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 2010  novembre 18 Giovedì calendario

TABLET DELLE MIE BRAME


L’avvento dei tablet è paragonabile a quello della televisione negli anni ’50". Che c’è di strano in questa frase? Nulla se a pronunciarla fosse Steve Jobs, numero uno di Apple e architetto mediatico dell’iPad. Ancor meno se a dirlo fosse Rupert Murdoch, editore globale che ha investito parecchi quattrini per creare le versioni tablet dei suoi quotidiani. A tracciare il parallelo è stato però Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell’Upa, l’associazione che rappresenta buona parte degli inserzionisti pubblicitari in Italia. La storia si fa allora più interessante, perché dire che "il rilancio dell’editoria passa per i tablet" significa indurre gli editori (che la pubblicità la vendono) ad alzare la posta.
Premessa: si dice tablet ma si legge iPad, prodotto dalla Apple e messo in commercio a inizio maggio. Certo, ci sono anche i concorrenti: Samsung e Toshiba, ad esempio, ma i numeri parlano chiaro: secondo una ricerca di Strategy Analytics, nel terzo trimestre del 2010 l’iPad si è aggiudicato il 95 per cento del mercato mondiale. Le aziende che fanno pubblicità sui media italiani non hanno dubbi: iPad o no, i tablet saranno sempre più diffusi. Dai 300 mila di oggi, "diventeranno un milione entro il 2011, e questo soprattutto grazie agli acquisti di Natale", stima Sassoli, che oltre a essere presidente dell’Upa è anche fondatore di Valsoia, azienda diventata (grazie alla pubblicità) un riferimento nel settore degli alimenti vegetali. Ma a prevedere un boom dei tablet non ci sono solo gli inserzionisti italiani. Lo dice anche l’internazionale Gartner, società di ricerca specializzata nel settore tecnologico, stimando che entro la fine del 2010 le tavolette digitali nel mondo saranno 19 milioni, arrivando a 208 milioni entro il 2015.
I motivi di questo boom, secondo l’Upa, sono quattro: l’immediatezza nell’accedere alle informazioni, grazie alla modalità touch screen che accorcia la distanza tra soggetto e dispositivo; l’intimità che si viene a creare tra il lettore e il suo strumento; la valenza totemica dell’oggetto, come fu per la tv negli anni ’50; la personalizzazione, cioè la possibilità di vedere nella tavoletta un prolungamento del sé, come se fosse una specie di protesi. Qualità teoriche che rendono il tablet molto più attrattivo di qualsiasi altro supporto, se è vero, come sostiene Upa, che il lettore medio spende 100 minuti al giorno per leggere il giornale sull’iPad, contro i 55 minuti della stampa cartacea e i quasi 5 del Web.
Le conclusioni di una ricerca che ha coinvolto circa 150 persone hanno un obiettivo molto concreto: capire quale sarà l’impatto del boom dei tablet sul mercato pubblicitario. L’associazione non ha fatto previsioni, ma ha assicurato alcune conseguenze qualitative: "La pubblicità aumenterà il proprio impatto diminuendo l’invasività". L’aumento dell’impatto è stato testato da un esperimento condotto su due gruppi di persone. Spiega Raffaele Pastore, direttore studi dell’Upa: "Al primo gruppo sono stati fatti leggere in modo intensivo prima i giornali su carta e poi sui tablet, mentre il secondo gruppo ha seguito il processo inverso: il risultato è che il lettore ricorda più facilmente la pubblicità apparsa sui tablet". Insomma, le aziende che fanno pubblicità sui media dicono di credere fortemente nelle potenzialità di iPad e simili. Ma credere non significa fidarsi ciecamente e mettere subito mano al portafoglio. Tra i limiti alla diffusione dell’iPad citati da Upa ce ne sono un paio che con lo sviluppo diretto del prodotto c’entrano poco. L’associazione invita gli editori a creare versioni specifiche per tablet, e non semplicemente trasferire il quotidiano in formato pdf sull’iPad. E allo Stato di mettere mano alla cassa, "perché in Italia la banda larga è ancora poco diffusa e il wi-fi, anche se finalmente liberalizzato, conta solo 4 mila punti di accesso".