Varie, 16 novembre 2010
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Kaufmann Jonas
• Monaco di Baviera (Germania) 10 luglio 1969. Tenore • «Attualmente è il più famoso tenore del mondo. E anche il più discusso: non piace a tutti perché se sul musicista, l’interprete e l’attore c’è poco da (ri)dire, il timbro è molto particolare e la tecnica non certo quella classica “all’italiana”. Da qui infinite discussioni [...] ha fatto un’iniezione di sano divismo a un mondo dell’opera che di divi ha sempre avuto bisogno. Peraltro, i panni della star gli stanno larghi perché l’uomo è capace di farsi delle sane risate. Anche sulle sue corde vocali non infallibili [...]» (Alberto Mattioli, “La Stampa” 16/11/2010) • «[...] perfezionatosi con Hans Hotter e James King, ha iniziato la carriera professionale debuttando al teatro di Saarbrücken [...] Da giovane nutriva una venerazione per Fritz Wunderlich, raffinato tenore in grado di affrontare in modo adeguato non solo le opere tedesche, ma l’intero repertorio. E poi Plácido Domingo, uno dei tenori più flessibili, di cui stima la sete di conoscenza [...] “L’idea di specializzazione è frutto di una moda recente”, spiega, “e pensare che qualcuno con un nome tedesco non possa essere un interprete di opere francesi o italiane è erroneo. Quello che sto provando a fare è seguire la tradizione di grandi artisti che mi hanno preceduto. Molti hanno dimenticato che Elisabeth Rethberg, un soprano tedesco della prima parte del Novecento, era l’Aida preferita di Arturo Toscanini. E Renata Tebaldi era una grande Elsa in Lohengrin, Elisabeth in Tannhäuser ed Eva in Meistersinger di Wagner, anche se ha cantato questi ruoli in italiano. La musica e le emozioni sono universali e non c’è ragione valida per concentrarsi sui capolavori della propria lingua madre. Ogni artista sceglie il suo repertorio, ma riterrei una grave perdita se non mi permettessi di affrontare tutte le sfide che i grandi compositori e i loro poeti hanno lanciato a noi interpreti”. Certo il suo strumento vocale non è assimilabile a quello di Luciano Pavarotti, il tipico tenore latino. La sua è una voce sufficientemente flessibile per affrontare il repertorio lirico consueto e abbastanza scura per sostenere una scrittura più drammatica, con un registro medio-grave naturale il cui uso non compromette le note acute. “Non me la sentirei di affrontare Wagner se non fossi sicuro di possedere una voce corposa in centro e in basso, ma allo stesso tempo mi preoccupo sempre che gli acuti siano morbidi e mai spinti”, dice. [...]» (Riccardo Lenzi, “L’espresso” 26/3/2009).