RICCARDO LATTANZI, La Stampa 17/11/2010, pagina 28, 17 novembre 2010
Computer veloci come la luce - Il prossimo anno l’Ibm dovrebbe raggiungere la vetta della classifica dei calcolatori più veloci al mondo (http://www
Computer veloci come la luce - Il prossimo anno l’Ibm dovrebbe raggiungere la vetta della classifica dei calcolatori più veloci al mondo (http://www.top500.org/) grazie a Blue Waters, una macchina da 10 petaflops, vale a dire capace di eseguire 10 milioni di miliardi di calcoli matematici al secondo, che verrà installata alla University of Illinois, negli Stati Uniti. Prestazioni simili sono diventate possibili grazie ai collegamenti in fibra ottica - più di un milione proprio nel Blue Waters - che abbattono la barriera tecnologica delle connessioni in rame nei circuiti, permettendo ai bits di viaggiare alla velocità della luce. Se come me state sospirando al pensiero di quanto vi piacerebbe giocare a tris con la versione adulta di Joshua (vedi «Wargames» di John Badham), non disperate: presto anche i personal computer potranno vedere la luce in fondo al cavo. «Oggi nei supercomputers la fibra ottica è usata per le connessioni tra processori, o tra schede. Noi stiamo lavorando al passo successivo, che sarà portare l’ottica all’interno del chip, per aumentare la potenza di calcolo di due, tre ordini di grandezza». A parlare è Luca Dal Negro, veronese, professore al dipartimento di ingegneria elettronica della Boston University e responsabile del laboratorio di nanomateriali e nanostrutture fotoniche. «La fotonica - aggiunge - è la tecnologia della luce che viene usata all’interno dei microcircuiti ottici per trasmissioni ultraveloci a bassa dissipazione termica». Quest’anno il suo team di ricerca è arrivato molto vicino alla costruzione della prima sorgente di luce laser basata sul silicio, materiale diffusissimo e poco costoso, usato nel 90% dei microcircuiti elettronici, i microchip. Un risultato importante, perché per usare i fotoni al posto degli elettroni, senza aumentare le dimensioni, il costo e il consumo energetico dei chip, la sorgente di luce deve necessariamente essere integrata nella piastra di silicio. Dal Negro ha avuto l’intuizione di costruire un laser direttamente col silicio durante il dottorato di ricerca in fisica all’Università di Trento, insieme a Lorenzo Pavesi. Proprio un loro articolo del 2000 sulla prestigiosa rivista «Nature», che dimostra la possibilità di amplificare la luce con il silicio, ha dato il via ad un nuovo filone di ricerca, la Silicon Photonics, su cui oggi lavorano laboratori in tutto il mondo e aziende del calibro di Ibm e Intel. La radiazione laser è generata grazie al processo quantistico di emissione stimolata, per il quale certi materiali (noti come «mezzi attivi») emettono luce se stimolati da sorgenti esterne di energia, come correnti elettriche oppure come fasci di luce. Il mezzo attivo è posizionato all’interno di un sistema di specchi - la «cavità ottica» - dove la luce emessa rimbalza di continuo, amplificandosi ad ogni passaggio. Se le perdite di luce introdotte dalla cavità sono minori del «guadagno» di amplificazione del mezzo attivo, il sistema raggiunge il regime di emissione laser ed inizia a generare luce. «Il silicio di per sé è poco efficiente come mezzo attivo e per questo si mischia con altri materiali. Il mio gruppo di ricerca, in collaborazione con l’università di Stanford in California, è riuscito a raggiungere per la prima volta la soglia critica della reazione laser, utilizzando nanostrutture di silicio all’interno di materiali non cristallini (amorfi), accoppiati con atomi di Erbio (un elemento delle cosiddette “terre rare”)». Secondo Dal Negro, ci vorranno, però, alcuni anni prima di riuscire a superare la soglia e dimostrare che è possibile generare un fascio di luce laser con il silicio. Nel frattempo ha cominciato ad esplorare anche altre soluzioni. Lo scorso anno ha ricevuto un importante finanziamento dalla National Science Foundation americana per studiare delle nanostrutture fotoniche molto complesse che in futuro potrebbero servire a costruire un «laser aperto», cioè privo della cavità ottica. «L’idea è di sfruttare la complessità strutturale di questi materiali per intrappolare la luce al loro interno come si farebbe con gli specchi di una cavità ottica tradizionale», spiega Dal Negro. La sorgente di luce, in questo caso, sarebbe più piccola e meno costosa, ideale quindi per portare l’ottica sui chip dei personal computer. Ma ci sono anche altri vantaggi, come una maggiore flessibilità. «Una volta capito come la luce rimbalza in questi labirinti ottici naturali, saremo in grado di progettarli, manipolando la disposizione degli atomi. Diventerà quindi possibile fabbricare nanostrutture e sistemi ottici in grado di operare efficientemente a diverse frequenze». Dal Negro e il suo gruppo - 15 persone tra ricercatori e studenti - stanno anche pensando a possibili applicazioni in campo biologico. «Se, per esempio, cospargiamo la superficie di un materiale con alcune proteine e la irraggiamo con una sorgente luminosa, dall’analisi di come si disperde la luce possiamo risalire alla composizione delle proteine stesse per monitorarne la crescita». L’utilizzo delle proprietà ottiche delle nanostrutture metalliche per sensori biomedici è stato uno degli esempi che Dal Negro ha presentato alla scuola estiva di nanoplasmonica, organizzata lo scorso luglio dalla Scuola Superiore di Fisica dell’università di Catania. «La scuola è stata un’occasione per poter tornare in Italia, ma soprattutto un modo per incontrare colleghi con cui instaurare delle collaborazioni di ricerca. Il nostro Paese conta diversi centri di eccellenza nel campo della fotonica, con studenti bravissimi, che spesso riesco a portare con me a Boston per periodi di ricerca e di scambio». Dal Negro, che a soli 34 anni è già un nome noto nel settore, annovera collaborazioni con il «Lens» di Firenze, l’Università di Catania, la Federico II di Napoli e quella di Trento. Proprio dall’ateneo trentino partì nel 2002 alla volta del Massachusetts Institute of Technology con un contratto da post-dottorato. Come molti, pensava di rientrare. Poi, non ancora trentenne, gli è arrivata un’offerta da professore con carta bianca per creare il proprio laboratorio di ricerca e l’entusiasmo ha sopraffatto la nostalgia.