Gillo Dorfles, Corriere della Sera 14/11/2010, 14 novembre 2010
CIURLIONIS, LA MUSICA DEI SIMBOLI
Le prime opere di Ciurlionis che ebbi occasione di ammirare nella Polonia degli anni Cinquanta mi impressionarono vivamente per la loro estraneità - e al tempo stesso per la loro consanguineità - con quelle di alcuni dei massimi artisti dell’ epoca, da Klee a Kandinskij a Munch; e mi parve misterioso il legame che poteva esistere tra la remota Lituania e il «civilissimo» Occidente. Eppure, la sua parentela con l’ arte dei Paesi occidentali deve essere sottolineata: penso ad esempio a Turner, anche se tanto precedente, eppure i cui paesaggi fantastici ricordano - anzi anticipano - gli onirici paesaggi dell’ artista lituano. Tuttavia se Ciurlionis può essere ricondotto addirittura a un postimpressionismo fin de siècle, questo non basta a giustificare l’ altro lato della sua complessa personalità: quello musicale e insieme misteriosofico che penso sia alla base di tutta la sua weltanschauung; altrimenti non si spregerebbe la presenza - in questa grande mostra odierna a Palazzo Reale di Milano (prodotta dalla Fondazione Antonio Mazzotta e dal Museo Nazionale Ciurlionis) - di tante opere dove il fattore «spirituale» (si abbia una volta tanto il coraggio di impiegare questo termine sospetto) prevale. D’ altronde - come viene ben sottolineato nelle acute presentazioni dei curatori Gabriella Di Milia e Osvaldas Daugelis, nonché nella nota biografica di Nijole Adomaviciene e nel saggio sulla musica di Michele Strinati - il fatto che l’ artista avesse costanti rapporti con alcune correnti teosofiche e spiritualiste è cosa nota e non può sorprendere; già guardando ai temi - e ai titoli - di parecchie sue opere. Non si dimentichi del resto che gli anni e cavallo tra l’ Ottocento e il Novecento avevano visto il germogliare di numerose correnti più o meno «iniziatiche», da quella storicizzata da Schuré a quella «praticata» dalla Annie Besant (grande profetessa della teosofia) a quelle più rigorose come l’ antroposofia di Rudolf Steiner. L’ altro aspetto che non può essere trascurato (anche se estraneo all’ analisi della sua attività pittorica) è quello della sua attiva partecipazione critica e soprattutto compositiva della musica con una assiduità che ricorda quella (sia pure di tutt’ altra dimensione) del nostro Alberto Savinio. Anche se non intendo soffermarmi sull’ annoso problema delle interferenze tra le due arti e senza voler rivisitare i problemi e l’ effettiva consistenza di tali rapporti, in questo caso l’ artista è stato, sin dall’ inizio, vicino a entrambe le arti anche se forse la sua originalità e autonomia pittorica non è stata raggiunta da quella musicale. A questo proposito - pur volendo includere Ciurlionis nell’ ambito d’ una atmosfera analoga a quella di tanti compositori più o meno coevi come Dvorák, Ciajkovskij, Grieg - non bisogna tralasciare il nome di quel compositore dell’ epoca, Skrjabin, che presentò molte analogie nel percorso d’ una sintesi delle due arti, proprio attraverso quel suo Clavier à lumière in cui suoni e colori venivano entrambi prodotti e utilizzati, portando a un estremo tentativo di sintesi attraverso la «sinestesia» che tanti artisti avvertono nel loro creare. Se, a questo punto, ci soffermiamo ad osservare le numerose opere esposte in queste rassegna (settantanove tra tempere e pastelli, 30 acquarelli e numerosi disegni e chine) che coprono il periodo di maggior attività dell’ artista, constatiamo come, sin dai primi dipinti del ciclo Creazione del mondo appare evidente la sua volontà di evidenziare, oltre alle immagini «naturalistiche» (paesaggi, alberi, fiori), l’ elemento spirituale, magico, arcano. Ecco, ad esempio, la serie della Creazione del mondo rarefatte tempere su carta o su tela, marine, foreste, montagne sempre avvolte da coltri di nebbie evanescenti, il cui «valore» non è certamente soltanto «fisico» e figurativo. Così nella Adorazione del sole, nella Fiaba; e naturalmente - data la tematica - nella Sonata della Piramidi e nella curiosissima Sonata delle stelle dove l’ incrociarsi di elementi ovoidali e di stesure orizzontali, fuori da ogni dimensione prospettica, è in sintonia con altre opere più narrative come Il viaggio del Principe. E si veda anche il grande ciclo Il sole attraverso i pianeti dello zodiaco: altra testimonianza dell’ illustrare una realtà fiabesca e metafisica. Un altro ciclo di straordinaria suggestività è quello delle Sonate anche questo sempre legato all’ elemento fiabesco. Fino a che punto una «veggenza» paranormale - o anche solo creduta tale - può alimentare delle realizzazioni artistiche interessanti? Naturalmente ogni giudizio dovrà essere tecnico ed estetico e non «spiritualista». Sappiamo, purtroppo, quanta paccottiglia pittorica (e letteraria) è stata smerciata con la giustificazione di una «ispirazione» pseudoesoterica. Ad ogni modo nel caso di Ciurlionis la convergenza tra la raffinatezza pittorica delle sue composizioni nebulose e oniriche e il «contenutismo» dei suoi racconti magici, ancestrali, occulti, ci permette di riconoscere che l’ incontro è stato quanto mai fortunato: un grande artista, lontano dalle tendenze delle scuole dell’ epoca, che ha saputo illustrare un suo universo immaginario con un’ efficacia cromatica e «narrativa» che permette di considerarlo come una delle personalità più anomale, ma positivamente anomale, dell’ arte all’ inizio del nostro secolo.
Gillo Dorfles