FRANCESCO VACCARINO, La Stampa 17/11/2010, pagina 30, 17 novembre 2010
Come sono belli i numeri - Esistono libri che possono indirizzare la vita di una persona. Ci sono testi, che, specie se uno li legge da ragazzino, ne viene catturato e finisce per trovarsi lungo un cammino che ne segnerà la vita
Come sono belli i numeri - Esistono libri che possono indirizzare la vita di una persona. Ci sono testi, che, specie se uno li legge da ragazzino, ne viene catturato e finisce per trovarsi lungo un cammino che ne segnerà la vita. Ad esempio, poco più che bambini, incontrammo «I trent’anni che sconvolsero la fisica» di George Gamow. E fu subito amore. Planck, Einstein, Heisenberg, Schroedinger, De Broglie e Dirac erano i sei moschettieri protagonisti di un’avventura meravigliosa ai confini del pensiero. Dopo, crescendo, fu la volta del mitico volume scritto dai matematici Courant e Robbins «Che cos’è la matematica?». Questo libro permette, come una grande scuola velistica, di iniziare a navigare, sempre più lontano dalla costa, tra le idee che permeano la matematica. Si parte dalle più semplici per arrivare ad alcuni concetti molto avanzati. Alla fine vinse la matematica e la fisica fu messa da parte. Fare divulgazione scientifica, parlare a un grande pubblico di non specialisti, è un’attività molto seria e difficile. La matematica in particolare, è dotata di un suo linguaggio codificato, che richiede anni di formazione per essere maneggiato. Questo rende difficile parlarne, isolandone le idee, le intuizioni, trasformandole in immagini, senza perdere un buon livello di precisione, senza diventare noiosi o incomprensibili. Una tentazione è quella dell’agiografia semibuffa. La comunità dei matematici è abitata da individui talvolta singolari. La tentazione, figlia di un tardo romanticismo d’accatto, è quella di tipizzare i matematici attraverso le eventuali follie o bizzarrie di alcuni di loro. Insomma, il solito «genio e sregolatezza». E così capita raramente di incontrare libri come quelli menzionati. Negli ultimi anni possiamo ricordare quelli di Marcus Du Satoy e di Ian Stewart, entrambi vincitori del Premio Peano. Questo è conferito ogni anno, ormai da 10, dall’Associazione Subalpina Mathesis, con il patrocinio del Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino, per il miglior libro di lettura matematica pubblicato in Italia durante il relativo anno accademico. Quest’anno il premio è andato a David Ruelle, per «La mente matematica». Ruelle è un grande fisico matematico. Ha dato importanti contributi alla meccanica quantistica e statistica, alla dinamica differenziale e alla teoria del caos. Il Premio Peano si aggiunge a numerosi riconoscimenti, tra i quali la Medaglia Boltzmann. Il libro è un piccolo capolavoro che, a nostro parere, può stare tranquillamente accanto a quelli di Gamow, Courant e Robbins in biblioteca. Ruelle si propone, riuscendoci, di condurre il lettore dentro la mente di un matematico. Ci guida nei processi e recessi che conducono all’invenzione, o alla scoperta, delle idee della matematica. Le idee sono spiegate in modo semplice, chiaro, mai semplicistico. Esemplari sono i capitoli che esemplificano la battaglia intellettuale per una nuova matematica condotta da Nicolas Bourbaki, lo pseudonimo sotto il quale si nascondeva un gruppo di grandi matematici francesi. L’autore non tralascia di affrontare temi spinosi quali l’espulsione, di fatto, di Alexander Grothendieck dalla comunità matematica francese. Lo fa senza pietà, mettendo il dito nella piaga del corporativismo delle Grandes Écoles francesi. Dopo aver introdotto il concetto di emergenza, che sta alla base della teoria dei sistemi complessi, il finale del libro si concentra sui temi della bellezza in matematica. Questo aspetto estetico nella matematica è molto difficile da comunicare. Un matematico lo coglie perché è in grado di «sentire la musica nella testa», come un musicista fa leggendo un pentagramma. Il libro è anche autobiografia attraverso gli straordinari camei raffiguranti personaggi del calibro di Andrè Weyl, Alexander Grothendieck. Emerge così l’affresco di un’età dell’oro per la matematica, la seconda metà del ’900, che include un luogo mitico per i matematici - l’«Institut des Hautes Etudes Scientific» di Parigi - dove Ruelle lavora. Dopo aver letto «La mente matematica» rimane un solo rimpianto: non avere più 11 anni e la possibilità di innamorarsi ancora, attraverso il libro, da ragazzino, della matematica.