ANTONIO CIANCIULLO, la Repubblica 17/11/2010, 17 novembre 2010
MENO TERRA MA PIÙ QUALITÀ NEI CAMPI VINCE IL BIOLOGICO - ROMA - I
campi coltivati si riducono. Il turismo perde colpi. Le frane si moltiplicano. L´inquinamento guadagna terreno. È possibile mettere assieme problemi di questa portata e trovare una soluzione capace di invertire il trend in tutti e quattro i casi? È la sfida che si pone il convegno «Sos per l´agricoltura, il paesaggio, l´ambiente: destino comune» organizzato domani all´università di Bologna da Fai, Wwf e Associazione per l´agricoltura biodinamica.
Il punto di partenza dell´analisi è molto concreto: i numeri dell´abbandono. Tra il 1990 e il 2000 la superficie agricola utilizzata ha perso 1.839.000 ettari, un´area grande quanto il Veneto. Non tutto è stato coperto di asfalto: una quota dei campi non più usati è stata invasa dalla boscaglia. Ma l´urbanizzazione ha comunque guadagnato terreno in maniera preoccupante: ogni anno un volume di cemento ampio come piazza San Pietro e alto come l´Everest va a coprire le zone verdi. In undici anni è stata cementificata una superficie pari all´Umbria.
Mentre strade, ville e condomini conquistavano il 60 per cento delle pianure, il settore agricolo ha dovuto affrontare la peggiore crisi dal dopoguerra: negli ultimi dieci anni il prezzo dei cereali è diminuito del 55 per cento mentre i costi aumentavano del 33 per cento e quello del latte è diminuito del 30 per cento mentre i costi aumentavano del 21 per cento.
«L´agricoltura è al collasso: in dieci anni 190 mila stalle sono state chiuse», ricorda Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente onorario del Fai. «È una crisi devastante che crea una cascata di problemi: banalizza il paesaggio; mortifica il turismo perché nessuno viene in Italia per ammirare una distesa di capannoni; colpisce la biodiversità cancellando molte specie; fa venir meno le radici di un´alimentazione sana che è la base della nostra salute. Se ci sono risparmi da fare si facciano tagliando gli sprechi della pubblica amministrazione, non distruggendo l´agricoltura».
La parte più sana dell´agricoltura è comunque quella che già oggi ha i conti più in ordine. Se nel 2009 le aziende agricole nel loro complesso hanno perso il 25 per cento del loro reddito - fa notare Maria Grazia Mammuccini, direttrice dell´Arsia Toscana (l´agenzia per l´innovazione in agricoltura) - a resistere meglio sono state quelle che hanno diversificato la produzione e hanno scommesso sulla qualità, dal biologico ai prodotti doc e dop.
«Il futuro è nel rapporto diretto tra produttore e consumatore», propone Paola Santeramo, presidente della Confederazione italiana agricoltori di Milano. «A Milano ci sono più di 400 gruppi di acquisto solidale, a Lodi 200. È una domanda che cresce più veloce dell´offerta. La gente si organizza e si va a prendere da sola in campagna, o si fa portare a casa dall´agricoltore, il cibo che vuole: lo paga di meno e lo controlla di più».