Nino Ciravegna, Il Sole 24 Ore 16/11/2010, 16 novembre 2010
PER L’IRLANDA AUSTERITY PIÙ DURA - A
settembre, in un autunno dublinese insolitamente mite, si parlava di una finanziaria 2011 di tre miliardi, all’inizio di ottobre si era saliti a quattro miliardi, alla fine del mese a cinque, ora i miliardi della manovra correttiva sono diventati sei. Anzi 15 miliardi in quattro anni, l’imponente cifra fa più effetto, ma permette di rinviare, eventualmente, le misure più impopolari. Tutti parlano di riportare il deficit al 3% nel 2014, ma partiti e ministri in realtà pensano al 2015.
Finora c’era una sola certezza: la presentazione della finanziaria fissata, come sempre, al 7 dicembre, con il varo definitivo dei disegni di legge collegati entro fine marzo. Ma ora il governo punta ad anticipare la data, in sintesi l’Irlanda dei conti pubblici naviga a vista in una tempesta mai vista.
È, sembra, l’ora dei tagli sul settore pubblico. A giugno il governo ha firmato un accordo con i sindacati per ridurre fino al 15% i salari dei dipendenti pubblici, puntava a risparmiare tre miliardi entro il 2014, si è accontentato di un miliardo, ha promesso ufficialmente di non intervenire più su questo tema. Promessa impossibile da mantenere, economisti e ministri stanno studiando nuovi tagli che potrebbero arrivare, in alcuni casi, al 34 per cento.
I dipendenti pubblici rappresentano quasi il 10% della popolazione attiva, hanno scioperato, girato spot contro l’accusa di essere fannulloni a carico della collettività. Temono pesanti effetti, ma la manovra non graverà solo sulle loro spalle. Il ricco welfare in salsa irlandese sembra avere i giorni contati. Nei tempi delle vacche grasse garantiva tutti, era una pacchia, una coppia di disoccupati con figli a carico arrivava a percepire 2.700 euro al mese, erano previsti bonus per i bebè indipendentemente dal reddito dichiarato, c’erano incentivi per gli affitti, facilitando la folle corsa del settore immobiliare, indennità per i giovani che non avevano mai lavorato e aiuti per chi doveva pagare luce e gas. Una situazione insostenibile per le esauste casse statali, di cui hanno beneficiato tutti, in cambio di una sostanziale pace sociale. Si è formato addirittura una specie di welfare low cost, alimentato da polacchi (la comunità straniera più numerosa, con tantissimi negozi pieni di prodotti con gusti sconosciuti e marchi impronunciabili) e lituani, specializzati nel settore delle costruzioni: in tanti sono rimpatriati per colpa della crisi, secondo alcune stime sono almeno 40mila, tutti tornano a Dublino per ritirare le varie indennità grazie ai voli super scontati.
La pacchia è finita, il governo sta mettendo a punto un piano lacrime e sangue che, come ammette lo stesso ministro della Finanze, Brian Lenihan, «avrà un impatto negativo sulla crescita 2011 e pesanti ripercussioni sul tenore di vita delle famiglie». I consumi sono previsti in stallo, dopo il crollo a doppia cifra di quest’anno, gli investimenti in calo del 6%, il settore delle costruzioni resterà in forte sofferenza - ci vorranno anni per digerire l’immensa bolla immobiliare degli ultimi anni - mentre la disoccupazione dovrebbe sfiorare il 14% ma solo grazie al fenomeno dell’emigrazione: quest’anno centomila residenti - irlandesi, europei o extracomunitari - lasceranno il paese. Unica nota positiva, l’export, il governo spera di arginare la crisi con un aumento del 5% delle vendite all’estero dell’industria manifatturiera, l’obiettivo è creare 150mila posti di lavoro nell’industria puntando sul fattore fiscale, anche se l’aliquota del 12,5%, vera manna per le imprese, è sempre più a rischio.
A Dublino è l’ora dei tagli, anche se nessuno per ora è uscito ufficialmente allo scoperto, l’opinione pubblica deve ancora digerire l’eventuale intervento internazionale per salvare, e mettere sotto tutela, l’Irlanda. Un aiuto quanto mai indigesto, sintetizzato efficacemente da una vignetta pubblicata dall’Irish Times, con il tavolo delle trattative arredato da un trono per l’Fmi, una poltrona per la Ue e uno scalcagnato sgabello per l’Irlanda. Un insulto per il mai celato orgoglio irlandese.
La polemica tra i partiti è forte, i laburisti hanno proposto una soluzione 50-50: metà della manovra grazie a un aumento delle entrate fiscali e metà da realizzarsi con i tagli. In particolare i laburisti prevedono una tassa straordinaria per i redditi superiori ai 100mila euro e un taglio delle retribuzioni del 3%, mentre 500 milioni si potrebbero recuperare dal taglio delle agevolazioni per i contributi previdenziali. Il Sinn Féin, invece propone di risparmiare 600 milioni dagli sprechi della sanità senza per questo ridurre le prestazioni. Il Fine Gael insiste per avere maggiori informazioni dal governo, accusato di pensare più agli obbligazionisti che ai cittadini.
L’unico a non sbilanciarsi, per il momento, è proprio il governo, la navigazione a vista è arte difficile, il timoniere non va distratto.