PAOLO COLONNELLO, La Stampa 17/11/2010, pagina 9, 17 novembre 2010
Il consigliere in contatto con il boss - Forte di un esercito di almeno 500 uomini, suddiviso in 15 «locali» (le famiglie mafiose) che si estendono in maniera capillare da Milano fino a Sondrio coinvolgendo quasi tutti i comuni della Brianza operosa e allargandosi a macchia d’olio verso sud fino a Pavia, la ’ndrangheta in Lombardia è una realtà ormai consolidata, fotografata con realismo impressionante nell’ultima inchiesta della Dda milanese e reggina che nel luglio scorso ha fatto finire in carcere 300 persone, di cui 180 solo nel milanese
Il consigliere in contatto con il boss - Forte di un esercito di almeno 500 uomini, suddiviso in 15 «locali» (le famiglie mafiose) che si estendono in maniera capillare da Milano fino a Sondrio coinvolgendo quasi tutti i comuni della Brianza operosa e allargandosi a macchia d’olio verso sud fino a Pavia, la ’ndrangheta in Lombardia è una realtà ormai consolidata, fotografata con realismo impressionante nell’ultima inchiesta della Dda milanese e reggina che nel luglio scorso ha fatto finire in carcere 300 persone, di cui 180 solo nel milanese. Diventata ormai la principale organizzazione criminale del nord, il sistema delle cosche calabresi, grazie ai proventi del traffico di droga (e, prima ancora, dei sequestri di persona), della prostituzione, delle estorsioni e degli appalti, ottenuti con infiltrazioni costanti in piccole e medie società e nei meccanismi delle amministrazioni pubbliche, è in realtà una gigantesca holding illegale in grado di fatturare e riciclare migliaia di miliardi di euro: nel 2007 si calcolava che la ’ndrangheta in Lombardia fosse in grado di ripulire il 75 per cento del proprio fatturato, 55 miliardi di euro, pari al 5 per cento del Pil italiano. «E’ stato colpito il cuore del sistema», annunciò il Ministro degli Interni Roberto Maroni l’indomani degli arresti di luglio, spiegando poi che non si sarebbe «guardato in faccia a nessuno», ben consapevole che una presenza criminale così radicata nel territorio avrebbe potuto anche coinvolgere qualche esponente del suo stesso partito, la Lega. Eppure, nelle migliaia di pagine che compongono l’ordinanza di luglio dei giudici, c’è un solo riferimento sicuro al partito di Bossi e riguarda un consigliere regionale, allo stato non indagato. Si tratta di Angelo Ciocca (che pensa di querelare Saviano), 35 anni, eletto nella scorsa tornata con un numero impressionante di preferenze (quasi 19 mila voti) riuscendo a sbaragliare addirittura Renzo Bossi che, pur essendo eletto a Brescia poteva contare su un bacino di voti triplo rispetto alla provincia di Pavia, dove Ciocca è nato e, politicamente cresciuto fino a diventarne ex assessore provinciale. Il nome del consigliere leghista finisce tra le carte dell’inchiesta sulla ’ndrangheta per un incontro, fotografato dai carabinieri del Ros, con il presunto boss Pino Neri, avvocato tributarista, considerato il "reggente" della "Lombardia" per le cosche calabresi. In ballo un appartamento venduto da Neri a Ciocca a un prezzo vantaggioso in cambio dell’interessamento a far eleggere un proprio candidato. Il contesto è proprio quello delle elezioni regionale 2009. Neri sponsorizza, secondo gli inquirenti, un proprio uomo, Francesco Del Prete, candidato nelle liste Rinnovare Pavia. Il 22 giugno di quell’anno, Neri e Del Prete discutono del fatto che la Lega sembra porre un veto sul nome di Del Prete, e di averlo saputo dallo stesso Ciocca. E, come emerge da alcune telefonate, il presunto boss e il suo candidato riescono ad ottenere l’interessamento di Ciocca affinchè si tolga ogni ostacolo all’elezione. Agli atti c’è un’intercettazione tra Ciocca e Neri relativa alla compravendita di un appartamento in piazza Petrarca a Pavia: l’avvocato avrebbe offerto al consigliere leghista (all’epoca ancora assessore provinciale) l’appartamento di un suo amico costruttore a un prezzo molto basso. I due s’incontrano pochi giorni dopo, sotto gli occhi e le telecamere dei carabinieri. Sono presenti anche Del Prete e un certo Antonio Dieni, un costruttore edile di Sant’Alessio, il paese di origine di Ciocca, il cui nome ricorre molto spesso negli atti della Dda. I quattro parlano un po’, poi entrano in un edificio di Piazza Petrarca. E quando ne escono attraversano la strada per entrare nella filiale della banca del Monte dei Paschi di Siena. Il giorno dopo, rilevano gli inquirenti, Del Prete comunica a Pino Neri di avere ricevuto la promessa della delega all’Asm di Pavia, come era stato deciso durante gli incontri. Ma di fatto, le urne consegnano un risultato diverso e Del Prete rimane il primo dei non eletti con 251 voti. Ciocca diventa così, per gli inquirenti, un personaggio "sotto esame" per una vicenda che, come altre dove ci sono politici di entrambi gli schieramenti coinvolti, attende ancora di essere chiarita. All’interno di un’inchiesta per nulla conclusa e che consegna alla Lombardia e a Milano un triste primato conquistato da tempo: capitale della ’ndrangheta.