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 2010  novembre 13 Sabato calendario

FEBBRE IRLANDESE MIOPIA TEDESCA

Sei mesi fa l’indecisione dell’Europa fu sul punto di trasformare la crisi della Grecia nella crisi terminale dell’euro. Quando alcuni già studiavano in che modo un Paese potesse uscire dall’unione monetaria, l’Europa trovò la forza di reagire. Alla Grecia furono concessi prestiti che le consentiranno di non ricorrere ai mercati per i prossimi tre anni, e i capi di Stato si impegnarono a far sì che mai un Paese dell’euro si trovi nella situazione di non poter onorare i propri debiti. Per rendere credibile questo impegno essi hanno creato una nuova istituzione, il Fondo europeo per la stabilità finanziaria, il cui compito è offrire ai Paesi in difficoltà prestiti garantiti.

Si disse che la «paura greca» aveva insegnato all’Europa che tergiversare può essere fatale. Invece siamo tornati al punto di partenza. Il rendimento dei titoli irlandesi oggi ha raggiunto il 9 per cento, oltre sei punti più dei corrispondenti titoli tedeschi. Dublino non dovrà emettere nuovo debito fino alla prossima primavera, ma è evidente che con questi tassi non può tornare sul mercato. Perché i rendimenti irlandesi sono saliti tanto? Il nuovo Fondo offre finanziamenti a tassi poco superiorial 5 percento,e non avrebbe difficoltà ad acquistare l’intero debito irlandese: inoltre può assumere impegni per circa 400 miliardi di euro, tre volte il debito di Dublino. Perché i mercati non si fidano?

Due settimane fa, nel vertice di Deauville, il presidente Sarkozy e la signora Merkel trovarono un accordo politico. Alla Francia, preoccupata di non riuscire a ridurre il proprio deficit tanto rapidamente quanto Bruxelles vorrebbe, la Merkel concesse che eventuali multe non fossero automatiche, ma subordinate ad un’approvazione politic a . Questo consentivaa Sarkozy di dire che la Francia avrebbe ridotto il deficit alla velocità che riteneva più opportuna, senza imposizioni esterne. In cambio la Germania ottenne un impegno a non estendere la vita del Fondo oltre il 2013. Entro quella data, chiede la signora Merkel, l’Europa dovrà approntare un meccanismo per la «gestione ordinata di un fallimento sovrano», un modo educato per dire che dopo il 2013, diversamente da ciò che era stato annunciato a maggio, il default di un Paese dell’euro non sarà più un’eventualità da escludere. Dobbiamo sorprenderci se sui mercati sono tornate le preoccupazioni dei momenti peggiori della crisi greca?

Due anni fa, quando il Tesoro americano consentì che Lehman fallisse io scrissi sul sito www.voce.info: «È un bel giorno per il capitalismo, perché non si possono salvare i banchieri sempre e comunque». Era un’evidente sci occhezza perché quel fallimento fu una delle cause, forse la maggiore, che ha precipitato il mondo nella Grande recessione. La signora Merkel ha evidentemente ragione quando sostiene che impegnarsi a salvare i Paesi dell’euro sempre e comunque è un pessimo segnale. Purtroppo Lehman insegna che oggi questo rigore non possiamo permettercelo: il costo potrebbe essere la fine della moneta unica.

Il paradosso dell’euro è che la Germania è il Paese che più trae vantaggio dall’unione monetaria: senza la moneta unica il marco avrebbe seguito il rialzo dello yen e del franco svizzero, penalizzando le esportazioni tedesche. Ma la signora Merkel non riesce a spiegarlo ai suoi concittadini: è costretta ad essere inflessibil e , a pparent e mente c on buone ragioni, in realtà mettendo l’euro a repentaglio.