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 2010  novembre 16 Martedì calendario

ECCO LA RIVOLUZIONE NELLE ANAGRAFI DEL VECCHIO CONTINENTE: OLTRE UN TERZO DEI NOMI ISCRITTI OGGI SONO FIGLI DEGLI IMMIGRATI

«Pronto sono Mohammed, anzi volevo dire Alexandre». La crisi di identità è un effetto collaterale da mettere in conto quando sei un ragazzo francese con un nome "strano" e lavori in un call center. «Per vendere al telefono, il tuo nome non va bene» gli aveva detto il direttore dell´azienda. Mohammed, 19 anni, nato a Parigi da genitori marocchini, ha accettato di fingersi Alexandre per qualche settimana. Poi, un giorno, ha deciso di sporgere denuncia per discriminazione. Ma Mohammed e tutti quelli che si chiamano come il Profeta hanno già vinto, è solo questione di tempo. Il suo nome è tra quelli più diffusi in molte parti d´Europa, una corsa inarrestabile. I nuovi nati che si chiamano così sono i più numerosi in città a forte immigrazione come Marsiglia, Bruxelles e Oslo, sono primi anche in Inghilterra e nel Galles, dove hanno superato i classici Oliver e Harry. Nomen omen. Il nome è il presagio, dicevano i latini. Non vale solo per le persone. L´avanzata dei Mohammed d´Europa ci racconta dell´importanza dei flussi migratori nel combattere la denatalità del vecchio continente, e delle difficoltà dell´integrazione di nuove culture, come dimostra il caso dello studente francese.
Qualche mese fa, un bambino di nome Islam è stato escluso dalla selezione di un gioco a premi televisivo, fino a quando la famiglia non ha protestato e i dirigenti del canale si sono dovuti scusare. Molte aziende francesi chiedono curriculum rigorosamente anonimi, proprio per non rischiare discriminazioni. La tendenza al melting pot dei nomi è comunque in aumento. Mentre gli immigrati degli anni Sessanta volevano integrarsi a tutti i costi, e tendevano a dare ai loro figli nomi occidentali, quelli di seconda o terza generazione preferiscono farsi chiamare secondo la loro cultura d´origine.
Da secoli ormai, la scienza dei nomi propri, l´onomastica, anticipa e riflette il cambiamento delle società. I nomi viaggiano insieme ai popoli, vengono modificati oppure riadattati, alcuni nascono e muoiono con le mode, altri si tramandano nei secoli e sono in qualche modo inossidabili. Ogni lingua e ogni nazione ha un repertorio proprio, formato dagli strati linguistici che si sono sovrapposti e incrociati nel tempo. In Europa l´influsso del latino e del cristianesimo, e del greco attraverso l´uno e l´altro, ha costruito un´onomastica comune. A scorrere le classifiche dei nomi più usati nei diversi paesi dell´Ue si nota infatti che le mode corrono parallele e almeno su questo aspetto, il processo di unificazione del continente procede spedito. Se la diffusione di Mohammed non conosce confini europei, i suoi corrispettivi femminili sono Sofia ed Emma, che dominano in Belgio, Spagna, Francia, Norvegia, Danimarca, Finlandia, Olanda, Svezia, Germania.
L´immigrazione, insomma, non spiega da sola la vita (e la morte) dei nomi. «Il punto è stabilire quando un nome è straniero» osserva Enzo Caffarelli, direttore della Rivista Italiana di Onomastica. «Già nella Roma antica si usavano nomi greci in omaggio al prestigio di quella cultura, e nell´Alto Medioevo chi parlava ancora latino assumeva nomi longobardi, ostrogoti e franchi, mescolandosi agli occupatori germanici». Ci abitueremo anche a Mohammed, come in passato abbiamo addomesticato tanti altri nomi. Persino Giuseppe, nome del quale oggi in molti lamentano la progressiva scomparsa, è stato per molti secoli un nome raro e dunque guardato con sospetto. Fino al Concilio di Trento, era concentrato soprattutto nelle comunità ebraiche. «Fu la Chiesa a suggerirlo con forza ai parroci e alle famiglie». Il nome Sara ha incominciato a diffondersi a partire dagli anni Settanta, per via delle influenze americane, dove i protestanti hanno mantenuto, rilanciato e diffuso un gran numero di nomi biblici. Oggi le Sara d´Italia hanno almeno 50 nazionalità diverse: un record. «Molte famiglie di immigrati scelgono infatti nomi italiani» racconta Caffarelli. Tra i 50mila bambini di nazionalità straniera che nascono ogni anno in Italia ci sono molte Alessia, Giulia e Maria, così come Alessandro, Matteo, Marco e Francesco. «Gli stranieri - aggiunge Caffarelli che è anche coordinatore scientifico del Laboratorio Internazionale di Onomastica dell´Università di Roma 2 Tor Vergata - sono portatori di nomi doppi e tripli, per rendere omaggio contemporaneamente alle mode internazionali, alla lingua, religione e agli usi italiani».
L´Istat ha contato circa 4mila nomi differenti. Il nostro repertorio, eredità di una storia di antiche invasioni e dominazioni, è diventato tra i più ricchi nei paesi occidentali, formato da lingue italiche, latino, greco antico e bizantino, longobardo e franco, normanno, catalano, francese. Oggi non bastano 700 nomi per arrivare al 70% della popolazione. «La miopia ci induce a credere che, spariti centinaia di nomi del passato, oggi il repertorio si sia impoverito. Ma nel Trecento o nel Settecento - spiega lo studioso - erano meno di oggi». Nei repertori medievali spesso bastavano 4 o 5 nomi per la metà di una popolazione. Maria o Giovanni potevano arrivare, da soli, fino a un quarto o a un terzo del totale. Oggi per superare il 33% dei nati in un anno bisogna sommare 14 nomi maschili e 17 femminili. Altra particolarità, da noi i nomi di tradizione italiana resistono più che altrove. «Il celtico Kevin non è mai stato tra i primi cinquanta, in Francia è invece arrivato al primo posto» osserva Caffarelli.
Ma attenzione alle facili conclusioni. Le piccole Greta, sempre di più in Italia, non risultano ai primi posti in nessun altro paese europeo, nonostante sia un nome di origine scandinava. I bambini italiani chiamati invece Christian, Gabriele o Riccardo, non trovano riscontri all´estero. «Né è plausibile che l´attuale numero uno nel mondo occidentale possa avere riflessi significativi in Italia: si tratta di Jack». Secondo Caffarelli si può invece prevedere l´arrivo anche da noi dei francesi Léo e Léa, Chloé e di Arthur. Nomi più classici e a rischio desuetudine come Giuseppe o Maria potrebbero invece presto tornare d´attualità in casa nostra, sulla scia di quanto sta accadendo nei paesi dell´Europa centro-settentrionale.
Piaccia o non piaccia, ma il nome è suscettibile alle mode, come un capo d´abbigliamento. «E´ chiaro che se uno si chiama Irish o JR è perché i suoi genitori hanno ascoltato la canzone dei New Trolls o visto la serie Dallas - osserva Caffarelli - ma non si può certo parlare davvero di un fenomeno di massa. E comunque neanche questa è una novità». Prima di tv e cinema c´era il teatro, soprattutto quello lirico, c´era la devozione per i santi patroni, i nomi patriottici risorgimentali, quelli anarchici o socialisti, quelli ideologici fascisti. L´onomastica, comunque, segue alcune regole intramontabili. Per le donne, ad esempio, le scelte sono sempre più varie e numerose, a qualsiasi secolo e luogo. Esiste, poi, quella che viene definita la "carriera sociale" dei nomi di maggior successo. La diffusione è prima lenta, cresce rapidamente quando diventa un "nome associato a bambino", tocca quindi il vertice della parabola, per iniziare la fase discendente fino a scomparire quasi del tutto, perché avvertito fuori del tempo, "nome da persona anziana". «Ma come un mobile vecchio dopo un po´ diventa un pezzo d´antiquariato - aggiunge Caffarelli - così il nome cambia status e riacquista valore. E quelli dei bisnonni e delle trisavole vengono recuperati». Il ciclo dei nomi dura tra i 100 e i 130 anni, con ritardi o anticipi dovuti al traino di altri nomi o di altri fattori. Un secolo fa, ad esempio, i nomi femminili più usati erano Iole, Marcella, Fernanda, Clara, Ada, Elvira. «Non li portano più le bambine di oggi ma suonano familiari - conclude l´esperto di onomastica - perché li portano per lo più le nostre mamme, nonne e bisnonne. Prevedo a breve un loro ritorno". Mentre integriamo i nuovi nomi, succede che riscopriamo anche quelli più antichi. Presto Mohammed e Velia andranno a scuola insieme.