sono le più esposte sui titoli di stato irlandesi dopo quelle inglesi. In portafoglio hanno infatti 138,6 miliardi di euro di bond irlandesi. Insomma: hanno tanti euro di potenziali perdite. Allora, forse, ha ragione chi alle dietrologie non vuole credere. «A mio avviso – chiosa un economista – il ministro Shäuble ha solo fatto una gaffe non voluta».