Stefano Filippi, il Giornale 14/11/2010, pagina 1, 14 novembre 2010
LA FRUSTATA DI MARINA
La frecciata è di quelle velenose, al curaro. E per essere sicuro che le tossine facessero effetto, l’onorevole Italo Bocchino l’ha ripetuta due volte davanti alle telecamere di Annozero . Si parlava delle dimissioni dei finiani al governo che arriveranno domani, per «galateo istituzionale»: così si è capito quanto Futuro e libertà tenga alle buone maniere, come siano beneducati i suoi ministri che, prima di pugna-larlo, aspettano che il premier rientri dall’Estremo Oriente e trascorra (augurio bocchiniano) «una domenica in famiglia a d Arcore e una serata con Lele Mora ». Michele Santoro non credeva alle sue orecchie: «Battute così non ce le siam o mai consentite nemmeno Travaglio e io».
Ma il veleno vero stava nella coda. Il braccio armato di Fini ha spiegato che si dimettevano perché «Berlusconi ha detto: Palazzo Chigi è mio, l’ho costruito io, lo devo lasciare a Piersilvio e Marina ». Replicato due volte a distanza di pochi minuti per certificare l’effetto.
Nessuno nello studio di Annozero ha raccolto l’accostamento del Cavaliere ai monarchi che cedono il trono in linea di sangue. È stata invece la stessa Marina Berlusconi a reagire. L’ha fatto ieri in un breve dialogo con l’agenzia Ansa. «Si è trattato di una battuta di pessimo gusto, come del resto quasi tutto quello che dice l’onorevole Bocchino - ha ribattuto il presidente di Fininvest e Mondadori, oltre che consigliere di Mediobanca - ; comunque, battuta per battuta, rispondo che mio padre di case ne ha già abbastanza, e che oltre tutto se le è pagate con il frutto del suo lavoro e con i suoi soldi, e non con quelli dei propri elettori e del partito». Ogni riferimento a Montecarlo è puramente voluto.
Replica sferzante, che stronca la strampalata ipotesi di una successione per via ereditaria alla guida del Pdl, e tuttavia segna in qualche modo una discesa in campo della donna più influente d’Italia ( copyright della rivista americana Forbes,
che la colloca al 48˚ posto tra le 100 più potenti del mondo, unica italiana). Marina è sempre stata accanto al padre, in famiglia e in azienda. Ne ha seguito le orm e nella carriera professionale, come manager del gruppo e in Mondadori. E negli ultimi mesi, con il susseguirsi degli scandali a sfondo sessuale e dopo la rottura del rapporto con Veronica Lario, la primogenita di Silvio Berlusconi si è messa alla testa dei quattro fratelli in sua difesa.
A fine maggio 2009, in pien a bagarre per il caso di Noemi Letizia, disse al Corriere della Sera che era «orgogliosa » del padre, che si era «superata ogni decenza» quando il segretario del Pd Dario Franceschini bollò Berlusconi come un cattivo genitore. Già allora all’indignazione per l’offesa personale ( «Quale diritto ha di dire una sola parola su Berlusconi padre?») e alla rabbia per le polemiche mediatiche su Noemi ( «Una montagna di infamie costruite sul nulla») si era unito il giudizio politico: «C’è un disegno portato avanti da chi non sa più nemmeno che cosa sia la politica».
Passato qualche mese, quando gli attacchi al premier coinvolsero le aziende di famiglia, in altri due colloqui con il Corriere (scelto come contraltare al pulpito preferito da Veronica, cioè Repubblica ), Marina Berlusconi ruppe di nuovo il silenzio. E anche in quelle occasioni la reazione unì la difesa del gruppo («uno scandalo giuridico la sentenza sulla vicenda Mondadori» con il risarcimento di 750 milioni di euro a favore di De Benedetti), l’orgoglio familiare («contro mio padre c’è una caccia all’uomo») e la critica a una certa politica: «C’è un’aria irrespirabile, l’opposizione si fa con dossier e pettegolezzi. Un pezzo di Italia, piccolo ma pericoloso, non riesce ad accettare il fatto che la maggioranza degli italiani vuol essere governata da Silvio Berlusconi » .
Convinzione ribadita lo scorso settembre, dopo lo strappo di Gianfranco Fini e la disputa sollevata da alcuni autori Mondadori: «Fini ha accusato mio padre di stalinismo, ma in quanto ad assolutismo è lui a poter vantare innegabili frequentazioni. Siamo a Segrate da vent’anni, paghiamo 2,2 milioni di euro di imposte al giorno: se la casa editrice è così, non lo è “nonostante” la famiglia Berlusconi, ma anche grazie al nostro essere liberali. Basta con l’eroismo a tassametro». In quell’occasione Marina rilanciò la polemica contro De Benedetti, imprenditore che «predica bene ma razzola male, malissimo», editore di «un quotidiano che in fatto di editoria pluralista e liberale ha ben poco da insegnare». Un argine a tutto campo, una difesa decisa e convinta, tutt’altro che d’ufficio. L’allusione di ieri a Montecarlo segna una nuova tappa: a brigante, brigante e mezzo. «Mio padre si è sempre comportato allo stesso modo: reagire, andare oltre, costruire e guardare avanti»: una lezione che anche Marina ha fatto propria.