Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 15 Lunedì calendario

IL SISTEMA ANDROID, PER VOCE ARANCIO


All’alba dell’era dei personal computer la guerra tra sistemi informatici diversi diventò spesso una vera crociata tra fedeli. C’erano Windows e MacOS, naturalmente, ma anche concorrenti come Amiga, Atari, Os2 della Ibm, Unix e i primi vagiti di Linux. La scelta di un sistema diventò una filosofia di vita, sintetizzata in una memorabile vignetta di Newsweek del ’97, quando Microsoft investì inaspettatamente 150 milioni di dollari nella rivale Apple. Per i fan della mela era una collusione con il nemico. E infatti nella vignetta era raffigurato un santone con tanto di tunica bianca che andava in strada con un cartello: “Pentitevi, la fine è vicina”.

Oggi per il mercato di smartphone e tablet le cose non sono molto diverse. La guerra tra sistemi operativi è in pieno svolgimento, densa di passioni che a volte superano le considerazioni tecniche. Il 2011 potrebbe essere l’anno della resa dei conti, con la probabile scomparsa di alcuni di loro dal mercato.

Lo sprint finale presenta una situazione abbastanza definita. Riassumendo: c’è la Apple con il suo iPhone, naturalmente, ma nel suo specchietto retrovisore è comparso il sistema Android sviluppato da Google pronto al sorpasso (già avvenuto secondo alcuni analisti), mentre il Blackberry di Rim suda freddo per i brutti segnali che vengono dagli utenti business che si stanno spostando altrove. La Microsoft, poi, cerca di recuperare il terreno perduto negli ultimi anni con il Windows Mobile 7 appena presentato, mentre Nokia vende telefonini armati di Symbian 3, ma è pronta a lanciare Meego, il sistema operativo sviluppato con Intel. E da qualche parte si prepara alla riscossa il celebrato Palm Os, il dominatore della scena di qualche anno fa, ora proprietà di Hp.

Android è il cavallo su cui molti puntano. Soprattutto nella battaglia diretta contro Apple. Le cifre sulle vendite sono molto ballerine, e anche controverse. Nel mese di agosto Google ha annunciato di aver raggiunto la cifra di duecentomila telefonini basati su Android al giorno, e di aver superato l’iPhone negli Stati Uniti. Intanto gli istituti di sondaggi sfornano percentuali molto diverse tra loro. Uno studio della Npd mostra Android in testa, con il 28% delle vendite in questo mercato contro il 21% di Apple. Per la Gartner il sorpasso non c’è stato dal punto di vista del mercato globale: 9,6% per Android contro il 15,4% di iPhone. La Nielsen guarda invece al futuro con un sondaggio che mostra come l’80% degli attuali possessori di uno smartphone Apple sia convinto di comprare un altro iPhone in futuro, contro solo il 70% di quelli che oggi hanno per le mani un telefonino basato su Android. Anzi, il 14% di questi ultimi pensa di spostarsi su iPhone.

In campo è sceso lo stesso capo della Apple Steve Jobs che, con un gesto inusuale per lui, ha smentito le cifre di Google. Ma Daniel Lyons della rivista Newsweek ha tirato fuori altri numeri secondo i quali entro il 2014 Android guiderà il mercato smartphone con il 14% contro l’11 della mela.

Sono due filosofie completamente diverse, quasi due modi opposti di vedere il mondo. L’iPhone ha guidato la rivoluzione dei telefonini con un sistema assolutamente innovativo soprattutto nella facilità di uso e nell’interfaccia con l’utente. Ma è anche un sistema chiuso. Tutti i software, tutte le modifiche, tutti gli aggiornamenti, tutti gli accessori passano praticamente attraverso la centrale di Apple. Un vantaggio enorme, secondo Jobs (che si guarda bene dall’usare la parola “chiuso” sostituendola con “integrato”), che farebbe di iPhone un telefonino estremamente affidabile. Lo si compra e si è sempre sicuri che funzionerà perfettamente. Grazie all’occhio vigile di Apple che si cura dei propri clienti offrendo continuamente novità e migliorie. Chi compra iPhone compra una scatola completa, sia nell’hardware che nel software.

Android parte invece dalla bibbia del concetto di sistema aperto: Linux. È sul suo kernel (il cuore di un sistema operativo) che Andy Rubin, dopo l’acquisto da parte di Google della sua azienda Android inc., ha basato lo sviluppo della nuova piattaforma per smartphone. Parallelamente una serie di aziende hardware, tra le quali colossi del calibro di Htc, Motorola e Texas Instruments, per dirne alcuni, si unirono nel consorzio Open Handset Alliance puntando proprio a sviluppare standard aperti per dispositivi mobili.

Aperto significa, in termini semplificati, un sistema operativo che chiunque può usare liberamente e gratuitamente, con la facoltà, in più, di modificare e ridistribuire ciò che ha creato. Le cose però non sono così semplici. Due settimane fa Steve Jobs, durante un incontro con i giornalisti, ha affermato che Android non è realmente aperto. Per tutta risposta Rubin si è limitato a postare su Twitter il link da cui si può scaricare il suo sistema, gratuitamente.

Effettivamente scaricare e usare gratis un software non basta per definirlo aperto. Il Linux, oppure il browser Mozilla, ad esempio, hanno alle loro spalle una comunità di sviluppatori estremamente vivace. Aggiornamenti e modifiche escono praticamente a tutte le ore e nascono in modo trasparente. Tutti possono seguire passo passo quello che succede dietro le quinte. Lo stesso, sostengono i critici, non si può dire di Android.

È indubbio comunque che Android dia mani più libere ai suoi possessori. Che possono programmare i loro software anche a casa grazie agli strumenti di sviluppo (il linguaggio Java, anche se non del tutto standard). E possono installarli senza alcun controllo centrale da parte del produttore.

Ma alla fine è comodo avere un sistema che chiunque può modificare a piacere? L’attacco di Apple contro Android si basa in parte sulle difficoltà che, secondo la mela morsicata, emergeranno quanto prima. I produttori di telefonini destinati ad Android sono decine, e ogni apparecchio è diverso dall’altro. Quindi tutte le modifiche devono poi vedersela con hardware diversi. Per fare due esempi: lo schermo ha risoluzioni differenti, alcuni smartphone hanno la tastiera a scorrimento, altri no. E poi c’è la questione dei fornitori di telefonia. Quando un Android arriva marchiato da una delle aziende di telefonia mobile, ciò che si può fare diventa per forza di cose limitato. È un problema soprattutto americano, visto che lì la maggior parte dei telefonini viene acquistata assieme ad un abbonamento. Meno serio in Europa, dove siamo abituati a comprare prima il telefonino e poi inserire la sim che vogliamo.

Frammentazione è la parola più usata per parlare male di Android. Attualmente i telefonini basati su questo sistema hanno anche versioni molto diverse. Ed altre ne escono continuamente (si attende tra poco, ad esempio, la 2.3 o 3.0 definita Gingerbread). Così, tra hardware diversi, aggiornamenti, software che devono vedersela con fornitori di telefonia differenti, ne esce quasi un caos. Che alla Google definiscono “parzialmente organizzato”.

Nonostante queste difficoltà, il numero di sviluppatori che producono software per Android è in netto aumento, e il 72% di loro, secondo un sondaggio, ha dichiarato che vedono Android come più redditizio. Le applicazioni fioccheranno a ritmo elevatissimo nei prossimi mesi.

Una possibilità concreta, nella battaglia tra iPhone e Android, è che il mercato si divida in modo netto tra chi preferisce un sistema sempre chiavi in mano e chi vuole avere un controllo pieno del proprio telefonino. Un futuro, insomma, in cui gli smanettoni sceglieranno Android e gli utenti più tranquilli si rivolgeranno alla mela.

Un sondaggio inglese condotto dall’agenzia Lady Geek fra oltre 78.000 utenti di telefonini ha dato risultati curiosi: le donne non amano Android. Tra i possessori di questo sistema, infatti, rappresentano solo il 22%. Sarà anche colpa della pubblicità dei telefonini che montano il sistema di Google. Basta vedere le frasi di una di queste: “Un telefonino dovrebbe essere una reginetta di bellezza oppure dovrebbe essere veloce?” e poi “No, non è una principessa, è un robot. Un telefono che al posto di un bel taglio di capelli offre la possibilità di fare”. Più maschile di così.

Quanto agli altri telefonini, corrono ai ripari e non è detto affatto che la partita sia chiusa. Rim, con Blackberry, comincia a sudare. Il suo regno è stato fino ad oggi basato sull’utenza professionale, con l’accesso sicuro alla posta e ai dati aziendali. Però queste caratteristiche di sicurezza oggi vengono offerte anche da Android (soprattutto dalla versione 2.2) e iPhone. E le aziende, che tradizionalmente hanno scelto Blackberry, possono oggi decidere di offrire prodotti più accattivanti ai propri dipendenti senza mettere a rischio i loro dati riservati. La Rim domina ancora questa parte di mercato, ma non può dormire sugli allori conquistati.

Microsoft, dopo essersi fatta superare, ha appena lanciato il suo Windows phone 7. Htc, Samsung e Lg producono telefonini con questo sistema che taglia i ponti con le vecchie e rugginose versioni. Interfaccia utente touch, completamente rinnovata grazie alle “mattonelle” che guidano verso i vari software e funzioni, integrazione totale con Microsoft Office ma anche salvataggio dei propri dati nella “nuvola” grazie a Windows Live.

Non bisogna dimenticare che Nokia è ancora leader mondiale dei telefonini, anche se negli Stati uniti scompare rispetto a Google, Apple e Rim. Il suo Symbian viene gradualmente messo in secondo piano, e l’N8 è l’ultimo dei Nokia di alto livello a montarlo, anche se l’azienda dichiara che continuerà a svilupparlo e migliorarlo. Al suo posto c’è Meego. Come Android, è basato sul Linux.

E infine il buon vecchio Palm Os. Il vecchio colosso vuole tornare con il suo WebOS 2.0. Viene da un passato glorioso, ma molti si chiedono se basterà ricordare i fasti antichi per spingerlo in questa guerra di nuovi giganti.