Gianmaria Pica, il Fatto Quotidiano 16/11/2010, 16 novembre 2010
AUTHORITY, SONO CARE E FORSE INDIPENDENTI
Le Autorità indipendenti sono nate per tutelarci dai monopoli, dalle irregolarità che grandi gruppi economici attuano a discapito dei consumatori, o dalle violazioni della nostra privacy. In pratica servono a far funzionare meglio un paese democratico. Eppure, pochi sanno quante sono, cosa fanno, quanto costano e da chi sono finanziate. Nella puntata di Report di domenica sera, il giornalista Bernardo Iovene ha preso in esame le più importanti Authority italiane: Consob, Antitrust, Privacy, Agcom, Isvap, Aeeg. Dovrebbero essere indipendenti. Eppure, le nomine dei presidenti e dei commissari – che sono diversi per ogni Autorità – vengono decise sempre dal Parlamento, dai partiti, dal governo e dai presidenti di Camera e Senato.
Alla “giungla dei criteri di nomina”, si aggiunge anche la “giungla retributiva” relativa agi stipendi – compresi tra 290 mila e 512 mila euro l’anno – spettanti ai vertici delle Autorità di controllo e garanzia. Pagare bene i presidenti e i commissari delle Authority – stipendio alto per non essere ricattabili – assicurerebbe loro una certa indipendenza dal potere politico-economico italiano.
Ma non sempre è così. Ne è un esempio il caso dell’inchiesta “Rai-Agcom” della procura di Trani. Giancarlo Innocenzi – il componente del consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, poi dimessosi – era solito ricevere telefonate dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in cui il premier chiedeva a Innocenzi maggiore determinazione da parte dell’Agcom nel contrastare la faziosità di talune trasmissioni televisive considerate ostili al governo (leggi Annozero). Le dimissioni di Innocenzi – ex deputato di Forza Italia – da commissario Agcom hanno aperto la corsa a una nomina (che spetta al Parlamento) con una retribuzione di tutto rispetto: 398.127 euro all’anno. Chi ha preso il suo posto? Antonio Martusciello, ex viceministro all’Ambiente, rimasto fuori dai giochi dopo il passaggio di consegne con Nicola Cosentino alla guida di Forza Italia in Campania.
I quattro commissari dell’Antitrust – Antonio Pilati, Piero Barucci, Carla Rabitti Bedogni, e Salvatore Rebecchini – ricevono quasi 430 mila euro l’anno a testa. Il loro presidente, Antonio Catricalà, guadagna circa 512 mila euro all’anno (trattamento economico da primo presidente della Corte costituzionale). Catricalà si porta a casa anche i 9 mila euro netti al mese in qualità di fuori ruolo dal Consiglio di Stato. Stessa cifra (512 mila euro) per il numero uno dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, Alessandro Ortis. Il suo unico commissario, il superstite Tullio Fanelli, guadagna poco più di 427 mila euro l’anno. Invece, il garante delle comunicazioni, Corrado Calabrò, percepisce quasi 40 mila euro al mese per un totale annuo di 477 mila. Mentre alla presidenza della Consob – carica ricoperta fino al luglio scorso da Lamberto Cardia , oggi alle Fs – vanno 430 mila euro, e i commissari Vittorio Conti (commissario anziano e presidente vicario), Michele Pezzinga e Luca Enriques guadagnano 358 mila euro l’anno. Il più “povero” è senza dubbio il garante della Privacy, Francesco Pizzetti: il suo stipendio annuo è di circa 290 mila euro.
Forse dovrebbero prendere esempio dal governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi. La sua retribuzione ammonta annualmente a circa 450 mila euro: il governatore francese Christian Noyer non supera i 142 mila, mentre il capo della banca centrale tedesca Alex Weber raggiunge appena i 101 mila euro. Draghi, però, ha deciso di ridursi lo stipendio del 10 per cento: il taglio riguarderà sia la sua retribuzione che quella dell’intero direttorio. Il numero uno di Palazzo Koch intende introdurre anche una riduzione del 5 per cento per la parte delle retribuzioni eccedente i 90 mila euro e del 10 per cento per quella oltre i 150 mila.