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 2010  novembre 13 Sabato calendario

IL MAXI DEBITO PUBBLICO, INDECENTE VIRTÙ ITALIANA

Per quanto paradossale possa sembrare, la dimensione del debito pubblico italiano, quei 1.552 miliardi di titoli di stato in circolazione al 31 ottobre, entra nella classifica dei punti di forza del sistema-Italia.

Non svetta ai primi posti della lista delle virtù, ma il fatto che in sedute ad alta tensione come quelle di questi giorni un BTp possa essere venduto per importi consistenti è considerato un fattore positivo, rassicurante. La liquidità è un bene prezioso ma raro sul mercato dei titoli di stato dell’eurozona periferica, e di questi tempi pesa: a differenza dei BTp, di bond irlandesi, greci, portoghesi e persino spagnoli ne circolano pochi, i loro prezzi ne risentono enormemente e la volatilità va alle stelle.

La liquidità dei BTp sul secondario viene associata dagli investitori alla professionalità del Tesoro sul primario nel gestire le maxi-aste e nel "fiutare" gli umori del mercato per evitare di deludere o peggio ancora colpire alle spalle chi investe in maniera massiccia sul debito pubblico italiano. Questo ha un costo, che in tempi di instabilità cresce, come dimostrano gli alti rendimenti pagati ieri. Gli stranieri avrebbero in portafoglio poco meno della metà del debito pubblico italiano, secondo le statistiche degli operatori.

Questa percentuale è alta e rende l’Italia vulnerabile alle fughe verso la qualità e ai picchi dell’avversione al rischio su scala globale: tuttavia, solo la Spagna registra una quota estera più bassa, mentre il peso degli stranieri va oltre il 50% nel caso dei titoli di stato di Grecia, Germania, Irlanda, Francia e Portogallo, stando a un recente rapporto di Citigroup.

Per i trader e gli investitori istituzionali, la gestione del debito conta e può rappresentare una marcia in più o un handicap. Per l’Italia è un «più» e non un «meno». Resta il fatto che il debito/Pil italiano viaggia verso il 120%, un livello molto alto e preoccupante, tra i più elevati in Eurolandia e nel mondo. E proprio di recente, tra le note fragilità del sistema-Italia, oltre alle carenze in riforme strutturali e alla perdita di competitività, al nanismo delle imprese e alla lentezza della giustizia, all’onerosa pressione fiscale e al pesante fardello del costo del debito pubblico, al grado imbarazzante di corruzione e malavita e al problema irrisolto della questione meridionale, i mercati hanno aggiunto l’instabilità politica. Nella speranza che questo ultimo punto non scali posti in classifica, ingigantendosi nell’era del post-Berlusconismo.

Ma è con i fondamentali che l’Italia riesce a controbilanciare il debito/Pil e quell’instabilità, distinguendosi e dissociandosi dal gruppo dei "periferici" che sono Spagna, Irlanda, Grecia e Portogallo. I numeri parlano da soli. Senza andare a guardare troppo lontano, il deficit/Pil atteso quest’anno in Italia è al 5% contro il 32% dell’Irlanda, il 9,3% della Spagna, il 7,8% della Grecia, il 7,7% della Francia e il 7,3 del Portogallo. L’anno scorso, l’avanzo primario italiano non è arrivato a -1%, una lieve flessione rispetto ai crolli dei disavanzi primari "periferici" (si veda il grafico in questa stessa pagina).

Il debito/Pil dell’Italia sale e questo trend è preoccupante e va invertito al più presto in maniera strutturale: ma passa da una media degli ultimi 5 anni del 108% al 119-120% nel 2011, molto meno dunque del salto di Irlanda (dal 37% al 104%), Grecia (dal 102% al 145%), Francia (dal 68% al 93%), Spagna (dal 42% al 73%). Il mercato si preoccupa guardando alle tendenze e all’intensità dei trend: anche in questo l’Italia ha mostrato di stare meglio di molti altri stati europei e di avere bisogno di correzioni dei conti pubblici più timide. Ma non può sottrarsi allo stesso rigore, disciplina fiscale e responsabilità nella gestione dei conti pubblici che è sempre più la regola generale per l’intera eurozona.

Guardando oltre i conti pubblici, l’Italia riesce a mettere a segno punti di forza in settori dove altri paesi europei hanno mostrato segni di debolezza. Il debito privato italiano è relativamente basso: il 42% del Pil nel 2009 contro il 64% della media europea. La ricchezza delle famiglie italiane è in declino ma è più consistente di quella di altri stati europei.

L’Italia, avendo una spesa pensionistica estremamente pesante in percentuale del Pil, è intervenuta prima di altri per correggerla (si veda il grafico, sempre in questa pagina). Gli investitori istituzionali esteri che continuano ad acquistare i BTp riconoscono all’Italia l’assenza di alcuni tipi di "event-risk" come lo scoppio della bolla speculativa immobiliare e il fallimento di banche. Ma resta il rischio politico.