Varie, 13 novembre 2010
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 15 NOVEMBRE 2010
«Un formidabile spot ai leader che stanno smantellando il governo Berlusconi e la sua maggioranza»: è questo, secondo il centrodestra, il senso della secondo puntata di “Vieni via con me”, programma di RaiTre firmato dalla coppia Fabio Fazio & Antonio Saviano che stasera avrà per ospiti il presidente della Camera Gianfranco Fini e il segretario del Pd Pierluigi Bersani. Stefano Zurlo: «La giornata politica, delicatissima, non rimarrà nel recinto del Parlamento ma entrerà nelle case di milioni di italiani, subito dopo cena. Il giorno più lungo comincerà, salvo colpi di scena, con il ritiro della delegazione di Futuro e Libertà dal governo, proseguirà tra fibrillazioni varie con la raccolta di firme voluta da Bersani per sfiduciare il governo, riprenderà a tutto volume sugli schermi di Raitre con l’accoppiata ultrasinergica Fini-Bersani. Alla Rai tutto, ma proprio tutto, è possibile. Senza contraddittorio, senza lo straccio di un’obiezione, senza le domande critiche dei commentatori». [1]
Venerdì il direttore generale Rai Mauro Masi e il suo vice Antonio Marano hanno espresso via lettera il loro dissenso per la presenza dei politici nel programma di Fazio & Saviano. Angela Gennaro: «No, perché nella Scheda Prodotto Programma non ci sono né il segretario del Pd, né il segretario futurista. E no perché in contrasto, secondo dg e vicedirettore, con una serie di norme: la direttiva di Masi di agosto, l’atto di indirizzo della Vigilanza del marzo 2003 per la quale i programmi di intrattenimento possono ospitare politici solo per questioni di loro competenza e la direttiva del gennaio 2009, in era Cappon». [2]
C’era un ospite politico anche nella prima puntata, Nichi Vendola (ha letto l’elenco dei sinonimi di gay e quello delle condanne cui sono stati sottoposti gli omosessuali nel tempo) [2]. Luca Mastrantonio: «Su Vendola i berluscones avevano volentieri chiuso un un occhio (in fondo si trattava di far crescere qualcuno che scompagina le file antiberlusconiane). Poi, Masi ha cambiato strategia, di fronte al muro alzato dai responsabili del programma e dal capostruttura di RaiTre: possiamo invitare chi vogliamo, perché si tratta di approfondimento culturale, ha detto Mazzetti, Un bel cavallo di Troia». [3]
La settimana scorsa Masi ha corretto il tiro, chiedendo una cencellizzazione delle presenze. [3] Paolo Ruffini, direttore di RaiTre: «Sulla base della normativa vigente nulla osta a che il programma di Fabio Fazio e di Roberto Saviano ospiti Bersani e Fini». Gennaro: «Il punto, scandisce Ruffini, è che la raccomandazione della vigilanza 2002 limità sì la partecipazione dei politici nei programmi di intrattenimento - e “Vieni via con me” non è tale: è “culturale” - “a inviti su argomenti sui quali i politici abbiano particolare competenza o responsabilità”. E loro parleranno di valori di destra e di sinistra». [2]
Fino al 22 ottobre, quando la struttura Risorse Televisive diretta da Lorenza Lei ha firmato i contratti, la realizzazione di “Vieni via con me” era stata in dubbio. [4] Leandro Palestini: «Il motivo ufficiale: per la Rai costa troppo. Oppure fa troppa paura al Palazzo. Saviano, Fazio e gli autori, dopo aver passato un’estate tra “stillicidi” e “lungaggini”, si sono trovati di fronte a un ostacolo inatteso: la direzione generale, dopo aver bloccato il contratto con la produzione Endemol, ha fermato anche quelli di Roberto Benigni, Claudio Abbado, Antonio Albanese e Paolo Rossi. Normalmente i contratti vengono negoziati da una precisa struttura Rai, ma per Saviano si è pensato ad un trattamento di “favore”. Il direttore generale, Mauro Masi, ha avocato a sé tutta la contrattazione, dagli ospiti agli attori. È sua l´ultima parola. Una prassi sospetta». [5]
In un primo tempo si era parlato di un costo massimo di 2 milioni e 800 mila euro a puntata, ma si dovrebbe essere scesi di un 15%. La settimana scorsa Benigni ha partecipato a gratis (il suo cachet sarebbe costato 250mila euro), stessa scelta per Claudio Abbado, Antonio Albanese si è accontentato di meno di 20 mila euro, 5 mila per Paolo Rossi. Fazio ha un contratto biennale con la Rai, quello di Saviano (50 mila euro lordi a puntata) è a carico di Endemol. [4] Alessandro Giorgiutti: «Già, perché la società ideatrice del format di “Vieni via con me” è proprio l’olandese Endemol, che realizza anche il Grande Fratello ed è controllata da Mediaset, cioè dal Cavaliere». [6]
Dopo giorni di polemiche, la prima puntata di “Vieni via con me” ha sbancato l’auditel: 7 milioni 600mila spettatori, record degli ultimi dieci anni per RaiTre. Silvia Fumarola: «C’era attesa per il monologo di Roberto Benigni (seguito da 9 milioni 300 mila spettatori), ma dal grafico dell’Auditel si capisce che - nonostante l’impianto teatrale austero - il pubblico non ha mai cambiato canale. RaiTre, quando il programma è iniziato, era al 7,9% di share e in soli otto minuti era già sopra il 21%. I contatti sono stati oltre 18 milioni: ma chi sono gli spettatori della tv civile di Fazio e Saviano? Giovani, nel target tra i 15 e i 24 anni raggiunge il 28%, oltre il 30% in quello tra i 25 e i 34, e tocca il 46,21% tra i laureati. Un pubblico “pregiato” come viene definito, con un certo classismo, dai pubblicitari». [7]
«Al maldestro tentativo di stoppare la partecipazione di Bersani e Fini c’è solo una spiegazione: che Masi vuole a tutti i costi un altro boom di ascolti per la trasmissione di Fazio e Saviano» (Roberto Rao, Udc). [8] Francesco Borgonovo: «L’autore di Gomorra e il suo collega finto buonista sono di nuovo presenti in tutti i titoli di giornale, nei tg, su internet. Sono come quegli attaccanti che, appena sfiorati da un difensore, si buttano a terra frignando nella speranza di guadagnarsi un rigore. Ecco, Masi ha permesso a Saviano e Fazio di tirare un rigore, a porta vuota per di più». [9] Maurizio Belpietro: «Se non ci fossero state le polemiche, i giornali avrebbero ignorato lo spettacolo o forse avrebbero scritto ciò che per carità hanno lasciato solo tra le righe, ossia che Fazio e Saviano sono una pizza, e di quelle indigeribili». [10]
Dopo la messa in onda della prima puntata, i commenti sono stati soprattutto di carattere politico. Aldo Grasso: «A ben pochi interessava la riuscita del programma. Saviano è stato efficace, si è davvero confrontato con una nuova scrittura? Benigni ha dato il meglio di sé? Certi duetti erano già andati in onda? Ma a chi importano queste bazzecole? Gli interventi di Saviano e di Benigni sono stati giudicati da un solo punto di vista: straordinari per i militanti di sinistra, penosi per quelli di destra». [11]
«Se “Porta a Porta” di Bruno Vespa è la terza camera dello Stato, “Vieni via con me” vuol diventare l’anticamera di ciò che succderà. Ciò che sarà Stato». Mastrantonio: «Siamo in una trasmissione con il marchio di Fabio Fazio che, come ha scritto Andrea Scanzi in tempi non sospetti - circa un anno fa su MicroMega - è il Fede del centrosinistra, della sinistra per bene e benpensante che non fa mai domande scomode. Poi, dopo Marchionne a “Vieni via con me”, le critiche “de sinistra” sono venute anche da altri, tra cui Marco Lodoli che si è espresso contro il fighettismo di Fazio, mescolate a quelle “de destra”, come le uscite di Travaglio (e Luca Telese, che è ambidestro)». [3]
Per il «ceto medio riflessivo» Fazio può diventare «il nuovo Michele Santoro». Grasso: «Per aggirare l’ipocrita legge della Rai che vieta la presenza dei politici in certi programmi si risponde con un’altra ipocrisia: “Vieni via con me” è un programma di approfondimento culturale e non un varietà, esattamente come “Che tempo che fa”. A parte il fatto che ci sarebbe molto da discutere tra la promozione culturale (ogni opera presentata da Fazio è un capolavoro, mai sentita una qualsiasi obiezione) e cultura, resta il fatto che è imbarazzante vedere Don Abbondio vestire i panni di Don Rodrigo. Nessuno vuole censurare nessuno: vadano Fini, Bersani e tutti quelli che gli autori decideranno di invitare; del resto abbiamo una Rai così politicizzata e così pesantemente squilibrata che è difficile scorgere le pagliuzze negli occhi degli altri. Un solo favore: risparmiateci la manfrina del programma culturale e ripensate alla promessa del “nuovo” che Roberto Saviano avrebbe dovuto mostrarci». [11]
Un professionista come Benigni può permettersi di affrontare temi impegnativi anche in modo scherzoso, irridente, ma sempre efficace. Grasso: «Se sei Saviano ti devi accontentare di un compitino, con il rischio di imbozzolarsi nel personaggio e nell’autocompiacimento.
Intendiamoci, “Vieni via con me” è un programma ben sopra la media delle pochezze che la Rai propone, e Saviano ha tutte le ragioni del mondo a portare avanti la sua battaglia. Ma proprio la posta in gioco della sua missione gli imporrebbe di crescere. Il duetto finale con Fabio Fazio era tutto incentrato su un dubbio: restare o andare via dall’Italia? Nessuno ha la risposta, ma credo che girare il mondo, guardarsi attorno, guardare un’altra tv, rapportarsi con un universo meno provinciale del nostro gli farebbe un gran bene». [13]
Nella prima puntata di “Vieni via con me” «il conformismo “de sinistra” che pettina tutti allo stesso modo ha sbaragliato il conformismo berlusconiano del Grande Fratello. Ma c’è da dubitare che sia quello l’antidoto al berlusconismo. Questo sarà pure al tramonto, ma almeno è durato trent’anni. Il presepe del perfetto progressista rischia di stufare molto prima», ha scritto Marco Travaglio: «L’impressione è che, nel programma di Fazio e Saviano, si sia deciso di rinviare ad altra data i temi più scottanti (mafia e Stato, trattative sulle stragi, monnezza e politica camorrista, casi Dell’Utri, Cuffaro, Schifani), lasciando al magnifico Benigni il ruolo del rompighiaccio. Speriamo che vengano recuperati nelle prossime puntate. La critica, dunque, investe non tanto Saviano, quanto i suoi autori, che hanno allestito il perfetto presepe della sinistra politicamente corretta, con tutti i santini, gli angioletti, i pastori, le pecorelle e le altre statuine leccate e laccate, pettinate e patinate. La versione televisiva delle figurine Panini veltroniane». [12]
Note: [1] Stefano Zurlo, Il Giornale 13/11; [2] Angela Gennaro, Il Riformista 13/11; [3] Luca Mastrantonio, Il Riformista 13/11; [4] Leandro Palestini, la Repubblica 23/10; [5] Leandro Palestini, la Repubblica 19/10; [6] Alessandro Giorgiutti, Libero 13/11; [7] Silvia Fumarola, la Repubblica 10/11; [8] Mario Stanganelli, Il Messaggero 13/11; [9] Francesco Borgonovo, Libero 13/11/2010; [10] Maurizio Belpietro, Libero 13/11; [11] Aldo Grasso, Corriere della Sera 13/11; [12] Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 11/11; [13] Aldo Grasso, Corriere della Sera 10/11.