LUCA FORNOVO, La Stampa 17/11/2010, pagina 12, 17 novembre 2010
I guai del Portogallo tra politica, debito e l’allarme recessione - C’ è il rischio che gli investitori comprino sempre meno i titoli del debito pubblico portoghese, la coalizione di governo è fragile, gli obiettivi di riduzione del deficit sono troppo ambiziosi e la crescita è troppo debole
I guai del Portogallo tra politica, debito e l’allarme recessione - C’ è il rischio che gli investitori comprino sempre meno i titoli del debito pubblico portoghese, la coalizione di governo è fragile, gli obiettivi di riduzione del deficit sono troppo ambiziosi e la crescita è troppo debole. Ci sono almeno quattro buone ragioni, secondo il team di ricerca della banca svizzera Ubs, che potrebbero portare ben presto il Portogallo a fare come l’Irlanda e cioè a chiedere aiuti all’Unione Europea. La pensa allo stesso modo un’altra banca svizzera: secondo il Credit Suisse «il Portogallo non riuscirà a centrare gli obiettivi che prevedono un deficit statale in discesa dal 9,3% sul Pil del 2009 al 7,3% per quest’anno e in calo al 4,6% per il 2011». La britannica Barclays è più ottimista e mette in evidenza le differenze rispetto all’Irlanda: «Il sistema bancario è comunque ancora solido ed è rimasto immune dalle bolle finanziarie e immobiliari». Ma la stessa Barclays non fa sconti sul farraginoso sistema fiscale lusitano. «La tassazione, spesso complessa e soggetta a frequenti interventi normativi - spiegano gli analisti Barclays - colpisce soprattutto il lavoro e meno i consumi e la proprietà. Le generose esenzioni fiscali su diverse voci premiano inoltre i redditi più alti». Secondo gli analisti, le frodi e l’evasione, malgrado gli sforzi degli ultimi anni, rimangono diffuse e la perdita dei ricavi è fra le più alte in Europa. Sui guai della politica è già stato molto chiaro il ministro degli Esteri Luis Amada che ha detto che «senza una grande coalizione di governo il Portogallo rischia di dover uscire dall’euro». Oltre alla sfida del deficit, il governo di Lisbona deve mantenere un rigoroso piano di austerità per riportare sotto controllo il bilancio statale. Il debito pubblico vedrà, comunque, un balzo dall’82,1% del Pil di quest’anno all’86,6% del 2011 per poi stabilizzarsi nel 2012. Le misure prevedono, fra l’altro, il taglio degli stipendi dei dipendenti pubblici del 5%, il blocco delle assunzioni e la crescita dell’Iva di due punti al 23%. Il varo di credibili e stabili misure di risanamento è necessario per il successo delle aste dei titoli di Stato: una da 700 milioni è in programma oggi e due più corpose a dicembre. Ma soprattutto, per evitare che i rendimenti siano troppo onerosi. I bond decennali pagano un rendimento di ben il 6,8%. Inoltre in primavera si porrà il problema delle scadenze: secondo il Credit Suisse, il governo lusitano dovrà rimborsare due maxi-obbligazioni. La prima che scade ad aprile da quasi 4 miliardi di euro e la seconda a giugno da oltre 5 miliardi. Poi c’è la recessione che ormai è alle porte. Le misure di austerity decise dal governo potrebbero comprimere la già esigua crescita dell’1% del Pil di quest’anno fino ad arrivare a quota zero nel 2011 o peggio a segnare un andamento negativo. Sebbene il governo preveda per il 2011 un aumento dello 0,3%, l’Fmi vede un rischio di un -1,4% e S&P del -1,8%. Insomma secondo analisti e strategist la crisi portoghese non va affatto sottovalutata, anche perché Lisbona non è in una situazione molto diversa da Dublino. E il rischio contagio per l’Europa non è di poco conto, certo più basso dell’Irlanda ma non della Grecia. Secondo alcuni dati della Banca dei regolamenti internazionali (Bri), il rischio Portogallo per gli investitori esteri vale circa 200 miliardi di euro.