Varie, 15 novembre 2010
MICHIELETTO Damiano
MICHIELETTO Damiano Venezia 1975. Regista. «[...] consacrato da una mitica Gazza ladra, enfant prodige della regia d’opera, uno dei rarissimi registi italiani la cui attività non finisca a Chiasso. Di quelli che i cretini chiamano provocatori. [...]» (Alberto Mattioli, “La Stampa” 10/11/2010) • Nel 2009 fece discutere il suo allestimento dell’opera mozartiana Il ratto del serraglio (fischi e contestazioni per la prima al San Carlo di Napoli): «[...] Uno yacht sul palco del San Carlo non si era mai visto, e una donna in topless neppure. E difficilmente li si vedrà ancora [...]» (F. B., “Corriere della Sera” 20/4/2009). Nello stesso anno andò meglio con il Roméo et Juliette di Gounod in scena alla Fenice di Venezia: «[...] Al centro, l’enorme piatto del giradischi da dove il deejay comanda le danze, e tutt’attorno il mixer, le luci stroboscopiche, le casse che sparano decibel da stadio, le cubiste seminude [...] e tutto l’armamentario del caso. Va da sé dunque che gli avventori siano gruppi di ragazzi. I Capuleti sono punk metallari ma di buona famiglia, i Montecchi dei tipacci di periferia col coltello in tasca e la bomboletta spray da graffitari (scriveranno “L’avenir c’est nous” sulla parete). Giubbotto di pelle e capelli rasta per Roméo, parrucca rosso fuoco e minigonne inguinali per Juliette, ça va sans dire. Tutto va di conseguenza. L’alcova dei due amanti è l’auricolare di una cuffia, l’“allodoletta” che li risveglia dopo la prima e ultima notte d’amore è un telefonino che squilla, il coltello con cui Juliette si procura il suicidio è la puntina del giradischi di cui sopra. L’idea di Romeo e Giulietta in salsa giovanilistica non è nuova. Al cinema l’aveva realizzata Baz Luhrmann nel suo Romeo + Juliet con un giovane Di Caprio; all’opera, e precisamente a Vienna, l’eccellente Jürgen Flimm rappresentò lo scontro violentissimo tra due bande rivali della periferia newyorkese. Non è nuova, si diceva, ma Damiano Michieletto [...] la sa realizzare in modo avvincente. Naturalmente non piace a tutti, e quando esce al proscenio i fischi non son meno degli applausi, ma lo spettacolo funziona [...]» (Enrico Girardi, “Corriere della Sera” 27/2/2009) • Nel 2010 nuove polemiche per la Madama Butterfly in scena al Regio di Torino: «[...] Stavolta Butterfly sarà fatta per quel che è: un caso di turismo sessuale. Dunque, si vedrà il Giappone di oggi, una selva di cartelloni pubblicitari che sovrasta il cubo di plexiglas dove Cio-cio-san aspetta il ritorno dell’occidentale ricco che secondo lei l’ha sposata e che invece l’ha comprata. Nel finale Pinkerton tornerà non su una nave bianca ma su una bianca fuoriserie [...] accompagnato dalla moglie vera che, finalmente, non sarà la solita figuretta compassionevole ma un’autentica stronza che non si fa nessun problema a portarsi via il figlio dell’Altra. Anzi, “così la signora Kate potrà raccontare alle amiche di averlo salvato dalla miseria di quel piccolo Paese asiatico, in cui sarebbe morto di fame”. [...]» (Alberto Mattioli, “La Stampa” 10/11/2010).