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 2010  novembre 17 Mercoledì calendario

fare ANCORA UN DRAMMA NEL VENETO IN CRISI Imprenditore si uccide: non mi pagano Sergio Merlo era proprietario di un’azienda calzaturiera che vendeva in tutto il mondo

fare ANCORA UN DRAMMA NEL VENETO IN CRISI Imprenditore si uccide: non mi pagano Sergio Merlo era proprietario di un’azienda calzaturiera che vendeva in tutto il mondo. Stava fallendo nonostante gli affari andassero bene. Ma vantava crediti per un milione che non riusciva a incassare Marino Smiderle Treviso Gli affari li chiudeva con una stretta di mano. Era abituato così, Santo Sergio Merlo, 71 anni,fin dall’inizio, da quel 1972 quando decise di partire con la sua aziendi¬na calzaturiera a Caerano San Marco (Treviso), ribattez¬zata Emmevi, specializzan¬dola nella nicchia dei dopo¬sci. Classica azienda a condu¬zione familiare, gestita da lui e dalla moglie, Silveria Ventu¬rini, e destinata a passare poi nella mani dei figli, Enrico e Francesco. La stretta di ma¬no stavolta non è bastata a sal¬vare l’azienda. Avanzava un milione di euro da un cliente a cui aveva consegnato da tempo una grossa fornitura. Soldi che non arrivavano e che hanno finito con l’affossa¬re l’azienda. L’altra mattina Merlo si è sentito perduto. È uscito dalla sua casa di Mon¬tebelluna, ha salutato il figlio per l’ultima volta e poi è parti¬to in auto. Ha parcheggiato vi¬cino all’argine del canale Brentella, è sceso dall’auto e si è buttato, lasciandosi trasci¬nare via dalla corrente. I vigili del fuoco hanno trovato il suo cadavere poche ore do¬po, imprigionato in una gri¬glia. Onore e dolore, sono que¬ste le armi che hanno ucciso un uomo onesto. L’onore di aver sempre pagato i propri debiti e gli stipendi dei propri dipendenti rischiava di esse¬re sporcato, si fa per dire, da quelle che gli esperti descri¬vo¬no asetticamente come di¬namiche di mercato, e il dolo¬r¬e provato per questa improv¬visa impotenza, per ritrovar¬si costretto a portare i libri del¬la Emmevi in tribunale e la¬sciare senza lavoro gli ultimi dieci dipendenti: ecco per¬ché Santo Sergio ha scelto di farla finita. Come se non ba¬stasse, pare che la moglie Sil¬veria fosse rimasta colpita da un’improvvisa malattia. Solo, catapultato in un peri¬odo in cui la stretta di mano non conta più nulla, oberato dai debiti, l’altra mattina ha preferito prendere la strada della morte. «Lo hanno distrutto i cinesi - ha detto con amarezza uno dei figli - che con la loro con¬correnza sleale hanno fatto piazza pulita delle regole di mercato.E l’ultimo colpo glie¬l’hanno inferto quei clienti che continuavano a ritardare i pagamenti». Merlo era uno di quegli im¬prenditori vecchio stampo, convinti che col lavoro e l’in¬gegno si potesse competere e vincere sui mercati interna¬zionali. I suoi doposci li ven¬deva in tutto il mondo e i bi¬lanci della Emmevi parlano chiaro. Una storia di succes¬so, una delle tante che hanno portato carbone e potenza al motore nella locomotiva del Nord Est. Poi sono arrivate le prime avvisaglie, i cinesi che copiano i prodotti a qualità scadente, Lehman Brothers che cade e le schegge finisco¬no addoss¬o alle banche italia¬ne che chiudono i rubinetti al¬l’improvviso dopo aver inon¬dato di finanziamenti il siste¬ma per anni. Merlo, come tan¬ti altri colleghi, si trova con l’acqua alla gola alla prima fattura non pagata. È un gatto che si morde la coda, nessu¬no paga, le banche tagliano, le imprese falliscono. Nel Ve¬neto la lista degli imprendito¬ri suicidi comincia a essere troppo lunga. Il sogno di Mer¬lo durato una vita si è trasfor¬mato in incubo quando, nel giugno scorso, è stato costret¬to ad arrendersi. Libri in tribu¬nale, fallimento, licenzia¬mento dei dipendenti, un cre¬scendo di avversità che Mer¬lo non è riuscito a metaboliz¬zare. La sua vita era il lavoro, senza lavoro per lui non ave¬va più senso vivere. IL FIGLIO «Lo hanno rovinato la concorrenza sleale dei cinesi e i clienti morosi»