Notizie tratte da: Marcel Roland # La grande lezione dei piccoli animali # Gallucci 2010 # pp. 198, 13 euro., 17 novembre 2010
Notizie tratte da: Marcel Roland, La grande lezione dei piccoli animali, Gallucci 2010, pp. 198, 13 euro
Notizie tratte da: Marcel Roland, La grande lezione dei piccoli animali, Gallucci 2010, pp. 198, 13 euro.
Rif. Biblioteca 1389097
Rif. Libro in gocce 1401482
Esseri spregiati «Di fronte alla Vita non esistono esseri inferiori, ma esseri spregiati perché li si ignora» (Marcel Roland).
Ermafrodita La chiocciola, ermafrodita, riunisce nel suo corpo l’organo che produce l’uovo e quello che lo feconda. Tuttavia per riprodursi ha bisogno del concorso di un’altra chiocciola: l’elemento maschile dell’una si unisce a quello femminile dell’altra e poi tutte e due, dopo aver fatto da maschi, vanno a deporre le loro uova.
Dardo calcareo Prima della copulazione, la chiocciola secerne un “dardo calcareo” (gypsobelum) lungo circa otto millimetri che dapprima è molle e flessibile ma poi, a contatto con l’aria, diventa duro, aguzzo, simile a un vetro opaco. Poco prima dell’amplesso, questo dardo, a mo’ di pugnale, «si immerge non nella regione sessuale ma... dove può», provocando ferite dolorose: «Nella maggior parte dei casi s’affonda sull’orlo del piade del compagno quando non va a immergersi nel corpo dello stesso possessore». Secondo gli esperti, dunque, non serve, come si credeva un tempo, ad aprire il canale che ha la funzione di riversare il liquido seminale, ma ha la sola funzione di organo eccitatore. «La sua funzione pare sia quella di provocare desiderio e voluttà mediante sofferenza. Concezione morbosa che si credeva nata dalla perversità umana e che ci si stupisce di incontrare nel regno dell’istinto».
Ponte bianco Dopo il lancio del dardo, spunta fuori l’apparato genitale maschile e femminile di ciascuno dei due sposi. Questi organi si allungano nella direzione l’uno dell’altro, e si riuniscono a formare un “ponte bianco” che solo una trazione violenta può dissociare. «Prostrati in una beatitudine che li fa indifferenti a tutto ciò che li circonda, essi rimangono così parecchie ore allacciati, coi gusci che si toccano».
Accoppiamenti La chiocciola s’accoppia tre o quattro volte tra maggio e agosto. Ogni volta depone le uova nei quindici giorni successivi alle nozze.
Nido La chiocciola, prima di deporre le uova, fabbrica un nido razzolando il terreno col suo piede alternativamente contratto e disteso e con la raspa dentata di cui è armata la sua mascella. Nel nido, profondo da quattro a cinque centimetri, depone le sue uova, simili a caviale di color bianco, in un mucchietto ben sistemato. Poi, quando ha finito, le copre coi materiali di sterro e se ne va, lasciando la posterità al proprio destino.
Guscio Appena nate le chiocciole sono così minuscole che il loro guscio riesce a coprirle interamente con un solo giro di spirale. Via via che lo sviluppo avanza, il corpo dell’animale secerne il carbonato di calcio necessario alla formazione di nuovi giri: negli individui adulti queste zone d’accrescimento sono nettamente visibili per effetto di differenze di tinta.
Spirale La spirale gira, di regola, a destra, ma esistono casi di individui o gruppi in cui gira a sinistra.
Bava La chiocciola sbava per secernere il carbonato di calcio che le serve per costruire e riparare il guscio ma anche per fabbricare lo schermo sotto il quale si rinchiude in inverno.
Letargo Nella chiocciola il letargo dura dall’inverno fino alle piogge primaverili, ma basta privarla di nutrimento, qualunque sia la stagione, per vederle secernere, all’ingresso della sua dimora, uno schermo calcareo che la isola dal mondo. La chiocciola che si mura entra in un periodo di vita rallentata: alla sospensione dell’attività motrice del corpo, ripiegato su stesso, corrisponde una sospensione dell’attività organica e fisiologica. Il cuore, ad esempio, dà solo due o tre pulsazioni al minuto in luogo delle sue abituali trentaquattro.
File di denti La radula, collocata nella bocca, ha la forma di un nastro con denti silicei impiantati in più file regolari. Non taglia né tritura ma funziona come una raspa che disgrega, per sfregamento, i cibi di cui la chiocciola vuole nutrirsi. A lungo andare la radula potrebbe logorarsi ma le «cose sono regolate, nel più inoffensivo consumatore di vegetali, con la stessa previdenza che nel più feroce dei carnivori»: i denti anteriori, quelli più esposti, vengono automaticamente sostituiti da altri che si formano più indietro quando il bisogno si fa sentire. «Così la macchina decorticatrice è sempre nuova. Il funzionamento di quel meccanismo produce un rumore speciale, e quando parecchie chiocciole sono a tavola assieme, il rumore è tale da svegliare un uomo che dorma».
Decapitazioni 1 Per scoprire se la testa delle chiocciole una volta tagliata può ricrescere, alcuni scienziati fecero a gara a chi ne decapitava di più. Ad esempio Voltaire, il 27 maggio 1768, decapitò 20 lumache e 12 chiocciole. Tutte le lumache si ricompletarono; metà delle chiocciole morirono; le altre rimasero in vita “ma senza testa, salvo una sola”.
Decapitazioni 2 Nel 1818 un George Tarenne per diciotto mesi mozzò a colpi di forbici ora tutta la testa, ora le corna soltanto, a un migliaio di chiocciole, avendo cura di annotare sul guscio di ciascuna vittima la data d’amputazione. Secondo lui le corna rispuntavano, ma senza il bottone oculare. La testa di duecento dei suoi gasteropodi era ricresciuta ugualmente, ma rassomigliava “a un chicco di caffè con quattro corna minuscole, la bocca e le labbra”.
Testa che ricresce «Sembra in verità che – come non rispunta la testa dei vertebrati – la testa dei molluschi non possa neanch’essa ricrescere quando l’amputazione sorpassa i limiti di una certa periferia. Le cellule connettive possono rigenerarsi, ma non gli elementi costitutivi di organi così differenziati come il cervello o gli organi di senso. La mutilazione sofferta dalle duecento sopravvissute di Tarenne non lese evidentemente nulla di essenziale, e ciò permise una rigenerazione parziale, mentre nelle altre le forbici avevano troncato senza pietà ogni possibilità di ricrescita. E inoltre bisognerebbe sapere se, col loro “chicco di caffè”, le scampate poterono riprendere un’esistenza normale. E’ lecito dubitarne e io sarei portato a credere che, private della loro preziosa radula, esse siano andate presto a raggiungere le loro sorelle nell’aldilà delle chiocciole».
Sangue Le cimici si alimentano a mezzo di una lancetta cava e aspirante, chiamata rostro, che serve loro da bocca. La cimice dei letti pompa il sangue, la cimice dei boschi sostanze vegetali.
Centocinquanta zampe Il millepiedi (Lithobius) ha in realtà un numero di zampe che varia da 30 a 150.
Ondulamenti «Il metodo di camminare del litobio è assai curioso, e merita d’essere analizzato al rallentatore. Una serie di gambe è a riposo, cioè in aria, mentre un’altra serie lavora, avanzando sul terreno. Doppio movimento, che implica movimenti intermedi, così che l’insieme, combinato, dà un’impressione ondulatoria assai strana».
Diciassette pezzi Il corpo è costituito da quindici pezzi, innestati l’uno nell’altro; aggiunta la testa e il segmento terminale, si ha un totale di diciassette pezzi. La testa presenta su ciascun lato una placca granulosa costituita da 12-15 occhi piccolissimi. Misura al massimo tre centimetri e mezzo di lunghezza.
Uova mascherate Prima di deporre a terra le uova, la femmina, per non farle divorare dai predatori, le mimetizza una per una: fissa ciascun uovo a due uncinetti che si trovano all’estremità inferiore del suo corpo, poi rosicchia un po’ di terra, la impasta con le mascelle, e applica quella pasta sulla superficie dell’uovo. Nel frattempo gli arti inferiori fanno girare l’uovo in modo da presentare, a volta a volta, all’intonacatura, tutti i punti della superficie. Alla fine «l’intonacatura è così perfetta che non c’è più differenza tra l’uovo mascherato e il terreno che la circonda». Solo allora il millepiedi lascia cadere il suo uovo in terra.
Millimetri Prima dell’intonacatura, l’uovo non ha nemmeno un millimetro di diametro. Rivestito della sua crosta artificiale, arriva a due millimetri circa.
Legno e saliva Le vespe, per costruire il nido, usano un impasto di fibre vegetali e saliva. Con le loro robuste mandibole strappano ai pezzi di legno in cattivo stato – paletti, tavole, rami morti – delle schegge che poi macinano fino a ridurle in una poltiglia più fine possibile. La saliva contiene in soluzione una sostanza albuminoide analoga alla chitina, materia che costituisce il rivestimento esterno degli insetti e dei crostacei. Seccando questa saliva forma, con le particelle legnose, una specie di carta rigida, sottilissima ma molto resistente.
Carta «”Le vespe”, scriveva Réaumur nel 1719 “pare ci invitino a provare se non possa riuscirci di fabbricare dell’ottima carta adoperando direttamente alcune qualità di legno”. Réamur aveva visto giusto: al tempo suo non si conosceva altro che la carta di stracci – la carta ricavata dal cotone, dalla canapa o dal lino – ma oggi seguiamo l’esempio che le vespe ci davano da tanti secoli».
Prede fresche Le vespe alimentano le loro larve imboccandole, esattamente come fa l’uccello per la sua nidiata. Adoperano, per l’imboccata, un impasto di prede fresche e succhi vegetali raccolti sia sui fiori sia sui frutti, secondo la stagione. «Quanto alle prede viventi, ho visto vespe che, una dopo l’altra, venivano a staccare delle mosche dai vetri di una stazioncina di campagna e le portavano via tra le loro zampe alla guisa di un’aquila che rapisce una lepre».
Poltiglia Per preparare la poltiglia da servire alle larve, le vespe tolgono alla preda le ali e le zampe, conservando solo le parti molli che masticano e rimasticano, impastandole coi succhi vegetali raccolti e immagazzinati nel loro gozzo.
Vespa addomesticata Sir John Lubbock (1834 - 1913), illustre naturalista inglese, aveva abituato una vespa poliste a mangiare dalla sua mano, dove la deponeva. Da principio l’insetto mostrava un po’ di nervosismo, allungando e ritirando il suo pungiglione, ma senza usarlo. Poi s’abituò e quando le si porgeva un po’ di sciroppo sulla punta di un bastoncino, l’accettava volentieri.
Baco da seta Il baco da seta (cioè la larva della farfalla Bombyx mori) costituisce, con l’ape, uno di rarissimi esempi di addomesticamento di insetti.
Uova sotto le ascelle Oliviere de Serres (1539 –1619), agronomo e naturalista, racconta che al tempo suo le uova di Bombyx mori, la farfalla del gelso, venivano messe a covare al calore del corpo umano, chiudendole in sacchetti collocati sotto le ascelle o tra i seni delle donne (oggi vengono messi in grandi incubatrici). «D’altra parte esistono, come sempre, dei ritardatari che rimangono fedeli ai vecchi sistemi per economia o per amore della tradizione. Ho visto nel 1938, in un piccolo villaggio della Provenza, delle uova messe a covare in una scatola da scarpe tenuta durante il giorno accanto a una stufa e di notte sotto la coltre dell’allevatrice. Le prime schiuse alle quali assistetti furono, d’altronde, perfettamente normali».
Seta Per filare il suo bozzolo il baco sceglie un rametto e, spostandosi su questo come un ragno che si disponga a tessere la sua tela, comincia col fissare attorno a sè, agli oggetti vicini, numerosi cavi di seta spessa. La secrezione della seta ha luogo a mezzo di due ghiandole simmetriche che si raggiungono in un canale unico sotto la bocca del baco in un organo mobile e retrattile, la filiera o trafila della seta. Una volta costruita la rete di sostegno, il baco vi si sospende e, restringendo il suo campo d’azione, si mette a fabbricare l’abbozzo della sua dimora. La seta che adopera a questo fine è abbastanza grossolana; essa forma la bavella che circonda e protegge il bozzolo propriamente detto ma con l’avanzare del lavoro, quando si tratterà di tappezzare le pareti vere e proprie della celletta, il filo si farà sempre più sottile, sempre più vaporoso, sempre più aereo: sarà veramente seta.
Filo di seta Il baco, per fare il bozzolo, produce un filo della lunghezza media di 1.500 metri.
Crisalide Il bruco, dopo tre quattro giorni di riposo, si trasforma in crisalide, abbozzo della farfalla futura, «mummia avvolta nelle sue fasce ma nella quale si profilano embrioni d’ali, di zampe di antenne». A questo punto gli allevatori hanno finito il loro compito: allevano il baco per averne il bozzolo, lo scopo è raggiunto: «Dunque i bozzoli, dopo essere stati appesi circa otto giorni ai ramoscelli che li sostengono, vengono staccati – è la “sbozzolatura” – e mandati a vendere. Prima però la crisalide che racchiudono «viene asfissiata, col calore secco o la cloropicrina, in stufe speciali dove si ergono montagne di piccole bare che diventeranno poi le stoffe splendenti delle quali ci orniamo».
Ramoscello di bozzoli L’allevatore oggi vende i suoi bozzoli alle cooperative. «Sistema, questo, più moderno. Un tempo, in Provenza, veniva istallata una bilancia sulla piazza del villaggio. Al canto delle cicale il sensale acquirente pesava la raccolta che gli veniva portata da tutti gli angoli della campagna in lenzuoli di bucato. C’erano anche vecchie usanze commoventi come quella che avevano gli allevatori di deporre in omaggio in chiesa, sull’altare della Vergine, un ramoscello tolto al “bosco” della loro bigattiera e tutto guarnito di bozzoli».
Liquido In natura, tre settimane dopo che il baco s’è chiuso nel bozzolo, la farfalla in cui s’è trasformato deve forare la sua prigione, e per farlo usa un liquido, immagazzinato nel gozzo, col quale umetta l’interno della parete. Questo prodotto non brucia la seta, non rompe il filo, come si è creduto per molto tempo; esso scioglie soltanto la sostanza che agglutina la trama e permette all’insetto di uscire, scostando il tessuto con la testa. Sicché i bozzoli che hanno dato la loro farfalla possono essere dipanati altrettanto bene come gli altri, mediante alcune precauzioni.
Uova allineate Quando depone le uova la farfalla di Bombyx mori sta molto attenta a non ammassarle (cosa che nuocerebbe alla schiusa). L’estremità dell’addome si sposta delicatamente, come un dito, in modo da deporre ciascun uovo in linea col precedente. La deposizione può durare uno o due giorni dopodiché la madre muore sulle sue uova.
Quindici giorni La farfalla di Bombyx mori non vive più di quindici giorni.