G.D.F. L’espresso 18/11/2010, 18 novembre 2010
L’AUTO BLU PARLA TEDESCO
La prima ad abbattere il muro fu una Mercedes corazzata, la vettura personale che Silvio Berlusconi si portò a Palazzo Chigi nella lontana primavera 1994 testimoniando sfiducia nella meccanica di casa Fiat. Fu uno scandalo: le insegne presidenziali con il tricolore su una macchina tedesca, come non era accaduto nemmeno ai tempi di Salò. Ma dietro quell’apripista si infilò subito un altro esordiente al governo, Roberto Maroni, che fece materializzare una pattuglia di Bmw Station Wagon con i colori della Polizia Stradale: uno schiaffo a quasi trent’anni di Alfa Romeo a tutta sirena. Quel primo scatto durò pochi mesi, quanto l’esecutivo di centrodestra, ma segnò un punto di non ritorno: il monopolio di Corso Marconi nei garage di Stato si era dissolto. All’esterofilia della Seconda Repubblica si aggiunsero i vantaggi delle gare al ribasso, senza più confini nazionali. Così nel nuovo millennio la Digos si ritrovò auto civetta dagli occhi a mandorla, Subaru e Hyundai, ottenute a prezzi di costo. E la Guardia di Finanza schierò utilitarie Citroën Saxo, che avevano stracciato i listini della Fiat. Per non parlare delle quattro ruote motrici, settore interamente fornito da case straniere: dalle Suzuki Pajero delle Questure ai Suv Lexus ibridi della Guardia Costiera, fino agli onnipresenti Land Rover della forze armate. Una vera invasione.
D’altronde, non erano molti i politici con il cuore sportivo dell’Alfa. Alla fine degli anni Ottanta Umberto Bossi è diventato il Senatur bruciando 2-300 mila chilometri l’anno al volante di una leggendaria Citroën Cx amaranto. Claudio Scajola alterna la sua Lancia Aurelia d’epoca a un’altrettanto antica Triumph, con cui spesso si è fatto notare nella Millemiglia. E Giulio Tremonti invece preferisce il modello bavarese: ha portato la Bmw al ministero, venendo subito imitato dal Comando generale delle Fiamme Gialle, i cui vertici adesso sfrecciano su berline germaniche. E se un tempo auto blu era sinonimo di Lancia, adesso anche lo status symbol della casta parla tedesco: tutti vogliono le Audi. Le Thesys, ormai fuori di produzione, stanno venendo soppiantate da code di berline A6, con un’aria assai più esclusiva. In realtà, nelle prime gare bandite dalla Consip - la centrale d’acquisto della pubblica amministrazione - il gruppo Volskwagen è stato molto aggressivo, offrendo prezzi inferiori alla Lancia. In alcuni casi, poi, ha "prestato" gratuitamente Audi 8 corazzate alle massime autorità in occasione di summit internazionali: una vettura che ha conquistato Silvio Berlusconi ed è stata successivamente adottata anche dagli altri ministri al top della protezione, da Angelino Alfano a Franco Frattini, da Ignazio La Russa - che in privato preferiva le Bmw - a Gianfranco Fini, che quest’estate andava in spiaggia sulla sua Mercedes classe A. L’Audi spopola tra i dirigenti Rai e nelle Regioni: l’usava l’ex governatore Marrazzo nei suoi tour in via Gradoli, le ha acquistate la giunta Chiodi nell’Abruzzo terremotato. Mentre il gruppo Fiat per resistere all’assedio nella gara Consip di fine 2008 ha proposto il noleggio di 2400 Alfa 159 con uno sconto del 25 per cento: tariffe di saldo per le auto operative. Ma persino nella competizione per gli scuolabus Mercedes ha battuto Iveco 95 a 60. Mentre 20 mila delle vetture affittate dagli enti pubblici sono scelte dalla finanziaria francesce Arval, gruppo Paribas, senza nessuna passione cisalpina. Insomma, il viale del tramonto sembra essere l’unica rotta per le auto blu made in Italy. Nel 2004 Luca Cordero di Montezemolo aveva cercato di salvare almeno la bandiera donando due Maserati Quattroporte al Quirinale e a Palazzo Chigi. Mentre i presidenti Ciampi e Napolitano ne hanno fatto gran uso, Berlusconi
l’ha accolta con freddezza, regalandola a Gianni Letta: oggi pare l’unica ammiraglia che tiene la strada nell’asfalto viscido della maggioranza. G. D. F.