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 2010  novembre 16 Martedì calendario

Intervista a IAN MCEWAN: «Ho scoperto la scienza. E mi ha fatto ridere» Romanziere piuttosto serioso, adatto a fidan­zate intellettuali con allucinazioni morali, questa volta Ian McEwan ha stupito tutti davvero: Solar (Einaudi, pagg

Intervista a IAN MCEWAN: «Ho scoperto la scienza. E mi ha fatto ridere» Romanziere piuttosto serioso, adatto a fidan­zate intellettuali con allucinazioni morali, questa volta Ian McEwan ha stupito tutti davvero: Solar (Einaudi, pagg. 348, euro 20) è il libro più spassoso dell’anno, da versar la­crime per le risate, ma anche per ciò che impietosamente racconta sul mondo scientifico e sulla natu­ra umana (il protagonista Micha­el Beard è un Nobel per la fisica di un laidume spirituale da far spa­vento). A maggio,due mesi dopo l’usci­ta in Inghilterra, Solar si è persino guadagnato il premio «Bollinger Everyman Wodehouse» per il mi­glior romanzo comico in barba al suo stesso autore, che due anni prima aveva dichiarato: «Odio i ro­manzi comici: è come se ti sbattes­sero al tappeto per farti il solleti­co, obbligandoti a ridere». McEwan è in questi giorni in Ita­lia: il 25 e il 27 novembre va in sce­na all’Olimpico di Roma l’opera For you , di cui ha scritto il libretto. Mr. McEwan, si è ricreduto sulla sua vena comica? Non sapeva di possederla? «Che dire? La scienza è anche comica, come la vita che si fa quando ci si diverte. L’idea del li­bro mi è venuta durante un conve­gno a Postdam, Berlino, in cui in­contrai in una volta sola decine di Nobel scientifici, che erano lì, tut­to sommato, per divertirsi. Quasi tutti uomini, quasi tutti vecchi, ri­masi colpito dalla luce che ema­nava il loro ego smodato. Eppure alcuni il Nobel lo avevano vinto decenni prima. Osservai a lungo queste persone che vivono all’om­bra­di se stesse e gestiscono da bu­rocrati una gran quantità di soldi pubblici, facendo finta di parlare di surriscaldamento globale». E così nacque il personaggio di Michael Beard... «Di fatto, Beard è un Nobel che non si occupa più di scienza, ma tenta di districarsi tra amanti e oc­cupazioni di facciata, ed è caratte­rizzato soprattutto dall’avidità ­una avidità estesa, non solo di de­naro- e,per conseguenza,dall’es­sere sovrappeso. Una situazione tragicomica». Anchedrammaticatout court,vo­lendo. «Infatti. Ma quando decisi di tra­sporla in un romanzo, fui costret­to a togliermi di dosso la tentazio­ne di fare la morale, perché sareb­be stato il modo più sicuro per af­fossare racconto e contenuto. So­no finito tra le braccia della comi­cità. Il surriscaldamento globale non è una barzelletta, ma di certo sono comici tutti i tentativi che facciamo per risolverlo. Per dirne un’altra, mentre correggevo le bozze di Solar ci fu il congresso di Copenhagen, in cui la razionalità umana è stata soverchiata dagli aspetti più frivoli degli scienziati. Lo inserii nel romanzo. Forse tut­to questo accade perché non sia­mo programmati per fare favori ai nostri discendenti, cioè a degli sconosciuti. Preferiamo il do ut des con persone che possiamo guardare in faccia». Eppure suo figlio William ha ap­pena scoperto il vaccino contro il raffreddore! (ride). «È una panzana messa in giro dai mass media, di cui la scienza è spesso complice e vitti­ma. Come quando si scrive che un certo gene è causa, che so, di infedeltà coniugale. I genetisti sanno bene che non esiste un sin­g­olo gene che sia causa di qualco­sa. È l’interazione tra geni che può causare determinate situazio­ni, ma è una faccenda che stiamo appena iniziando a conoscere. Di una simile semplificazione è sta­ta vittima la ricerca di William». Tuttavia a centinaia tra quotidia­ni e rivistehanno gridato al mira­colo. «Inizia l’inverno, la gente è raf­freddata, meglio parlar di starnu­ti che di come l’équipe in cui Wil­liam lavora abbia trovato il modo di insediare un virus in una cellu­la ospite. I media funzionano co­sì. E la scienza è spesso consen­ziente. Il vaccino, se arriverà, sarà tra una ventina di anni. L’ultima volta che scienza e giornalisti so­no andati di pari passo credo sia stato all’inizio del Novecento». Anche la burocratizzazionedella scienzanon aiuta.Sidevono “esa­gerare” le scoperte per procac­ciarsi finanziamenti. «Già, come è stato possibile? Mi è capitato di passare parecchio tempo tra scienziati e letterati. I primi hanno un atteggiamento pratico da risolutori di problemi che mal si accompagna con le scartoffie. Queste ultime hanno il solo vantaggio di far aprire la scienza alla satira, allo humour, come in Solar . Ad ogni modo, quel che continua a piacermi de­gli scienziati è il loro ottimismo. Pensano davvero che sia possibi­le capire, descrivere e cambiare il mondo. Mentre gli scrittori si au­to- entusiasmano del loro pessi­mismo, si affliggono romantica­mente dei loro problemi, si scava­no dentro». Ma chi, allora, tra scienziati e scrittori è più vicino alla verità delle cose umane? «Domanda senza risposta. Francis Bacon, da alcuni ritenuto il padre della scienza, scrisse nel Seicento un saggio dove afferma­va che la verità è un gioco d’azzar­do, una giostra. Penso che scien­za e letteratura, alla fine, siano due modi per scalare la stessa montagna. Doversi documenta­re di scienza da romanzieri, poi, influisce persino sulla forma del racconto. Per Chesil Beach , Am­sterdam , L’amore fatale non ho fatto nessuna ricerca. Per Solar, invece, la fase di documentazio­ne è stata inseparabile dal pensie­ro narrativo. Ciò non apre nessu­na nuova mia fase “scientifica”, come ha scritto qualche critico. Non c’è scienza nel romanzo che sto scrivendo».