MATTIA FELTRI, La Stampa 16/11/2010, pagina 7, 16 novembre 2010
Fini e Bersani non si fanno male - Forse Nick Hornby, il re delle classifiche, il catalogatore delle memorie, il romanziere deliziosamente furbino che ha trasformato i moti dell’anima in hit parade, non avrebbe esultato
Fini e Bersani non si fanno male - Forse Nick Hornby, il re delle classifiche, il catalogatore delle memorie, il romanziere deliziosamente furbino che ha trasformato i moti dell’anima in hit parade, non avrebbe esultato. E lo stesso chaperon, Fabio Fazio, hornbiano esistenziale, un po’ di stucco ci deve essere rimasto perché Pierluigi Bersani e Gianfranco Fini (in ordine di apparizione) avevano l’incarico di stilare l’elenco dei valori della sinistra e della destra. Ma, tutti presi da quello che sta per succedere, dai mesi di propaganda che li attende, invece di mettere giù una lista della spesa icastica e tambureggiante, hanno squadernato un bignami di buone intenzioni, il meglio del pensierino da diario, il garbato pistolotto su misura di prima serata. Era nata nelle polemiche, questa apparizione a Raitre, a “Vieni via con me”, perché l’accoppiata Bersani-Fini, come campioni della dottrina progressista e di quella conservatrice, sembrava una provocazione al governo accerchiato da opposizioni esterne e domestiche. E le immediate reazioni di maggioranza (Fabrizio Cicchitto, Daniele Capezzone, Maurizio Gasparri) sui «mediocri comizi senza contraddittorio», sui «temini da quarta elementare», non sono state molto più spiazzanti. Polemicucce da par condicio. Bersani e Fini si sono leccati i baffi. Hanno scambiato qualche parola prima di entrare in scena. Probabilmente si sono girati i lavoretti prima di ufficializzarli, e infatti non erano alternativi e nemmeno sovrapponibili, semmai complementari, in un tentativo sempre più evidente di proporre un centrodestra e un centrosinistra che si legittimano, che si cercano, che propongono idee sostenibili dall’avversario, in grado persino collaborare in casi di emergenza, tutti insieme contro il solito alieno di Arcore e i soliti ostrogoti padani. Così il sinistro dice agli immigrati che sono italiani e il destro dice ai figli degli immigrati che saranno gli italiani di domani. Così il sinistro dice che l’illegalità è causa di sopraffazione fisica e morale e il destro dice che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono eroi. Così il sinistro dice che se cento euro di un operaio pagano più tasse dei cento euro dello speculatore il mondo va sottosopra e il destro dice che il merito e la capacità devono essere l’unico criterio di selezione, per il figlio dell’imprenditore come per il figlio dell’impiegato. Questo è il sugo. Niente che scuoterà la politica per meno di mezz’ora (sebbene i comunisti di Oliviero Diliberto già propongano il decalogo di Bersani come testo sacro della rinascente coalizione di sinistra), perché in tv si sono visti soprattutto due leader con il brivido dell’impaccio, dell’emozione del debuttante, ben pettinati, il lavoro disperato del visagista delle dive. Non poteva venire fuori un riforma luterana della politica. Non ieri sera. L’obiettivo era venirne fuori senza inciampi, fare gli avvocati delle cause vinte: le energie rinnovabili, il pianeta pulito, l’equilibrio fra i poteri, il senso delle istituzioni, la dignità dei moribondi, la sicurezza e la salute sottratte al mercato, la guerra agli abusi e al malcostume, e si sfida a distinguere se questo è di destra e quell’altro di sinistra.