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 2010  novembre 18 Giovedì calendario

GLI IRACHENI SI FANNO LA GUERRA SULLA TESTA DI TAREK

Fermare la spirale della morte. Ci proverà il presidente iracheno Jalal Talabani, rifiutando di firmare l’ordine di esecuzione per Tarek Aziz, ex numero due del regime di Saddam Hussein, condannato a morte il mese scorso. «No, non firmerò perché sono socialista», ha dichiarato ieri, in un’intervista alla tv francese France 24. Non può essere certo l’unica motivazione. I casi di socialisti che hanno mandato gente sulla forca sono innumerevoli. Allora Talabani si spiega meglio: «Sono dalla parte di Tarek Aziz perché è un cristiano iracheno e in più è un anziano signore di oltre 70 anni». Non sostiene l’innocenza del condannato, semmai ne fa una questione umanitaria.
LA SCURE SUI CRISTIANI
Ma nel Paese dove oramai si strappano le croci dal collo dei bambini per evitare che siano presi di mira dai terroristi islamici, la presa di posizione apre una frattura politica. Dal ministro della giustizia giunge subito una risposta molto dura. La mancata firma di Talabani non ha la forza di impedire l’esecuzione, contesta il portavoce del ministero, Abdul-Sattar Bayrkdar, secondo il quale la condanna a morte può essere eseguita lo stesso, anche nonostante il pronunciamento del presidente. «Se il presidente rifiuta di firmare il decreto di esecuzione non è né un veto né un verdetto» ha spiegato Bayrkdar.
Dalla parte del boia sono schierati soprattutto gli sciiti, da sempre maggioritari nel Paese ma oggetto di una dura persecuzione durante il regime del partito Baath. I killer delle forze di sicurezza dello Stato li bloccavano per la strada, puntavano loro la pistola alla tempia e facevano fuoco. Così erano stati assassinati, a sangue freddo, diversi dignitari del “clero” sciita. E prontamente un giudice correligionario delle vittime ha emesso il verdetto di morte nei confronti del maggior simbolo ancora vivente di quella stagione di repressione assassina.
Tarek Aziz è stato condannato a morte il 26 ottobre scorso per il suo ruolo nell’eliminazione dei
Nuovi stakanovisti
partiti religiosi. Malato, 74 anni, Aziz è in carcere dall’aprile 2003, quando si era consegnato alle autorità militari statunitensi. Con lui sono stati condannati due altre figure chiave del deposto regime , l’ex ministro degli interni Saadoun Shaker e l’ex segretario del presidente Saddam Abed Hmoud.
Se alcuni sembrano udire soltanto la voce della vendetta, Talabani non fatica invece a vedere il fiume di sangue che sta scorrendo in Iraq come una conseguenza diretta della legge del taglione: «Penso che la pagina delle esecuzioni e delle condanne a morte sia ormai da girare, salvo quei crimini commessi nella cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso e quelli commessi contro i pellegrini sciiti nei luoghi santi» ha aggiunto nell’intervista facendo riferimento alla strage del 31 ottobre, in cui 44 cattolici sono stati uccisi da un commando di Al Qaidanellacattedralesiriacacattolica di Baghdad. Invece di una faida di tutti contro tutti, Talabani invoca «una politica di clemenza, perdono e riconciliazione nazionale».
UN FILO DI SPERANZA
Nei giorni scorsi, anche l’Italia con il ministro degli Esteri Franco Frattini, aveva rivolto un appello alle autorità irachene affinché fosse risparmiata la vita al condannato. Alessandro Pagano, deputato del PdL ritiene che «le pressioni occidentali, dunque, hanno dato un contributo significativo al processo di pacificazione di un Paese diviso da laceranti contrasti etnici, che il sangue di Tarek Aziz non avrebbe certamente contribuito a sanare». L’atto di clemenza non è ancora stato perfezionato, ma il presidente Talabani riceve il ringraziamento del figlio maggiore di Aziz, Ziad, che ritiene la condanna a morte «una decisione esclusivamente politica quindi nulla dal punto di vista giuridico. A nome della famiglia vogliano ringraziare il presidente e dirgli che abbiamo molto apprezzato la sua decisione».
Un filo di speranza c’è. Se il governo dello sciita Nuri al Maliki non lo spezzerà, anche la pace sarà data la possibilità di compiere un passo avanti.