Roberta Camesasca, varie, 15 novembre 2010
I BOSCHI, PER VOCE ARANCIO
Bosco: zona di terreno con una copertura minima, data dalla proiezione delle chiome degli alberi, di almeno il 10% su mezzo ettaro di estensione e una vegetazione che raggiunge almeno i 5 metri d’altezza a maturità (definizione Fao).
Foresta: zona di terreno con una copertura arborea maggiore del 10% e oltre mezzo ettaro di estensione e con una vegetazione che raggiunge i 5 metri d’altezza a maturità (definizione Fao).
Boschi e foreste ricoprono la Terra per circa 39 milioni di chilometri quadrati, pari al 26% delle terre emerse. In Europa, questa percentuale sale al 42% (su 10,18 milioni di chilometri quadrati di superficie).
Al mondo si contano 60 alberi per ogni abitante. Nel 1850 erano 622, nel 2020 saranno 22 (studio di Nalini M. Nadkarni, esploratrice del “Pianeta Verde”).
Alberi in Italia: 12 miliardi, 200 per ogni italiano, 1.364 per ettaro. Tra le regioni più verdi: Emilia Romagna (1816 alberi per ettaro), Umbria (1815) e Marche (1779). Tra le ultime: Sicilia (760) e Val d’Aosta (708) (Fonte: Infc).
In Italia ci sono 8 milioni e 759 mila ettari di bosco al quale si aggiungono 1.708.333 ettari di altre terre boscate. Rispetto al 1985, ci sono circa 1 milione e 700 mila ettari di superficie boscata in più (dei quali 1 milione e mezzo sono boschi veri e propri). Un aumento medio complessivo sul territorio nazionale di circa il 6%. I querceti (rovere, roverella, farnia) sono i più rappresentati costituendo da soli più di un milione e 84 mila ettari, seguiti a ruota da faggete (1.035.000) e cerrete (1.010.000), poi l’abete rosso (586.000).
«In Italia, rispetto ad altre nazioni europee dove i boschi aumentano anche perché vengono piantati, l’incremento della superficie forestale è quasi esclusivamente per colonizzazione spontanea. Vengono occupate dagli alberi zone marginali abbandonate dall’agricoltura, anche se ormai è stato raggiunto il punto massimo dell’abbandono delle pratiche agricole e quindi penso che anche il fenomeno dell’incremento del bosco rallenterà» (Patrizia Gasparini, responsabile Cra, al Corriere della Sera).
«I boschi stanno occupando un terzo dell’Italia, se non l’hanno già occupato mentre stiamo parlando. Solo, non sono curati come si deve. Qui da noi sono curati perché abbiamo la tradizione del bosco, ma nell’Italia centrale o in certi luoghi delle Alpi, specialmente le Alpi occidentali, non hanno cura dei boschi. E allora i boschi crescono in maniera selvaggia, disordinata. Il bosco, invece, deve essere curato più che una vigna. […] Abbiamo dei dilettanti, anche tra i Verdi, il Wwf, ho avuto esperienze, in proposito, abbastanza precise. Quando si tratta di fare qualche sacrificio, alzarsi alle tre, alle quattro, non ci sono... Io li chiamo gli “ecologisti da salotto”. Ma non se ne rendono conto. Invece, io insisto, quando mi capita, con qualche politico, con qualche amministratore una volta a un ministro dell’Agricoltura: “Curate i boschi perché i boschi sono la ricchezza dell’Italia”. I boschi curati, oltre che la ricchezza, danno anche pulizia all’aria, trattengono le acque selvagge, abbelliscono il paesaggio. Mai come ora, invece, gli Appennini sono stati disabitati. Forse solo nel Medioevo le montagne erano così disabitate» (Mario Rigoni Stern).
In Italia ci sono 1,5 milioni di ettari di bosco (su 10.673.589 ettari di superficie forestale) rimasti senza padrone e senza cura.
Nell’emisfero settentrionale del pianeta (soprattutto Europa e Asia), la velocità dei venti, calcolata a livello del suolo, è diminuita del 10% nell’arco degli ultimi trent’anni. Secondo una ricerca realizzata da Robert Vautard della Université de Versailles Saint-Quentin-en-Yvelines (Francia), il 60% del fenomeno sarebbe da imputare all’aumento della vegetazione, che, rendendo il terreno più “rugoso”, assorbirebbe parte dell’energia del vento.
Un albero di media grandezza è in grado di assorbire 12 chili di anidride carbonica in un anno. Il degrado di boschi e foreste o la conversione ad altri usi del suolo potrebbero provocare notevoli emissioni di gas serra legate a incendi, decomposizione della biomassa o mineralizzazione della materia organica del suolo.
In questo momento, nella biomassa forestale sono immagazzinate 289 gigatonnellate di carbonio. Più di quanto ce n’è nell’intera atmosfera.
Il Protocollo di Kyoto – che impegna le nazioni a ridurre le emissioni dei gas serra, pena multe salatissime – consente a ogni paese di «scaricare» dal totale delle emissioni il volume del legno delle proprie foreste. Questo significa per l’Italia risparmiare nei prossimi cinque anni almeno un miliardo di euro.
Le aree boschive degli Stati Uniti catturano il 15% di tutti i gas carbonici del paese.
Nel decennio 2000-2010, nel mondo, circa 13 milioni di ettari di foreste sono stati convertiti ogni anno ad altro uso o perduti; nel decennio precedente erano stati 16 milioni l’anno. Sud America e Africa hanno segnato la deforestazione più grave: rispettivamente 4 milioni di ettari e 3,4 milioni di ettari. Anche l’Oceania ha subito una perdita netta, in parte dovuta alla grave siccità dell’Australia a partire dal 2000. L’Asia, invece, nell’ultimo decennio ha registrato un guadagno di circa 2,2 milioni di ettari l’anno. In Nord America e in America Centrale la superficie forestale è rimasta abbastanza stabile, mentre in Europa, dove è presente il 5% delle foreste mondiali, ha continuato a espandersi.
L’anno scorso la Walt Disney ha destinato 7 milioni di dollari per interventi di riforestazione nella regione amazzonica del Brasile, in Congo, sulla costa settentrionale della California e nella valle del Mississippi.
In Austria, il 19% della superficie forestata totale è stata designata dalla legge come “foresta di protezione”.
Più di un terzo delle foreste del mondo sono classificate come foreste primarie, cioè mai intaccate dall’attività umana. Le foreste primarie rappresentano il 36% (1,4 miliardi di ettari) dell’area forestale mondiale, ma nel corso dell’ultimo decennio sono diminuite di oltre 40 milioni di ettari.
Il 12 per cento delle foreste del pianeta (oltre 460 milioni di ettari) è designato specificatamente alla conservazione della diversità biologica. Le aree protette formalmente istituite come parchi nazionali, riserve di caccia e aree naturali protette, coprono, in molti paesi, più del 10 per cento dell’area forestale nazionale.
Il movimento Chipko combatte l’abbattimento degli alberi, abbracciandoli. Nel 1987, ha vinto il premio Nobel alternativo (Premio per il diritto alla vita).
Le “treelines”, ovvero i limiti di vegetazione arborea. Uno studio di Melanie Harsch del Bio-Protection Research Centre della Lincoln University ne ha riscontrato uno spostamento progressivo dalla costa occidentale americana verso Siberia del nord e sud-est asiatico, ma in modo tutt’altro che uniforme. In alcune località gli alberi sono avanzati verso nord, mentre in altre non è stato registrato alcuno spostamento. A scatenare tutto sarebbe l’aumento delle temperature invernali che, eliminando il fattore limitante, consente ad una specie di salire di quota.
Per dare vita alle fondamenta di Venezia ci vollero dai 10 ai 12 milioni di pali di rovere, olmo e castagno, che furono presi dai boschi della pianura e delle Prealpi.
Dal 1950 al 1990, nell’Europa occidentale, la produzione di legno per uso industriale è aumentata costantemente, per poi stabilizzarsi fino al 2000. A fronte di un’espansione delle foreste, il loro tasso di utilizzo (rapporto tra abbattimento e incremento) è complessivamente diminuito. La necessità di conseguire l’obiettivo del 20% di energie rinnovabili previsto da una direttiva europea potrebbe però raddoppiare la domanda complessiva di biomassa proveniente dall’agricoltura e dalle foreste. Il rapporto di abbattimenti rispetto all’incremento annuo potrebbe così aumentare in alcuni paesi europei di oltre il 100%, con un conseguente calo del materiale in crescita dopo il 2020.
L’auditorium dell’Aquila, disegnato da Renzo Piano, sarà tutto di legno proveniente dai boschi di larici trentini. Per rimpiazzare il legno prelevato, saranno piantati 220 alberi.
Fino ad oggi, i 170 paesi del mondo coinvolti nella campagna Plant for the Planet, hanno piantato oltre 10 miliardi e 500 mila alberi. La sola Etiopia ha contribuito con quasi 1 miliardo 500 mila piante, la Turchia con oltre 716 milioni, il Messico con oltre 537 milioni. Marginale il contributo dell’Italia: 153 milioni. Sul sito (http://www.unep.org/billiontreecampaign/ ) chiunque si può impegnare a piantare alberi locali. L’obiettivo è quello di piantarne ogni anno un miliardo, in tutto il mondo.
Per creare un bosco planiziale (cioè formato da querce, carpini, olmi, aceri e frassini), si calcola un costo di 10 mila euro per ettaro (un euro per metro quadro), compresa la preparazione del terreno, le essenze e la piantumazione.
Per tornare a dirigere alla Scala, il maestro Claudio Abbado chiese come cachet al Comune di Milano la piantumazione di 90 mila alberi.
Negli ultimi anni, sotto la spinta del cambiamento climatico e dei viaggi sempre più frequenti, le specie vegetali esotiche, in larga parte tropicali, si sono sempre più diffuse in Europa, dove, secondo l’Uicn, metà delle 4.700 piante da fiore, conifere e felci endemiche presenti è minacciato e 64 sono già scomparse. In Italia le specie vegetali aliene sono 1.023 e di queste 523 si sono insediate stabilmente negli ambienti naturali o semi naturali. Tra le piante naturalizzate, 162 sono considerate invasive in quanto capaci di diffondersi rapidamente (robinia, amorpha fruticosa, yucca gloriosa, oxalis pescaprae, amarathus…)
Il Corpo forestale dello Stato ha stimato che in Italia vi sono circa 22 mila piante “di valore”, delle quali 2.000 “di grande interesse” e 150 “di eccezionale valore storico o monumentale”. L’albero più imponente: il “Castagno dei Cento Cavalli” a Sant’Alfio, nel Parco dell’Etna. Considerato il più grande con i suoi 56-57 metri di circonferenza, articolato in 3 fusti, ciascuno con una circonferenza di 20 metri. Il più antico: l’oleastro di San Baltolu di Luras, in provincia di Sassari. Tremila anni, possiede una chioma che si sviluppa per 23 metri in altezza e un fusto con una circonferenza di 11 metri.
Per sistemare i conti pubblici, il ministero dell’ Ambiente inglese ha pensato di vendere ai privati parte del patrimonio forestale inglese (748 mila ettari). Nella lista, anche la foresta di Sherwood, 423 chilometri quadrati nella contea del Nottinghamshire, meta ogni anno di almeno mezzo milione di turisti. I più interessati all’ acquisto sono gli immobiliaristi.