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 2010  novembre 16 Martedì calendario

Materie prime, Berlino fa concorrenza alla Cina - Pur di slegarsi dal pericoloso abbraccio cinese e di aumentare la propria indipendenza sui mercati delle materie prime l’industria tedesca sta pensando a una soluzione poco ortodossa: le società concorrenti di un determinato settore potrebbero unire le loro forze e dar vita a un consorzio per assicurarsi insieme l’accesso ai principali metalli in giro per il mondo

Materie prime, Berlino fa concorrenza alla Cina - Pur di slegarsi dal pericoloso abbraccio cinese e di aumentare la propria indipendenza sui mercati delle materie prime l’industria tedesca sta pensando a una soluzione poco ortodossa: le società concorrenti di un determinato settore potrebbero unire le loro forze e dar vita a un consorzio per assicurarsi insieme l’accesso ai principali metalli in giro per il mondo. L’approccio si concretizza tutto in una formula: la Deutsche Rohstoff AG (Spa tedesca per le materie prime), una versione moderna della Deutschland AG, quel fitto intreccio di partecipazioni azionarie incrociate tra grandi imprese, banche e assicurazioni su cui si è retto per decenni il capitalismo tedesco. A rilanciare l’idea è stato ieri il numero uno di ThyssenKrupp, Ekkehard Schulz, che si è detto favorevole a creare una sorta di joint venture aperta alle società del settore dell’acciaio, del rame, dell’alluminio, dello zinco o del piombo. La «Materie prime Spa», che potrebbe essere anche quotata in Borsa, dovrebbe aiutare le aziende tedesche nell’approvvigionamento di metalli sempre più rari, rilevando ad esempio partecipazioni in miniere o comprando i diritti di estrazione all’estero. In tal modo le varie ThyssenKrupp, ArcelorMittal o Saarstahl non agirebbero più in ordine sparso, ma unirebbero di fatto le loro divisioni responsabili per l’acquisto delle materie prime. «Perché mai dovremmo lasciare l’Africa ai cinesi?» si è chiesto Schulz sul Financial Times Deutschland. Una domanda che in Germania rimbalza con sempre più frequenza ai piani alti delle grandi aziende. È vero che, per ora, i concorrenti di Thyssen hanno accolto la mossa con una certa freddezza: «Noi abbiamo una divisione per le materie prime relativamente forte», ha risposto ad esempio Michel Wurth, membro del cda di ArcelorMittal. Eppure, con la sua proposta, Schulz non è solo e, anzi, reagisce per primo a una sollecitazione arrivata direttamente dal governo federale. L’industria tedesca dovrebbe dar vita a una «Materie prime Spa», perché «c’è il rischio di una Opec dei minerali di ferro o di una Opec delle terre rare», aveva spiegato a inizio mese il ministro dell’Economia Rainer Brüderle da Ottawa. Una sede non casuale: il Canada è proprio uno degli Stati su cui la Germania punta di più per ridurre la propria dipendenza dalla Cina in fatto di metalli rari. Berlino ha infatti intenzione di «potenziare le collaborazioni coi partner ricchi di materie prime», come si legge in un nuovo piano approvato lo scorso mese dal consiglio dei ministri federale. In questa strategia rientra anche la decisione tedesca di fondare una speciale Agenzia per aiutare le imprese, specie quelle medio-piccole, a non restare tagliate fuori dai mercati delle materie prime. Del resto da settimane l’industria federale lancia segnali inequivocabili. «La situazione è peggiorata, l’esistenza di alcune imprese è a rischio», aveva detto a fine ottobre il presidente della Bdi (la Confindustria tedesca), Hans-Peter Keitel. Gli uffici della Bdi ricevono già le prime telefonate di imprenditori del solare che hanno difficoltà a rifornirsi di lantanio, una delle 17 terre rare, metalli che vengono estratti per il 97% in Cina e che sono fondamentali per il futuro di settori chiave come le energie verdi o la mobilità elettrica. In ogni caso la linea del governo è chiara: appoggio alle società sì, ma senza valicare i confini. L’idea del numero uno di Thyssen è apprezzabile, Berlino è anche pronta a mettere a disposizione delle garanzie pubbliche o dei contatti politici, ma una partecipazione statale di minoranza nel consorzio (come chiesto da Schulz) non ci sarà, ha affermato Brüderle. Dopo tutto, ha aggiunto il ministro liberale, nessuno vuole una "Veb", cioè un’azienda a controllo statale tipica della defunta Germania dell’Est.