Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 17/11/2010, 17 novembre 2010
LA MOLTIPLICAZIONE DEI VOTI E I DOLORI DELLE DEMOCRAZIE
In un dibattito alla tv tedesca sulle dimostrazioni contro il progetto urbanistico Stuttgart-21 che eliminerebbe buona parte della vecchia stazione di Stoccarda, un autorevole ospite ha detto che il sistema della democrazia parlamentare rappresentativa è da rivedere. Quando fu concepito, il mondo non era quello di oggi: non c’ era né il livello di educazione generale né la diffusione di informazioni di qualsiasi tipo oggi disponibili. Oggi ci sono nel popolo, sempre di più, persone che hanno maggiori conoscenze tecniche di quelle che sono in Parlamento; e queste persone valutano l’ esito del dibattito parlamentare. Ma né la gente che esprime il suo disaccordo né gli esperti fuori dall’ ambito parlamentare vengono presi in considerazione, forse perché si ritiene che non abbiano le capacità di comprendere. E magari ci si rifiuta di pubblicare informazioni, costi aggiuntivi, ecc., perché «non sarebbe nell’ interesse del popolo». Ecco perché nascono manifestazioni come quella di Stoccarda. Il popolo è sovrano soltanto quando vota, poi deve tornare nella sua cuccia. Forse sarebbe da rivedere il sistema. Che cosa ne pensa?
J. van de Kassteele
giacobbe@linuxmail.org
Caro van de Kassteele, qualche tempo fa un ministro del governo cinese avrebbe detto ironicamente a un uomo politico italiano di essere preoccupato per le condizioni di salute delle democrazie occidentali. Gli elettori sono sempre più frequentemente chiamati alle urne: per i Comuni, le Province, le Regioni, il Parlamento nazionale, i referendum. I governi vivono continuamente nel timore di perdere, ancora prima delle normali scadenze politiche, il consenso dei loro elettori. E questa incertezza li rende esitanti, cauti, pronti a correggere se necessario i loro progetti iniziali. Secondo il ministro cinese, quindi, le democrazie occidentali sarebbero meno adatte di altri sistemi politici a impostare riforme di grande respiro e di lungo termine. A queste riflessioni aggiungo che gli elettori non votano soltanto mettendo le loro schede nell’ urna. Votano quando rispondono ai sondaggi, quando intervengono telefonicamente in una trasmissione radiofonica o televisiva, quando si servono di una chat line o reagiscono a idee che circolano nei blog, mandano un sms, aprono una finestra su Facebook. I politici, d’ altro canto, credono che sia necessario stare al gioco e fanno a loro volta un largo uso di Facebook, YouTube, Twitter. Rincorrono gli elettori e sembrano dimenticare che contribuiscono in tal modo all’ aumento del numero dei voti quotidiani. Vi erano una volta, nel funzionamento delle democrazie parlamentari, intervalli abbastanza lunghi durante i quali il manovratore non veniva disturbato. Quegli intervalli si sono progressivamente accorciati sino a scomparire. Oggi i governi vengono giudicati ogni giorno, spesso sulla base di informazioni imprecise e di dati approssimativi. Viviamo tutti in una sorta di campagna elettorale permanente. Lei sembra credere, caro van de Kassteele, che la società sia oggi tecnicamente più preparata e informata di quanto siano i membri di un Parlamento, e che questa sia la principale ragione del malumore. Forse, ma la conoscenza tecnica non basta a fare leggi che fissino con precisione i termini della questione e calcolino le possibili ripercussioni negative di un provvedimento. Non è tutto. Accanto ai rilievi dell’ elettore esperto e informato, vi è la società del brontolio, del mugugno, della diffidenza e della paura, divenuta in questi ultimi tempi sempre più numerosa. Si compone di persone che temono la modernizzazione, l’ immigrazione, i mutamenti che incidono sulle loro abitudini e prerogative. Nascono così i partiti e i movimenti qualunquisti, populisti, xenofobi, troppo piccoli per governare, ma abbastanza grandi per spaventare i governi e costringerli, come nei Paesi Bassi, a mercanteggiare il loro appoggio. È certamente vero, quindi, che il sistema democratico ha bisogno di essere rinnovato e adattato ai tempi con formule che sappiano conciliare le esigenze dei governi e quelle dei cittadini. Ma i governi, per il momento, preferiscono navigare alla giornata.
Sergio Romano